Pagamenti, un’industria in trasformazione
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23 Febbraio 2022
Tra la rivoluzione dell’Open Banking, contesti macroeconomici in continua evoluzione e un’economia sempre più digitale, lo scenario globale del settore dei pagamenti ha cambiato radicalmente volto e ora vede i colossi bancari competere con nuove piattaforme tecnologiche, challenger bank e BigTech. E se nel 2020 la pandemia ha fermato la crescita dei principali operatori, già nel 2021 i ricavi hanno ricominciato a correre. Ma il gap con gli Usa continua ad essere rilevante. La fotografia dell’Area Studi Mediobanca
La ripartenza dopo la resilienza. Nel 2021 le PayTech internazionali sono tornate a correre, lasciandosi alle spalle le incertezze della pandemia. Nei primi nove mesi dell’anno i più grandi operatori del settore, quelli con ricavi superiori al miliardo di euro, hanno infatti accelerato le strategie di sviluppo. Il risultato è un aumento dei ricavi a quota 110,6 miliardi di euro, il 14,4% in più rispetto allo stesso periodo del 2020, anche se con velocità differenti tra i diversi mercati. Ad esempio, le PayTech statunitensi hanno registrato un +14,5%, mentre le europee si sono fermate a un pur positivo +11,6%. Bene anche il risultato operativo, in aumento del 17%, con i gruppi Ue che si sono distinti in positivo (+24,1%) rispetto a i concorrenti americani (+16,6%), anche se a spiccare è il +51,1% dei player brasiliani.
A fare il punto su un’industria in continua trasformazione è l’Area Studi Mediobanca, che nella prima edizione del suo report sulle PayTech mondiali e italiane analizza i bilanci del triennio 2018-2020 e dei primi nove mesi del 2021 focalizzandosi sulle 25 PayTech internazionali con ricavi superiori al miliardo di euro. Vediamo alcuni spunti.
Supremazia americana
I primi cinque player a livello mondiale sono tutti statunitensi e sviluppano il 59,2% del fatturato aggregato. Dominio che si allarga fino all’88% del totale se si considera la somma dei ricavi delle 15 società con sede negli Usa. Seguono 8 Gruppi europei e due brasiliani che determinano, rispettivamente, il 10% e il 2% complessivo. Dati da interpretare, avvisano gli analisti, considerando che per le cinesi Ant Financial Group (ricavi 2019 a 15,4 miliardi di euro) e China Unionpay, la statunitense Stripe (7,4 miliardi di dollari) e la giapponese JCB International (2,3 miliardi di euro) l’indisponibilità dei bilanci ufficiali non ha reso possibile la loro inclusione nell’aggregato PayTech mondiale.
Per quanto riguarda la composizione del giro d’affari, si legge nel report, il 57% è sviluppato dal comparto “scheme cards & global payments” (in calo del - 4,5% sul 2019 a fronte delle minori transazioni cross border), il 36% dalle imprese attive nell’acquiring e nel processing (+2,3% sul 2019) e il 7% dalle società specializzate nel “fleet management, welfare & remittance” che risentono delle minori rimesse internazionali e delle limitazioni alle trasferte lavorative (-8,8% sul 2019).
Le PayTech statunitensi primeggiano anche per redditività: il loro Ebit margin si attesta al 28% (rispetto al 16,3% dell’europee), grazie anche al fatto che negli Usa risiedono tutte le più profittevoli società del comparto “scheme cards & global payments” (Ebit margin aggregato del 43,8%).In Europa, la francese Worldline (4,8 miliardi di euro su base pro-forma) che ha acquisito nel 2020 la connazionale Ingenico, occupa il primo posto per ricavi. A seguire le divisioni europee di MasterCard, con 4,4 miliardi di euro, e Visa, con 3,1 miliardi di euro. I
PayTech italiane, fatturato in aumento
L’indagine dell’Area Studi Mediobanca analizza anche le PayTech italiane, tra start-up, PMI innovative e altre società significative. Ne individua 59, la maggior parte con sede del Nord Ovest (ben il 55,9%), con Milano indiscusso polo di attrazione, scelta da 21 aziende.
Complessivamente nel 2020 il giro d’affari è stato pari a 240 milioni di euro, in aumento del 25,7% sul 2019. È però peggiorato il risultato operativo (-19,8%). Già negativo nel 2019, l’Ebit margin aggregato è migliorato di quasi 1 p.p. attestandosi a -18,5% nel 2020.
