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21 Marzo 2023 / 13:30
Start-up italiane: rotto il muro delle 10.000
Pubblicato l'ultimo Report del Mise sulle aziende innovative, che crescono del 3,2% rispetto al 2018. Rappresentano un tessuto vivo di sviluppo, anche se i fatturati e l'impatto sull'occupazione restano ancora limitati. L'identikit della start-up italiana? Si occupa in particolare di software, consulenza informatica e R&S ed opera principalmente in Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna ...
Non sono scomparse. Ma anzi sono vive e lottano (anzi, innovano) insieme a noi. Parliamo delle start-up tecnologiche italiane, che – anche se con meno glamour e meno squilli di tromba rispetto al passato – continuano a nascere e a crescere. Tanto che hanno da poche settimane superato la soglia simbolica, ma non troppo, delle 10 mila realtà: per l’esattezza, 10.075 le aziende censite al 31 marzo 2019, ultimo rilevamento effettuato dal Ministero per lo Sviluppo Economico e appena pubblicato nel Report Mise-Infocamere. Oltre al numero assoluto, conta però la progressione di questa crescita, che fa registrare un + 317 start-up rispetto al 2018 (+3,2%), segno che la capacità di innovazione imprenditoriale italiana applicata ai più diversi settori continua a essere viva e attiva.
Ancora un piccolo drappello rispetto al complesso del tessuto imprenditoriale, ma un drappello che si sta conquistando un proprio spazio di azione. Tra le 358 mila società di capitali costituite in Italia negli ultimi cinque anni e ancora in stato attivo, il 2,82% risultava registrata come start-up innovativa, dato in aumento rispetto al 2,75% del trimestre precedente. In crescita anche il capitale sociale sottoscritto complessivamente dalle start-up (+38 milioni di euro, +7,7%) attestandosi ora a quota 527,1 milioni di euro; il capitale medio del comparto è pari a 52.319 euro a impresa, in aumento di circa 2.200 euro rispetto al precedente dato trimestrale.

Che cosa fanno?

Interessante la distribuzione per settori di attività: il 72,6% delle start-up innovative fornisce servizi alle imprese (in particolare, prevalgono specializzazioni come produzione di software e consulenza informatica, 34,4%; attività di Ricerca e Sviluppo, 13,4%; attività dei servizi d’informazione, 9,3%), il 18,4% opera nel manifatturiero (su tutti: la fabbricazione di macchinari, 3,3%; fabbricazione di computer e prodotti elettronici e ottici, 3,1%; fabbricazione di apparecchiature elettriche, 1,7%), mentre il 3,6% opera nel commercio.
In alcuni settori in particolare, la “densità” di start-up rispetto al totale delle nuove società di capitali è significativa: è una start-up innovativa il 7,9% di tutte le nuove società che operano nel comparto dei servizi alle imprese; per il manifatturiero, la percentuale è del 4,9%. È una start-up innovativa il 35,7 % delle nuove aziende che si occupano di fabbricazione di computer, il 35,2% di quelle che producono software e addirittura il 67,2% di quelle classificate con codice M 72 (ricerca e sviluppo).

La start-up è maschio o femmina?

Ancora bassa in questo contesto – nota dolente – l’imprenditorialità femminile: le start-up in cui le quote di possesso e le cariche amministrative sono detenute in maggioranza da donne sono solo 1.365, il 13,6% del totale (è del 22,1% la percentuale delle neo-società di capitali). Le start-up innovative in cui almeno una donna è presente nella compagine sociale sono 4.358, il 43,3% del totale. È curioso notare come anche le start-up italiane non siano “un paese per giovanissimi”: quelle a prevalenza giovanile (under 35) sono 1.897, il 18,8% del totale.

Dove sono?

