Giornata mondiale del Risparmio: gli interventi
di Mattia Schieppati
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4 Novembre 2022
I temi dei disequilibri globali e gli impatti di una fase complessa dell’economia al centro della 98esima edizione dell’evento organizzato per l’Italia dall’Acri. Riportiamo qui l’intervento del presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, e la parte dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia dedicata al ruolo delle banche
Lunedì 31 ottobre Acri ha organizzato l’evento di celebrazione della 98a Giornata Mondiale del Risparmio. Il tema di quest’anno è stato: “Il valore del Risparmio nell’era dell’incertezza”.
In qualità di relatori sono intervenuti il Presidente di Acri, Francesco Profumo; il Presidente dell’Abi, Antonio Patuelli; il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco; il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.
Riportiamo qui l’intervento completo del Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli, e la parte dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia dedicata al ruolo delle banche.
Qui la registrazione video integrale dell’evento:
https://www.abi.it/Pagine/Interventi/98GMR.aspx
La versione integrale dei testi degli interventi di tutti i relatori sono disponibili qui:
https://www.acri.it/eventi/98a-giornata-mondiale-del-risparmio/
Intervento integrale del Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli
Il risparmio responsabilmente investito non a fini speculativi è indispensabile per la resilienza alla crisi energetica e all’inflazione e per la solida e prolungata ripresa dello sviluppo e dell’occupazione.
Occorrono maggiori sforzi per attrarre (mai per costringere) i responsabili investimenti dei risparmi degli italiani che sono già troppo gravati da multiple e rilevanti imposizioni fiscali sui redditi da lavoro e da capitale e poi sui rendimenti del risparmio stesso.
Non debbono essere confusi i rendimenti degli investimenti del risparmio, che implicano anche rischi, con le rendite prive di rischi.
Chiediamo che gli investimenti del risparmio a medio e lungo termine in Italia siano tassati meno delle operazioni speculative a breve o brevissimo termine.
Finché nell’Unione Europea non vi sarà anche uniformità fiscale, l’Italia dovrà attrarre i risparmi nella competizione in atto fra gli Stati per attirare i capitali.
La legge di Bilancio deve essere anche occasione per meglio tutelare il risparmio, oltre che per limitare il debito pubblico che non deve crescere all’infinito, anche per non compromettere i complessivi equilibri finanziari e gli stessi risparmi degli italiani.
Occorre rafforzare il circuito virtuoso economico, etico e sociale, favorendo il risparmio stabile anche per prestiti in investimenti produttivi.
È necessario rendere fiscalmente più appetibili anche le obbligazioni e comunque la raccolta del risparmio a medio e lungo termine, per favorire una più stabile raccolta per prestiti a medio e lungo termine.
Il risparmio, infatti, è indispensabile per la crescita inclusiva e sostenibile innanzitutto dal punto di vista ambientale e sociale.
L’etica, la trasparenza, la responsabilità sociale e la costante sorveglianza umana debbono essere la bussola anche per l’utilizzazione dell’intelligenza artificiale negli investimenti.
È indispensabile un controllo anche etico sugli algoritmi, a tutela delle libertà e delle responsabilità di ciascuno anche per gli investimenti del risparmio.
L’intelligenza artificiale deve integrare e non sostituire quella umana. Ognuno ha il diritto di sapere se interagisce con persone o con macchine.
L’Unione Europea ha giustamente chiesto agli Stati membri di garantire che i sistemi e le tecnologie di intelligenza artificiale siano sempre incentrati sulla persona, destinati al servizio del bene comune: la dignità umana e i diritti delle persone debbono essere rispettati in tutte le attività.
L’etica deve prevalere anche nelle attività non ancora regolamentate, basate su sempre più nuove tecnologie.
L’etica del risparmio e negli investimenti del risparmio deve sostenere finalità di tutela dall’inflazione, ricerca di adeguati rendimenti non basati sulla speculazione e sui connessi alti rischi.
Non ci stancheremo mai nell’impegno per la legalità e nel far prevalere l’etica sempre negli interessi economici.
