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27 Dicembre 2024 / 03:36
L’arte ai tempi del digitale

 
Banche e Cultura

L’arte ai tempi del digitale

di Maddalena Libertini - 14 Ottobre 2022
Metaverso, spazi immersivi, guide robot: le tecnologie e il digitale stanno cambiando i connotati delle modalità di fruizione della cultura e dell’impostazione dei siti espositivi. Un nuovo paradigma esperienziale che accelera i meccanismi di aggregazione sociale e impone nuove logiche ibride di visita e relazione. Il presente e il futuro dell’arte nel primo appuntamento dell’Osservatorio Banche per la Cultura
Fra quanto tempo i nostri avatar visiteranno il Metropolitan Museum o il Louvre nel metaverso? E che tipo di esperienza sarà? Anche se non si può rispondere con esattezza a queste domande, possiamo essere abbastanza certi che accadrà e che ci saranno milioni di persone desiderose di sperimentarlo. Gli esperti non hanno dubbi: secondo le più recenti stime il metaverso nel 2030 avrà 5 miliardi gli utenti ed entro il 2026 il 30% delle organizzazioni avranno prodotti e servizi dedicati, con il 25% dei consumatori che trascorrerà almeno un’ora al giorno in questa nuova dimensione digitale. Inoltre, tra otto anni la valutazione complessiva del metaverso raggiungerà i 13 triliardi di dollari.
Ma restando nel presente e nel settore della cultura, quello che si osserva è che l’onda d’urto del digitale sta travolgendo vecchie resistenze e trasformando i siti espositivi e gli operatori culturali in realtà dinamiche, attraenti e ibride.

Il metaverso della cultura

In un territorio ancora da esplorare dove ogni giorno sbarcano nuove aziende e istituzioni pronte letteralmente a occupare terreno, c’è ampio spazio per la cultura. A fare da traino sono state le opere d’arte NFT e l’esplosione del loro mercato tra collezionisti e speculatori, al punto che all’inizio del 2020 Sotheby’s ha deciso di aprire la propria galleria virtuale su Decentraland. Sono poi arrivati i primi musei e le prime esperienze espositive: quella delle opere dello statunitense KAWS organizzata dalla prestigiosa Serpentine Gallery di Londra ha combinato la mostra fisica, la realtà aumentata e la mostra virtuale ospitata all’interno del popolare videogioco Fortnite avvicinando un pubblico che probabilmente non l’avrebbe mai vista nel mondo reale. Ma non solo: l’arte può essere il miglior corredo per completare la propria visione creativa ed estetica allestita nel metaverso. Lo hanno capito molto bene i brand della moda, primo tra tutti Gucci che nella sua Gucci Town su Roblox ha previsto il Creative Corner, dove si potranno creare opere d’arte e vedere quelle di artisti invitati ad esporre. E pochi giorni fa, Achille Lauro, che con Alessandro Michele ha realizzato i suoi look più iconici, ha annunciato il suo nuovo progetto nel metaverso, un hub di collaborazione con esponenti emergenti e affermati del mondo dell’arte, della moda, della musica, del design.
 
arte e metaverso
 

Il primo appuntamento di Banche per la Cultura

Di questo si è parlato nel primo appuntamento dell’Osservatorio Banche per la Cultura, organizzato da ABI e ABIServizi in collaborazione con Formules. L’osservatorio, che coinvolge le banche nella loro qualità di promotori culturali sul territorio e sul web – come ha ricordato in apertura Ildegarda Ferraro, Responsabile dell’Ufficio stampa e comunicazione dell’ABI – comporrà nei prossimi mesi una ricognizione sulle innovazioni attuate in campo artistico e culturale dalle banche internazionali e si confronterà con i maggiori esperti del settore sulle tematiche più rilevanti in questo ambito a livello nazionale.
Questo primo incontro, dedicato ad approfondire le tecnologie innovative per la fruizione e la valorizzazione, ha reso evidente che, se il metaverso è una frontiera certamente da non sottovalutare ma oltre la quale potrebbe essere ancora incerto spingersi, ci sono tanti altri strumenti e opportunità che sono già realtà mature e percorribili. “Negli ultimi due anni, motivati dalla chiusura forzata della pandemia – dice Guido Guerzoni, coordinatore scientifico dell’Osservatorio – i luoghi della cultura hanno accelerato la loro dotazione di infrastrutture digitali sia come alternativa o complemento alla visita fisica sia per la governance dei loro processi di back-office”. Due direttrici di trasformazione che funzionano tanto meglio quanto più sono integrate in una unica strategia di ampio raggio e visione: il digitale come abilitatore di un contatto migliorato e potenziato con il pubblico con installazioni interattive, piattaforme, tour virtuali, da un lato; e come facilitatore dei sistemi gestionali dalla collezione e dei servizi end-to-end ma anche dei processi di CRM, dall’altro.
Sono nove gli ambiti principali di applicazione dell’innovazione tecnologica individuati tra le best practice internazionali nell’ambito della pratica espositiva: la digitalizzazione delle raccolte; tour virtuali e tour guidati online; soluzioni per l’interazione e il design espositivo; fattori abilitanti dell’esperienza di visita; merchandising; gaming e programmi di apprendimento online; produzione dei contenuti; iniziative collaborative e riproduzioni digitali.

