Lievito e farina
di Ildegarda Ferraro
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27 Aprile 2021
Nei momenti più duri del lockdown l’antica arte dell’impasto è stata riscoperta nelle case degli italiani. A ogni chiusura ha corrisposto il successo della cucina e dei carboidrati. È il senso della nostra cultura che ci accompagna e sostiene. Usciremo da questa pandemia un po’ più grassi. E forse cucineremo un po’ di più
«Ancora non lo so. Attendo paziente. E faccio la pizza». La risposta mi arriva su Whatsapp. Avevo chiesto se fosse arrivato l’esito del tampone. E la risposta è chiara: «Aspetto e impasto». Non so come funzioni negli altri paesi, ma qui da noi Covid 19 è la rivincita di lievito e farina. Pane, pizza, ma anche pasta. I carboidrati vanno molto. Pare anche tinte per capelli e depilatori fai da te, ma questi ultimi in tono chiaramente minore, poi anche aperitivi alcoolici e superalcolici, ma naturalmente è un’altra storia…
Che la situazione vada migliorando si vede da piccoli segni. Al super ci sono lievito e farina, che nei momenti di lockdown duro spariscono. Siamo tutti panificatori nei momenti del rosso. O anche proviamo a tirare la sfoglia. Tutto è cominciato lo scorso anno. Tra marzo e aprile c’è stata una vera e propria riscoperta dei carboidrati. Nei supermercati interi settori di farine in genere intonsi sono andati a ruba (
vedi qui e anche
qui). A un certo punto è diventato proprio difficile trovare il lievito. Poi piano piano i banchi si sono riempiti. Appena il quadro è peggiorato è scattata di nuovo
la corsa a lievito e farina). Ormai c’è una connessione certa, un’area entra in rosso, lievito, farina e pasta vanno via.
La pasta è un pezzo della nostra cultura. E nei momenti del bisogno può essere di conforto riscoprire il sapore di una bella amatriciana. C’è una grande conoscenza tra sfoglie e mattarelli. Il libro
Storia della pasta in dieci piatti di Luca Cesari ha una rassegna stampa di peso, che rende bene l’idea del peso della forchetta nelle nostre vite.Massimiliano Bucchi, ordinario di Sociologia della Scienza e di Comunicazione, Scienza e Tecnica all’Università degli Studi di Trento, ha chiarito sull’inserto Innovazione del
Corriere della sera che la gastronomia offre molti spunti per rispondere alla domanda su come nasce, si sviluppa e si diffonde la conoscenza. Così nella storia del tortellino possono trovarsi molti elementi del rapporto tra conoscenza tacita e la sua formalizzazione. Poi, dice sempre Bucchi, nella vicenda del tortellino è decisiva l’influenza di un “gatekeeper”, di un “guardiano” come Artusi, che con la sua opera stabilisce un punto di riferimento. Il pensiero va al grande codificatore della cucina italiana Pellegrino Artusi e al suo testo famoso
La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, del 1896 (
http://www.pellegrinoartusi.it/il-libro/).
Qualcosa è cambiato rispetto a prima. La pandemia ci ha convinti a farci arrivare a casa vino, olio e frutta. Abbiamo pensato di più a come nutrirci. Forse ci abbiamo pensato troppo. Ma qualcosa manterremo.
Oltre a qualche chilo in più per questa preferenza per i carboidrati ci resterà forse la consuetudine di cucinare. Magari non panificando o preparando l’impasto per la pizza, ma preparandoci qualcosa di sano e saporito.
E così cominciano ad apparire consigli su che cosa portare per pranzo al lavoro. Con mense chiuse e ristoranti se tutto va bene a scartamento ridotto
il pasto si prepara a casa. E
pure in Francia si preferisce mettere mano in cucina e preparare qualcosa da portare in ufficio. Nuovi cuochi crescono, che non vuol dire saper cucinare, ma almeno provarci.