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20 Aprile 2024 / 07:31
Porte aperte in una nuova quotidianità dei luoghi storici

 
Banca

Porte aperte in una nuova quotidianità dei luoghi storici

di Ildegarda Ferraro - 8 Ottobre 2019
"Invito a Palazzo, l’iniziativa che sabato 5 ottobre ha visto aperti luoghi storici e moderni, collezioni d’arte e nuove manifestazioni di banche e Fondazioni di origine bancaria, non è solo un successo di pubblico. È anche un’ottima occasione per focalizzare la presenza culturale sul territorio di banche e Fondazioni, la rigenerazione urbana e il nostro impatto sui luoghi". Giuseppe Morandini, vicepresidente di Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria e delle Casse di risparmio, e presidente della Fondazione Friuli, fa il punto con concretezza friulana sull’anima dei luoghi, che vanno preservati e insieme resi fruibili nella vita quotidiana. Per dar loro nuova vita e far crescere il territorio

Anche quest’anno il primo sabato di ottobre le banche e le Fondazioni hanno aperto sedi antiche e moderne, mostre e collezioni, mettendo a disposizione di tutti un significativo patrimonio culturale. Che considerazioni può trarne?

Me lo lasci dire facendo la sintesi: la rigenerazione dei territori passa anche da una nuova quotidianità dei luoghi. Sembra una cosa complicatissima, ma in realtà è tutto molto concreto. Con l’apertura noi condividiamo i beni architettonici e culturali del territorio. Sappiamo che proprio quei palazzi, quei monumenti, quelle collezioni d’arte, altro non sono che il primo libro di storia che tutti noi abbiamo sfogliato sin da bambini. Quel libro, oltre a raccontarci il passaggio del tempo, il succedersi dei secoli, ci riporta la cura e l’attenzione che chi ci ha preceduto ha dedicato a questi beni in modo che arrivassero fino a noi. È un patrimonio in cui è custodita anche l’essenza della nostra identità.

E questo come impatta?

Ci responsabilizza, perché tocca a noi adesso accompagnare questi beni verso le nuove generazioni. Oggi siamo avvantaggiati perché si sente parlare di rigenerazione urbana. Se guardiamo bene le nostre città e i nostri monumenti scopriamo che sono già stati oggetto di rigenerazioni nel corso dei secoli. C’è una stratigrafia di interventi che ci ricorda quelli che sono stati gli eventi e i contesti di quel luogo, di quel territorio e di quella città.

Lei dice che siamo gli eredi di chi ha sempre rigenerato il territorio.

Esatto. E dobbiamo trarre una lezione dagli interventi passati, dall’approccio che avevano i nostri antenati nei confronti di questi luoghi. Non hanno mai subito il condizionamento dell’intangibilità di questi palazzi storici, di questi luoghi importanti. Hanno sempre avuto la tendenza a farli propri, riuscendo ad adeguarli a quelle che erano le esigenze della quotidianità. E questo è il modo migliore non solo per garantire la vita a questi luoghi, ma anche perché diventino una parte centrale della quotidianità di quei cittadini e di quelle città.

E le regole?

Vanno rispettate. Non sto dicendo di violarle, tutt’altro. Credo che nel massimo rispetto di quelle che sono le tutele attuali, le regole, un po’ dello spirito di quegli avi noi lo dobbiamo recuperare. Dobbiamo fare il grande sforzo di trovare un nuovo senso e nuove destinazioni, una nuova “anima” a luoghi e palazzi, perché solo così potremo fare un’assicurazione sulla vita a questi beni prestigiosi e potremo garantirli non solo alla generazione che viene dopo, ma anche a quelle successive.

Questa è la visione delle Fondazioni di origine bancaria?

 Esatto, è la posizione che abbiamo sposato negli ultimi vent’anni. Quando una Fondazione intraprende un intervento è chiaro che fa riferimento al  recupero strutturale, ma l’impegno ancora più grande è quello di dedicare forze a capire quale può essere la nuova funzione da dare al palazzo. Nei luoghi recuperati si tengono corsi, incontri, ci sono laboratori per bambini e eventi culturali, in una logica di restituzione alla quotidianità della comunità e del territorio.

Questa è una dimensione che riguarda il centro cittadino?

Non solo, il riferimento non va solo ai luoghi centrali. Anche le periferie possono entrare in questo quadro. E così un edificio industriale dismesso può diventare un luogo di aggregazione, un museo, uno spazio per manifestazioni culturali, con risvolti importanti su tutto il territorio circostante.

Lo sguardo a chi è rivolto?

Lo scorso anno le Fondazioni di origine bancaria hanno sostenuto 7.300 iniziative in ambito culturale. Un’attenzione particolare viene rivolta ai giovani. Ad esempio Funder35 è un’iniziativa dedicata alle imprese culturali giovanili con la maggioranza di occupati sotto i 35 anni. 
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