Cosa imparare dal metaverso

La finalità principale è quella di ampliare la propria audience, ingaggiarla più attivamente e renderla partecipe di un’esperienza coinvolgente e memorabile in una dimensione phygital.
Questa è proprio la lezione che viene dagli esperimenti di avanguardia del metaverso, che hanno dimostrato di riuscire di raggiungere utenti di generazioni diverse, lingue differenti e luoghi geografici distanti con un moltiplicatore numerico mai visto su nessun altro canale: tornando alla collaborazione tra Gucci e Achille Lauro, a febbraio il loro evento “Achille Lauro Superstar featuring Gucci” su Roblox ha registrato 10 milioni di visite in 10 giorni segnando un +83% di retention rispetto ad altri eventi di categoria. Leonardo Vigolo, ingegnere informatico, esperto di startup, metaverso e progetti di e-performances, ha spiegato le ragioni di questa straordinaria capacità di coinvolgimento globale: “È un cambio di paradigma esperienziale. Accelera i meccanismi di aggregazione sociale e invita a partecipare attivamente, istantaneamente e collettivamente alla fruizione di un contenuto. Il metaverso è un luogo dove si sviluppa il sentimento di community e dove le esperienze di cui gli utenti sono alla ricerca possono essere soddisfatte. Oggi non ci si accontenta più solo di esprimere le proprie opinioni come poteva accadere con i social network del web 2.0. Con il web 3.0 le persone vogliono socializzare, creare, possedere, sperimentare”.

La comunità della cultura

Non stupisce quindi il fenomeno degli USG (User-generated Content) in campo museale né, tantomeno, che istituzioni illustri lo abbiano abbracciato. È il caso del Rijksmuseum di Amsterdam che ha messo a disposizione del pubblico l’app Rijksstudio che permette di interagire con le immagini ad alta definizione dei 676.678 pezzi della collezione e usarle in modo creativo. Si possono così creare le proprie selezioni tematiche, i propri percorsi di visita o le proprie produzioni visuali e, naturalmente, condividerle con gli altri utenti. E sui social ufficiali di musei e gallerie proliferano le immagini e i contenuti generati dai visitatori. L’effetto che si ottiene è di vicinanza e relazione, come conferma Guerzoni: “Integrare queste attività può diventare per l’istituzione culturale uno strumento di marketing, per conoscere il proprio pubblico e ampliare il proprio bacino di riferimento. Da qui, poi, possono nascere processi di inclusione e di accessibilità e, soprattutto, un senso di comunità.”
Che le persone vogliano partecipare attivamente lo dimostrano anche le iniziative crowd-based che coinvolgono su base volontaria chiunque sia interessato nello sviluppo collettivo di un progetto. La collaborazione degli utenti si è dimostrata molto valida particolarmente nei casi legati alla catalogazione: la trascrizione di Shakespeare promossa dalla British Library o Deciphering Dickens del V&A Museum che, con l’aiuto di studiosi, fan, studenti, insegnanti e semplici appassionati, vuole comprendere il processo creativo del grande scrittore britannico decifrandone i manoscritti… parola per parola.

