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08 Dicembre 2024 / 02:51
Azzurra Rinaldi (La Sapienza): Superare il gender gap crea sviluppo per il Paese

 
Diversity & Inclusion in Finance

Azzurra Rinaldi (La Sapienza): Superare il gender gap crea sviluppo per il Paese

di Mattia Schieppati - 21 Febbraio 2024
Una piena inclusione lavorativa e finanziaria delle donne porterebbe a un incremento del Pil del 7%. Ma serve un cambio culturale. Così, in vista dell’evento D&I in Finance del prossimo 6 e 7 marzo, la Direttrice della School of Gender Economics dell’Ateneo capitolino, traccia - attraverso numeri e dati concreti - lo scenario di un tema sempre più strategico per le imprese, a partire dalle banche
I numeri sono più forti di qualsiasi rischio di cadere nella retorica. Rispetto alla platea di donne che potrebbero, solo una su due esercita un’attività lavorativa. Complessivamente, secondo il Global Gender Gap Report 2023, l’Italia si trova al 30esimo posto su trentasei in Europa e al 79esimo su 131 a livello mondiale in quanto a parità di genere. Dati, numeri, statistiche sono la materia prima su cui si basano i ragionamenti - che diventano libri, convegni, addirittura spettacoli live, come la sua ultima conferenza spettacolo “Piacere, Denaro!”- di Azzurra Rinaldi, economista, docente di Economia politica all’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza, dove è anche Direttrice della School of Gender Economics.
Il suo ultimo libro, Le signore non parlano di soldi (Rizzoli), è diventato da subito un riferimento per ogni discorso sul tema (anche per il tono leggero con cui tratta ragionamenti dal peso specifico importante, dal punto di vista etico e culturale), e la sua competenza scientifica e divulgativa è stata un punto di forza nel ciclo di incontri dell’Osservatorio Osservatorio D&I in Finance, promosso dall’ABI e partecipato da un ampio panel di banche, e che ha aperto la strada all’edizione 2024 della due giorni della seconda edizione di D&I in Finance (il 6 e 7 marzo, a Milano; scopri l’evento qui).
Proprio in vista di questo appuntamento, abbiamo provato con Rinaldi a tracciare un quadro ampio rispetto alla condizione di inclusione/esclusione economica delle donne, oggi, in Italia.
Professoressa, partiamo appunto dai dati. Ci dia tre numeri che facciano capire come il gender gap sia un danno per tutta la società, sia donne che uomini.
Primo dato, relativo a un mancato guadagno. Secondo la stima di Banca d’Italia, se il 60% delle donne (percentuale che corrisponde alla quota di lavoratrici del nord Italia) avesse un impiego, otterremmo un incremento del PIL del 7%. Secondo dato, relativo invece a una voce di costo: secondo la Commissione Europea, le attività compensative per gestire le situazioni di discriminazione, disuguaglianza e violenza nei confronti delle donne costano complessivamente ai Paesi membri UE 370 miliardi di euro.Bastano questi due elementi per chiarire come i temi delle pari opportunità, dell’inclusione economica delle donne, del contrasto alla violenza economica riguardino la collettività, hanno un impatto non solo sulle donne ma su tutta la popolazione. Ma c’è anche un terzo dato, in questo caso qualitativo. Secondo Standard & Poor’s, la forza lavoro femminile e il capitale umano femminile è mediamente più formato di quello maschile, e a livello globale ha la singola opportunità di crescita piu forte. Mettere barriere alla crescita professionale delle donne toglie opportunità di miglioramento all’azienda stessa, oltre che allo sviluppo dell’economia in generale.
Questo scenario è evidentemente frutto di un portato culturale che affonda le sue radici in un passato remotissimo. Guardando all’oggi, qual è l’ostacolo maggiore, per una donna, alla piena manifestazione delle sue potenzialità in ambito lavorativo e, di conseguenza, alla sua indipendenza finanziaria?