La geografia conferma dati e sentiment già noti: la Lombardia rimane la regione in cui è localizzato il maggior numero di start-up innovative, 2.543, ovvero il 25,2% del totale nazionale. Seguono il Lazio, unica altra regione a superare quota mille (1.124; 11,2%), e l’Emilia-Romagna (891, 8,8% del totale nazionale). A breve distanza compare al quarto posto il Veneto, con 879 start-up (8,7%), seguito dalla Campania, di gran lunga la prima regione del Mezzogiorno con 788 (7,8%). In coda figurano la Basilicata con 114, il Molise con 71 e la Valle d’Aosta con 21 start-up innovative. La città che fa da polo di attrazione è Milano, nella cui provincia a fine marzo avevano sede ben 1.791, il 17,8% del totale nazionale. Al secondo posto compare Roma, che per la prima volta supera quota 1.000 (1.012 start-up, 10% nazionale).

Quanto lavoro generano?

Sotto il profilo occupazionale, sono 4.271 le start-up innovative con almeno un dipendente (il 42,4% del totale), incidenza in aumento di quasi 2 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione (40,6%). Il totale degli addetti cresce di 480 unità rispetto a tre mesi fa, portandosi a 13.298 persone. Il numero medio di dipendenti per start-up è pressoché stazionario, pari a 3,1 contro i 3,2 di tre mesi prima. Le altre società di capitali con meno di cinque anni presentano una media significativamente più elevata, pari a 5,6 addetti a impresa. A fine marzo 2019 i soci delle 9.929 start-up innovative per cui è disponibile tale dato si avvicinano a quota 45 mila (44.732), ben 3.272 in più rispetto al trimestre precedente. Le start-up innovative sono contraddistinte da compagini significativamente più ampie rispetto alle altre nuove società di capitali: in media ciascuna start-up ha 4,5 soci, contro i 2,1 riscontrati tra le altre nuove imprese comparabili.

Innovano, ma fatturano?

Se si vuole scavare tra gli indicatori economici e finanziari, per comprendere quanto “pesano” le start-up, bisogna considerare che i dati di bilancio attualmente a disposizione del Ministero sono ancora quelli relativi al 2017, e coprono solo il 57% delle start-up iscritte al 31 marzo (5.741 su 10.075). Nei restanti casi le imprese non hanno ancora depositato il loro primo bilancio, essendo state costituite nel 2018, oppure i dati relativi all’esercizio 2017 non sono ancora stati archiviati nel sistema informatico del Registro delle Imprese. Fatta questa tara, si osserva che il valore della produzione medio per impresa nell’esercizio 2017 risulta pari a circa 153 mila euro, dato in lieve diminuzione rispetto al trimestre precedente (2 mila euro in meno). L’attivo medio è pari a poco più di 285 mila euro per start-up innovativa, in calo di circa 5 mila euro rispetto alla precedente rilevazione. La produzione complessiva ammonta a 879.534.513 euro, un dato inferiore di 32 milioni di euro (-3,5%) rispetto a quello registrato al termine del trimestre precedente (911.775.318 euro).
Dati che vanno letti, specifica il Mise, «considerando che nel corso degli ultimi tre mesi ha abbandonato la sezione speciale un gran numero di start-up innovative con fatturato relativamente elevato. Questo rimanda a una caratteristica intrinseca della sezione speciale del Registro delle Imprese riservata alle start-up innovative: il turnover costante della popolazione. Il continuo flusso in entrata di nuove imprese di recente costituzione, che fisiologicamente presentano metriche economiche contenute, si accompagna alla progressiva fuoriuscita dalla fase di start-up delle imprese più consolidate, che rappresentano le best performer dal punto di vista statistico».
Significativa in questo senso l’età media delle 178 start-up innovative che al 31 marzo 2019 riportano un fatturato superiore a 1 milione di euro (per un valore complessivo di ben 341 milioni di euro), pari a 3 anni e 11 mesi. «Dal momento che i dati sul valore della produzione vengono catturati con cadenza annuale a seguito del deposito dei bilanci», annota il Mise, «le imprese di nuova iscrizione non compensano strutturalmente la diminuzione del fatturato totale dovuta all’uscita delle start-up “mature”; al contrario, la costante espansione della popolazione complessiva determina una progressiva erosione dei valori medi. Il dato sul valore mediano della produzione è pari a 29.146 euro, un valore significativamente più basso rispetto alla media: un ulteriore segnale del fatto che la maggioranza delle start-up innovative registrate sono imprese molto piccole, in una fase embrionale di sviluppo, che in genere non hanno ancora trovato sbocchi di mercato».
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