L’architettura digitale della collezione

Ma il primo passo per creare interesse, coinvolgimento e, perché no, affezione resta la visita. E in questo ambito moltissimi operatori culturali, sia grandi sia piccoli, si sono già mossi grazie a tecnologie digitali ormai diffuse ed economicamente più accessibili. Le soluzioni vanno da quelle più comuni e familiari per gli utenti come le app da caricare sul proprio smartphone o i display digitali interattivi, passando per animazioni scenografiche su art wall con segnaletica digitale avanzata, spazi immersivi, realtà virtuale e dispositivi indossabili, fino alle proposte più avveniristiche come le guide robot.
“I costi di queste tecnologie sono molto diminuiti rispetto a qualche anno fa e complessivamente – dice Guerzoni – l’esperienza di fruizione è migliorata sia dal vivo sia a distanza. Il tour virtuale, per esempio, era una modalità di visita fredda e passiva, oggi questa sensazione si supera con l’elemento empatico di una voce che accompagna piccoli gruppi e con cui in alcuni casi si può anche interagire”. Con quest’ampia gamma di possibilità a disposizione, continua Guerzoni, “è la finalità che si vuole ottenere che deve guidare le scelte”. Per questo, per una banca che voglia affrontare un progetto di digitalizzazione delle proprie raccolte è importante partire da una visione strategica prima di decidere a quali strumenti tecnici affidarsi.
La dimensione della visitor experience è, infatti, espansa: si compone di prima, durante e post visita, di offline e online. Tutte queste parti devono essere fuse in una narrazione unica ma sono tanto più efficaci quanto più sono sorrette da una infrastruttura digitale che investe tutti gli aspetti gestionali della collezione. Questo è l’approccio che ha guidato la progettazione del nuovo Museo d’arte della Fondazione Luigi Rovati che ha aperto lo scorso 7 settembre negli spazi di un palazzo storico del centro di Milano riprogettati da Mario Cucinella.
 
Fondazione Rovati
“La richiesta che ci è stata fatta – spiega Alessandro Masserdotti, Cofounder di Dotdotdot, referente per la progettazione della user experience, dell'architettura tecnologica e dei servizi digitali – è stata di costruire un sistema unico integrato dal sistema di gestione della collezione fino all’erogazione della visita. Abbiamo quindi strutturato la digital governance del museo come un tutt’uno senza separare, come avviene di solito, le componenti della gestione da quelle della fruizione di un’opera. Abbiamo poi realizzato un'applicazione con un’audioguida Context Aware, ovvero consapevole della posizione dei visitatori nello spazio e, quindi, in grado di attivarsi quando ci si ferma davanti a un’opera creando una esperienza d’uso personalizzata. Sul fronte del museo, il sistema di rilevamento per interni fornisce un monitoraggio dei flussi dei visitatori, dei tempi di permanenza in una sala o davanti alle opere e si può integrare con altri servizi”. Dotdotdot è nel gruppo vincitore del concorso per la nuova Biblioteca Europea di Informazione e Cultura di Milano (BEIC): “Sarà il primo caso in Italia in cui l’architettura digitale dell’edificio sarà progettata insieme all’architettura fisica”, conclude Masserdotti.

La cultura fa gioco

In una user experience ad alto tasso di ingaggio non può mancare l’elemento del gaming, come è stato ormai assodato in moltissimi settori. La regola vale anche per il mondo della cultura e anche in questo caso è stato adottato inizialmente per coinvolgere e interessare le generazioni under 16, finendo per appassionare anche i meno giovani. La componente ludica del videogioco favorisce l’apprendimento esperienziale creando un canale di contatto con bambini e ragazzi che spesso è difficile attrarre dal vivo nei luoghi della cultura. L’edutainment e, più in generale, i programmi di e-learning hanno ricevuto una grande spinta dall’abitudine all’uso di piattaforme di videoconferenza e lezione a distanza dovuto al lockdown. Questo ha consentito anche alle istituzioni culturali di ripensare la propria offerta, di ampliarla, di uscire dai perimetri più canonici per sperimentare modalità e contenuti diversi e parlare a pubblici diversi. Un’analoga conversione digitale ha interessato anche l’esperienza di acquisto del merchandising museale convertendo i bookshop in veri e propri e-store che vendono online le riproduzioni delle opere con la possibilità di personalizzare formato, cornice e supporto. La rivoluzione più significativa ha riguardato l’editoria d’arte: gli e-book hanno drasticamente ridotto i costi di pubblicazione incentivando la produzione di volumi, cataloghi e guide digitali che, in alcuni casi, vengono resi disponibili gratuitamente. Prevale, così, non l’obiettivo di un ritorno economico ma quello dell’investimento reputazionale.