I dati ci dicono che l’ostacolo maggiore è ancora la maternità. Una donna su 5 lascia il lavoro dopo il primo figlio e il 73% delle dimissioni volontarie richieste e accolte è femminile. La donna che diventa madre va incontro ad aspettative sociali che sono deviate. Viene considerata la responsabile del “lavoro” di accudimento e di cura, e si trova a farlo per di più in contesti territoriali dove spessissimo mancano reti di servizi strutturati di supporto. Anche in questo caso, l’impatto negativo ricade  su tutta la comunità. Se guardiamo i trend, vediamo che nei paesi ricchi quando c’è una famiglia monoreddito i tassi di natalità si abbassano. È evidente: difficilmente una famiglia monoreddito pensa al secondo figlio o al terzo... Altro elemento: se entrambi i genitori lavorano, generano un doppio cespite fiscale, e quindi anche lo Stato ci guadagna, o quanto meno ha risorse doppie per offrire il doppio dei servizi. Da qualsiasi angolatura si guardi la questione, insomma, i conti non tornano: escludere le donne dal ciclo economico è negativo per tutti.
E gli uomini non se ne accorgono?
Se ne stanno accorgendo. Non è per esempio più cool avere il potere esclusivo nella gestione delle finanze familiari con la donna compagna che deve sempre dipendere o chiedere. E c'è anche più consapevolezza dell'importanza di un diverso ruolo genitoriale. Infatti, l’esclusione “a priori” dell’uomo dalla responsabilità di accudimento dei figli è una svilizzazione della capacità di svolgere la propria paternità in maniera paritaria. Ci siamo mai chiesti perché un uomo che si prende cura dei propri figli non viene definito semplicemente “papà”, ma diventa un “mammo”? Sembra una cosa magari sciocca, ma è un indicatore di come la disparità di genere rappresenti una battaglia culturale che non può essere solo delle donne per le donne, ma deve essere frutto di una consapevolezza trasversale, riguarda le donne così come gli uomini. Deve essere alla base di una nuova alleanza.  
Il suo lavoro la porta a dialogare con diversi mondi dell’economia, e con l’Osservatorio ABI ha potuto saggiare il grado di consapevolezza dell’industria bancaria. Come stanno rispondendo le banche a questa sfida, epocale e culturale?
Vedo nelle banche e nelle aziende finanziarie un’attenzione particolare al tema della parità di genere e dell’inclusione, è un comparto particolarmente attivo e propositivo: le banche stanno mettendo in campo azioni molto concrete contro i tanti e diversi meccanismi discriminatori che magari ormai sono addirittura inconsci, fanno parte di una sorta di bias personale, più che aziendale. Direi che dal mondo bancario mi aspetto un grande aiuto per migliorare la situazione, soprattutto forse dal punto di vista delle azioni rivolte all’educazione finanziaria, che è la premessa fondamentale al cambiamento culturale necessario.
Lei ha tre figlie. Quando saranno adulte, vivranno in un mondo dove questi discorsi e problemi saranno finalmente superati?
Il raggiungimento della parità non è un processo automatico. Nonostante in questi ultimi anni il tema abbia assunto rilievo, e la consapevolezza stia crescendo, non abbiamo ancora scollinato. Ciascuno di noi ha ancora grandi molte responsabilità nelle grandi come nelle piccole scelte quotidiane, come usiamo il linguaggio, come prendiamo decisioni nella nostra vita famigliare così come nell’azienda in cui lavoriamo, come educhiamo le nostre figlie e i nostri figli, come facciamo sentire la nostra voce alle istituzioni. Mi dà speranza vedere che nelle giovanissime generazioni c’è un atteggiamento diverso, c’è una sensibilità molto forte rispetto ai temi della diversity e dell’inclusione, c’è un forte senso etico. Mettiamo le giovani generazioni nelle condizioni di non ripetere gli errori che che abbiamo fatto da millenni fino a oggi.
 

Il 6 e 7 marzo, a Milano, la seconda edizione di D&I in Finance

Si svolgerà a Milano, presso il Centro Congressi di Fondazione Cariplo, la seconda edizione di D&I in Finance è l'appuntamento promosso da ABI e organizzato da ABIEventi nato per consolidare gli interventi svolti dall'industria bancaria e da altre realtà imprenditoriali a favore della valorizzazione delle politiche di Diversità e Inclusione nella finanza.
L'evento, che si inserisce in un articolato percorso che ABI sta sviluppando sui temi della diversità e dell'inclusione, vuole offrire a banche, assicurazioni, istituzioni e altre imprese momenti di approfondimento sulla correlazione tra la cultura della diversità e dell’accessibilità e le leve strategiche e di business.
Scopri qui il programma e i relatori che animeranno l'evento.
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