Il ruolo dell’Unione Europea è fondamentale ed indispensabile per costruire insieme grandi prospettive di crescita economica e sociale, innanzitutto nella resistenza di fronte ai rischi delle emergenze energetiche, dell’inflazione, della terribile guerra russo-ucraina e della recessione.
Le politiche monetarie non possono fare tutto. Occorre al più presto un secondo PNRR per la riduzione dei costi e per investimenti energetici sostenibili.
Bisogna dare più respiro alle imprese gravate dagli imprevisti alti costi energetici: dopo che la UE ha recentemente autorizzato fino a dicembre 2023 nuove misure a sostegno delle imprese, ora occorre al più presto che esse siano recepite in Italia per rendere più sostenibili i debiti e prolungare le garanzie sui prestiti alle imprese che debbono avere più tempo per riprendersi e per restituirli.
Come nelle fasi più difficili della pandemia, con la preparazione del primo PNRR, occorre ora costruire un nuovo clima di fiducia, indispensabile per sostenere la resilienza, per la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione.
In Italia le banche continuano a svolgere un ruolo molto rilevante per l’allocazione del risparmio all’attività produttiva e agli investimenti. A fronte del quasi 50 per cento di azioni e partecipazioni, l’indebitamento bancario rappresenta circa il 17 per cento del totale delle passività delle società non finanziarie, contro il 6 dei prestiti da altre società finanziarie e il 4 della provvista obbligazionaria. Nell’attuale fase ciclica il credito bancario alle imprese ha continuato a crescere: nei dodici mesi terminanti in settembre, anche a seguito dei maggiori costi connessi con lo shock energetico, ha accelerato al 4 per cento, dall’1 dello scorso gennaio. Il mantenimento della solidità dei bilanci bancari richiede che si presti particolare attenzione, anche con il puntuale ricorso agli accantonamenti, all’aumento del rischio di credito, evitando in tal modo che l’ineludibile inasprimento dei criteri di offerta dei prestiti connesso con la maggiore rischiosità dei prenditori, di cui già si avvertono i primi segnali, possa trasformarsi in una grave stretta creditizia.
Le banche italiane affrontano questa fase partendo da una situazione nel complesso equilibrata e certamente migliore di quella in cui si trovarono a fronteggiare le crisi finanziarie di dieci e più anni fa. I crediti deteriorati hanno continuato a ridursi; sono proseguite le cessioni e i tassi di deterioramento si sono mantenuti molto bassi nel confronto storico. Al netto delle rettifiche di valore, la loro incidenza sul totale dei finanziamenti era scesa alla fine di giugno all’1,5 per cento: per le banche significative, il divario di questo indicatore rispetto alla media degli altri istituti europei si è praticamente annullato.
Il rapporto tra il capitale di maggiore qualità e il totale delle attività ponderate per il rischio, pur diminuito di 50 punti base nel primo semestre dell’anno, al 14,8 per cento, rimane al di sopra dei valori del 2019. Il calo è stato determinato prevalentemente dalla distribuzione di utili da parte di alcuni grandi intermediari, dalla perdita di valore dei titoli contabilizzati al fair value, dal progressivo venir meno del regime transitorio introdotto nel 2018 con l’entrata in vigore del principio contabile IFRS9. Nel confronto storico la redditività si colloca su valori elevati: nel primo semestre il rendimento annualizzato del capitale e delle riserve è salito al 9 per cento, sostenuto dalla forte espansione del margine di interesse e, in misura minore, dal contenimento dei costi e dal mantenimento delle rettifiche di valore su bassi livelli.
Sebbene al momento non vi siano segnali rilevanti di peggioramento della qualità degli attivi bancari, stime basate sui più recenti scenari macroeconomici pubblicati dalla Banca d’Italia indicano che il prossimo anno il flusso di nuovi crediti deteriorati potrebbe crescere significativamente. All’aumento delle insolvenze contribuirebbe principalmente il rallentamento ciclico, con effetti verosimilmente maggiori per i crediti verso le imprese più esposte agli aumenti del prezzo dell’energia. Anche se alcune banche potrebbero incontrare maggiori difficoltà, specie in uno scenario particolarmente avverso, secondo le nostre più recenti valutazioni il sistema nel suo complesso dovrebbe comunque essere in grado di assorbire lo shock.
