La centralità della pasta
di Ildegarda Ferraro
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18 Gennaio 2022
Aumenta il costo della pasta. E l’idea che i prezzi aumentino diventa ancora più reale rispetto all’aumento dell’energia o delle materie prime. Perché la pasta è casa e “zona di conforto”, anche per chi se la concede poco
«Non mangio quasi mai pasta. Diciamo che me la consento una volta al secolo. Eppure, la pasta è centrale. Se a casa hai mezzo chilo di pasta sei comunque un re». È una delle risposte che ricevo chiedendo un po’ in giro…certo è un sondaggio senza costrutto, ma può rendere il polso dell’”emozione pasta”. «A casa dei miei nonni si mangiava pasta tutti i giorni. Per me resta un cibo del cuore». O ancora: «Due spaghetti a mezzanotte…e che c’è di meglio?». E forse c’è anche tutto questo, oltre all’importanza di un settore, nel peso che sta avendo l’aumento del prezzo della pasta (
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qui).
C’è una centralità della pasta nella nostra cultura che esula dal peso reale nelle nostre vite. Pasta è la pentola dell’acqua che bolle, il sugo, il pranzo della domenica.
E si può parlare di aumento dell’energia, delle materie prime, di beni importanti, ma l’impatto emozionale dell’aumento della pasta tocca corde difficili da definire. E tutto diventa più reale. Nella nostro immaginario culturale è un po’ come il Big Mac Index (
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qui), che permette di leggere con un unico metro lo stato delle cose intorno al mondo con l’hamburger. La pasta e il prezzo della pasta ci permette di guardare ai nostri desideri di conforto. E se a settembre un chilo di pasta alla grande distribuzione costava 1,10 euro, ora ne costa 1,40 e a fine gennaio probabilmente 1,52, quello che accade ce lo immaginiamo in maniera più reale in termini di pranzo delle feste. E un più 38% diventa un elemento vivo. E comunque è l’alimento preferito per 1 italiano su 2 e ne mangiamo in media 23,1 chilo l’anno a testa.
E io mi sarei fermata qui, ma in uno di questi giri sulla pasta, un collega mi dice: «E le farine?». Diciamocelo siamo tutti un po’ cultori del tema pasta. E la questione delle farine, dei grani antichi, delle battaglie per il riconoscimento dell’eccellenza, della sensibilità alle variazioni innescate dall’uomo sono di largo dominio più di quanto non si pensi.
Cresce comunque la passione per la pasta italiana non solo da noi. Sul sito pastai italiani (
qui) c’è un quadro molto chiaro: 120 aziende produttrici, 4,7 miliardi di fatturato l’anno, 7mila 500 occupati, 3,3 milioni di tonnellate di pasta l’anno, 3 piatti su 4 di quelli consumati in Europa sono italiani. Crescono a doppia cifra i dati dell’export in Usa e in Giappone, l’aumento è a ritmo interessante in Cina, Emirati Arabi Uniti, in Sud Africa ed Europa dell’Est. E insomma, non dev’essere solo una questione tutta nostra, visto che la pasta italiana va alla grande qui, in Europa e un po’ ovunque nel mondo (
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