La digitalizzazione delle collezioni bancarie e degli archivi storici

Sul doppio binario fisico e virtuale si muovono anche le tendenze che a livello internazionale si osservano per le collezioni delle istituzioni finanziarie. L’apertura di spazi fisici destinati a ospitare le opere e i progetti espositivi – come per esempio il Palais Populaire, il centro culturale aperto a fine 2018 da Deutsche Bank a Berlino, o le due nuove sedi delle Gallerie d’Italia inaugurate a Torino e Napoli a maggio di quest’anno da Intesa Sanpaolo – si abbina ai programmi di digitalizzazione delle raccolte. In questo ambito si riscontrano però due atteggiamenti diversi: le banche del Centro e del Sud Europa, che hanno spesso nuclei collezionistici storici, tendono a digitalizzare e rendere liberamente fruibili le opere, mentre le banche britanniche e statunitensi, che generalmente sono più rivolte al contemporaneo, limitano l’accesso sul sito web o su domini digitali favorendo modalità di condivisione più tradizionali.
Un tratto rilevante di questi corpus collezionistici è legato alla storia della loro formazione e al loro valore per la memoria collettiva, soprattutto quando sono di natura documentale e archivistica. Per la loro valorizzazione diventano ancora più importanti la componente del racconto e la costruzione dello storytelling: “Una progettazione di questo tipo – spiega Marco Barberis, CEO della factory multimediale Punto Rec Studios – inizia da una fase di ascolto e conoscenza per comprenderne le caratteristiche e le peculiarità, segue una fase di ricerca e analisi delle fonti, poi c’è lo sviluppo della struttura narrativa e solo a questo punto interviene l’ideazione della modalità di rappresentazione e fruizione come la mostra virtuale o l’allestimento digitale”.
Ilaria Bonacossa

Un nuovo museo per l’arte digitale

Il Museo nazionale dell’Arte Digitale (MAD) non ha ancora una data esatta di apertura – orientativamente il 2026 – ma ha una sede e una direttrice. Il luogo è l’ex Albergo Diurno Venezia a Milano, progettato da Piero Portaluppi e costruito negli anni venti del Novecento; la direttrice, nominata a gennaio di quest’anno, è Ilaria Bonacossa, ex direttrice di Artissima, la fiera d’arte contemporanea di Torino, dal 2017 dal 2021. Il progetto museale, in via di definizione, dovrà tenere conto delle molteplici espressioni dell’arte digitale e della sua natura sperimentale, legata all’emergere di nuovi mezzi tecnologici. Rientrano sotto questo cappello la videoarte e la fotografia digitale ma anche la scultura 3D (3D modeling) che sostituisce la mano dell’artista e lo scalpello con software, computer, bracci robotici e stampanti 3D. Ci sono opere effimere come le proiezioni di videomapping o la drone art; performance di sound art; opere che si attivano rispondendo alla presenza del pubblico come l’arte digitale interattiva o alcune istallazioni immersive; e ancora realtà virtuale e videogame art. Ma l’essenza stessa dell’arte digitale nell’epoca digitale è di non poter essere confinata dentro categorie chiuse e delimitate e, quando tra quattro anni il MAD verrà inaugurato, ci potranno essere opere che oggi non siamo ancora in grado di immaginare.
 

Osservatorio Banche per la cultura

Il progetto Banche per la Cultura nasce per valorizzare il ruolo delle banche nella diffusione della cultura. Attraverso l’attività di un Osservatorio, mira ad approfondire le innovazioni a supporto della gestione del patrimonio artistico sperimentate a livello domestico e internazionale, con un focus sulle esperienze legate alle collezioni corporate e delle istituzioni bancarie.
Le tematiche prese in considerazione riguardano la conservazione, la tutela e la gestione delle raccolte artistiche e documentali; le tecnologie innovative per la fruizione e la valorizzazione; le strategie di comunicazione tradizionali e innovative e le politiche di intervento in ambito culturale e artistico.
Organizzato in un ciclo di quattro incontri, l’Osservatorio combina l’analisi di scenario, dei casi di studio e delle best practice con approfondimenti di taglio pratico e operativo su temi di movimentazione e assicurazione, fiscalità di vantaggio e opportunità del PNRR, nuove tecnologie e nuove frontiere delle opere collezionabili. Offre inoltre momenti di scambio e confronto tra le banche partecipanti e con esperti del settore, progettisti e referenti di aziende specializzate. Al progetto Banche per la Cultura hanno aderito Banca Carige; Banco BPM; BFF Banking Group; BNL BNP Paribas; BPER Banca; UniCredit.
Le banche e le aziende che desiderano partecipare al progetto, possono contattare:
Francesca Parmeggiani: [email protected]
Elena Chiocchio: [email protected]
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