Sebbene con un peso specifico ancora limitato, i comparti delle criptovalute e degli acquisti online sono risultati i più dinamici con ricavi in forte progressione (rispettivamente, +238,4% e +748,9%), ma con una redditività ancora abbondantemente negativa. Nel 2020 chiudono in territorio positivo solo le soluzioni di pagamento (risultato netto pari al 14,2% dei ricavi) e i POS innovativi (3,1%).
In Italia pagamenti digitali per 40 miliardi di euro
Nel nostro Paese i digital payments sono cresciuti con un tasso medio del +7,1% nel 2018-2020, sfiorando il valore complessivo di 40 miliardi di euro nel 2020, di cui 35,5 miliardi di euro relativi a strumenti prepagati (moneta elettronica). In totale, a fine 2020 lo stock di moneta elettronica in circolazione in Italia era pari a 11,4 miliardi di euro, in aumento del 28,1% rispetto al 2019.
Nonostante i continui progressi nell'uso dei pagamenti digitali, rimane ancora elevata la quota del contante sul transato in Italia: nel 2019 è stata pari al 58% del valore e all'83% dei volumi, superiore alla media europea (rispettivamente 48% e 73%).
Sopravvive - notano gli analisti del report - il falso mito della maggiore onerosità dei pagamenti elettronici rispetto ai contanti. Rimangono infatti per lo più invisibili agli occhi degli consumatori i costi latenti del cash, legati alla sua produzione, trasporto e gestione, che la Banca d’Italia quantifica in 7,4 miliardi di euro annui (lo 0,45% del Pil) e che incidono sulla redditività aziendale e sulla competitività del nostro Paese.
Imel in crescita
Degli 11,4 miliardi di euro totali di moneta elettronica in circolazione, 7,3 miliardi di euro (il 64,4%) sono attribuibili agli Imel (istituti di moneta elettronica) in crescita di oltre il 40% nell’ultimo anno, mentre i rimanenti 4,1 miliardi di euro sono di competenza degli istituti di credito e segnano una crescita inferiore (+8,6%).
Nel 2020 i ricavi complessivi degli Imel sono aumentati del 5,8% (a quota 1,7 miliardi di euro), mentre il loro risultato operativo è cresciuto del 4,6% e il risultato netto del 1,1%.
A favorire questi risultati è stata la maggior richiesta di moneta elettronica dovuta allo sviluppo dell’e-commerce. Il repentino crollo degli acquisti fisici in negozio durante la prima parte del 2020 e il minor utilizzo delle carte di credito hanno invece appesantito i conti degli istituti di pagamento: i loro ricavi sono scesi a 518,1 milioni di euro (-1,2%), con i segni negativi che si sono ampliati a livello di risultato operativo (-13,4%) e di risultato netto (-7,9%).
Spinte al cambiamento
Il report offre anche elementi utili a fare il punto sull’evoluzione del settore dei pagamenti e a comprendere le trasformazioni in atto.
Le transazioni cashless, ad esempio, nel 2020 hanno raggiunto il massimo storico in termini di volumi, arrivando a 785 miliardi, di fatto raddoppiando in sei anni: nel 2014 erano infatti 389 miliardi. Una crescita in parte frenata dalla pandemia: dal +16,5% del 2018/19 si è passati +7,8% del 2019/20.
È sempre l’area asiatica ad accelerare di più, trainata dai pagamenti mobile e dai digital wallets. E dopo il sorpasso storico all’Europa e al Nord America avvenuto nel 2018, nel 2020 ha allungato ancora con una crescita del 16,6%, contro una media mondiale del 7,8% e un passo decisamente più contenuto del vecchio continente (+3,3%) e di Usa e Canada (+2%).
Sempre dinamica anche la situazione del mercato che continua ad essere caratterizzato da una forte spinta al consolidamento, con un numero di crescente di operazioni di M&A. Tra le più importanti già concluse, ci sono Total System Services in Global Payments, Worldpay in Fidelity National Information Services, First Data in Fiserv, Ingenico in Worldline, Sia e Nets in Nexi.
Possibili fattori di cambiamento sono anche i vari tentativi di affrancamento dagli “international card schemes”, che hanno principalmente sede in Usa. Rientrano in questo scenario la costituzione di EPI - European Payments Initiative e di P27 nel Nord Europa, l’annunciata unione tra New Payments Platform Australia con i circuiti domestici Eftpos e BPAY, l’avvio nel novembre 2020 di Pix, instant payment system della Banca Centrale Brasiliana.