A fronte di queste prospettive ci attendiamo che le banche rivedano prontamente gli scenari utilizzati per la classificazione dei prestiti e riconoscano senza ritardi le perdite attese. Una corretta classificazione contabile e prudenziale non solo accresce la trasparenza dei bilanci, ma permette anche di meglio gestire i rischi. Svalutazioni effettuate – coerentemente con i principi contabili internazionali – a fronte di un aumento prospettico della probabilità di insolvenza dei debitori consentono di diluire l’impatto del deterioramento della qualità del credito. Allo stesso tempo, grazie agli utili conseguiti nell’anno, il rafforzamento della dotazione patrimoniale aiuta a meglio sostenere l’impatto di una evoluzione del quadro macroeconomico peggiore di quanto atteso.
Le banche di credito cooperativo (BCC) hanno storicamente svolto un ruolo molto rilevante nell’intermediazione del risparmio, con particolare riguardo al finanziamento delle imprese di minori dimensioni. Tale ruolo non è venuto meno, si è anzi rafforzato a seguito della riforma, nonostante i dubbi più volte manifestati. Nei quasi quattro anni passati dall’avvio dei gruppi cooperativi la loro quota di mercato dei prestiti alle imprese è rimasta stabile al 10 per cento, quasi il 20 se si considerano i finanziamenti alle sole piccole e micro imprese. La dimensione media dei prestiti è inoltre rimasta pressoché invariata, suggerendo che la clientela di riferimento tipica delle BCC non sia mutata. Grazie al rafforzamento dei profili tecnici delle banche del settore, la riforma ha quindi permesso loro di preservare il ruolo di sostegno alle imprese nei territori di insediamento nel difficile contesto che ha caratterizzato gli ultimi anni.
Tra la fine del 2018 e lo scorso giugno il rapporto tra i crediti deteriorati e il totale dei finanziamenti facenti capo ai gruppi cooperativi si è ridotto, al netto delle rettifiche, dal 6,0 all’1,8 per cento e i tassi di copertura sono saliti di quasi 18 punti percentuali, al 68 per cento. Il rapporto tra costi e ricavi è sceso di oltre 11 punti percentuali, al 64 per cento, e il rendimento del capitale e delle riserve è aumentato fino a superare, nel primo semestre di quest’anno, quello medio delle altre banche significative italiane. Dal 2018 il coefficiente patrimoniale relativo al capitale di migliore qualità è aumentato di 3 punti percentuali, al 19 per cento. Notevoli progressi sono avvenuti anche nell’ambito del governo societario e degli standard gestionali. La costituzione dei gruppi ha consentito inoltre di rendere più sicuro, veloce e fluido il superamento di situazioni di fragilità di singole affiliate.
È indubbio che la riorganizzazione del credito cooperativo abbia richiesto alle BCC e alle capogruppo importanti cambiamenti sul piano strategico, organizzativo e operativo, con costi di impianto e nuovi oneri connessi in parte con l’appartenenza a intermediari qualificati come significativi a fini di supervisione. Questi cambiamenti sono tuttavia avvenuti in un contesto regolamentare e di vigilanza attento alle caratteristiche delle BCC, connotate a livello individuale da dimensioni e complessità contenute. In particolare, per quelle con attivo di bilancio non superiore a 5 miliardi sono previste regole in materia di governo societario e remunerazioni graduate secondo criteri di proporzionalità, recentemente rivisti per ampliarne la portata. Per tutte, la Banca d’Italia ha inoltre eliminato l’obbligo di redigere i resoconti individuali riguardo all’autovalutazione dell’adeguatezza del patrimonio e della liquidità e semplificato gli obblighi di informazione riguardo al ricorso a fornitori esterni. Il criterio di proporzionalità guida anche la disciplina dei controlli interni: gli intermediari possono infatti articolare le funzioni di controllo in modo più snello se ciò è coerente con il profilo di rischio, la dimensione e la complessità operativa.