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07 Dicembre 2024 / 20:16
Tassonomia Ue, strumento utile per la sostenibilità

 
Scenari

Tassonomia Ue, strumento utile per la sostenibilità

di  Giovanna Zacchi, Ufficio Relazioni Esterne e Attività di RSI, BPER Banca - 9 Dicembre 2019
A inizio ottobre i governi europei hanno raggiunto un accordo per ritardare di due anni, al 2022, l'introduzione del documento che definisce a livello Ue le attività sostenibili e la soglia per ottenere la qualifica green. Giovanna Zacchi di BPER Banca approfondisce in questo articolo i contenuti della Tassonomia e la sua importanza per accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni
Nel dicembre del 2016 la Commissione Europea ha istituito l’High-Level Expert Group on Sustainable Finance (HLEG), un gruppo di esperti dell’industria finanziaria, del mondo accademico e della società civile con il compito di elaborare delle linee guida per lo sviluppo della finanza sostenibile in Europa.
Obiettivo? Orientare il mercato europeo dei capitali verso il finanziamento a progetti che favoriscano il perseguimento degli obiettivi dell’Europa per una “crescita economica sostenibile”. Il report pubblicato dall’HLEG ad inizio 2018 ha posto le basi per la redazione da parte della CE del Piano d’Azione sulla Finanza Sostenibile (marzo 2018). Tra le azioni individuate come prioritarie spicca la creazione da parte di un gruppo di esperti (TEG, Technical Expert Group) di una Tassonomia delle attività economiche, uno strumento di classificazione utile a investitori e aziende per fare scelte di investimento su attività compatibili dal punto di vista ambientale e soprattutto per il cambiamento climatico.
Dal 2018 faccio parte del gruppo di lavoro ABI Bacc (Banche Ambiente e Cambiamenti Climatici) che supporta il Sustainable Finance Working Group (SFWG) della Federazione Bancaria Europea (EBF, European Banking Federation) e nello specifico nel sottogruppo che ha il compito di analizzare/valutare i documenti relativi alla Tassonomia UE per poi relazionarsi con il TEG.
Ad oggi la Tassonomia, la cui introduzione è stata rimandata al 2022, è al centro di forti discussioni poiché qualcuno ha voluto leggere in essa una sorta di lista dei buoni e dei cattivi. In realtà, come già anticipato, la Tassonomia è un utile strumento di lavoro per perseguire gli obiettivi di sostenibilità dell’UE che di seguito sintetizziamo: con l’Accordo di Parigi l'Unione Europea e i suoi Stati membri hanno obiettivi climatici giuridicamente vincolanti per il 2020 e il 2030 a cui si aggiunge la proposta di rendere l’UE Carbon Neutral al 2050 (strategia attualmente in discussione dagli Stati membri). Per supportare l'Europa in questo percorso si stima siano necessari almeno 175 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi all’anno. 
Approfondiamo dunque i contenuti del documento. Per essere inclusa nella Tassonomia un’attività economica deve contribuire al raggiungimento di uno degli obiettivi di sostenibilità sottoindicati (Substantial Contribution) senza però impattare sugli altri (DNSH, Do No Significant Harm):
1) Mitigazione dei cambiamenti climatici
2) Adattamento ai cambiamenti climatici
3) Utilizzo sostenibile e protezione dell’acqua e delle risorse marine
4) Transizione all’economia circolare, prevenzione e riciclo dei rifiuti
5) Prevenzione e controllo dell’inquinamento
6) Protezione degli ecosistemi sani.
 
Le organizzazioni devono inoltre:
  • Soddisfare le garanzie sociali minime nello svolgimento dell'attività (in base al progetto di Regolamento, questi sono definiti come convenzioni fondamentali del lavoro dell'ILO)
  • Soddisfare i criteri tecnici di screening individuati comprendenti soglie quantitative e/o qualitative.
 
La Tassonomia non è da considerarsi un documento definitivo ma evolverà gradualmente. Ad oggi il documento del TEG (Technical Expert Group) copre le attività che offrono un contributo sostanziale alla mitigazione e all'adattamento ai cambiamenti climatici. Altre attività verranno aggiunte in futuro, comprese quelle che contribuiscono in modo significativo ad altri obiettivi ambientali. La strutturazione per attività economiche (basata sui codici NACE, gli italiani ATECO) permetterà alle aziende di definire la percentuale interna di attività ammissibili e agli investitori di indicare le percentuali di investimenti ammissibili dalla Tassonomia dei loro strumenti finanziari.
Infatti, se investitori istituzionali e/o gestori patrimoniali vorranno commercializzare prodotti di investimento sostenibili dal punto di vista ambientale potranno o utilizzare attività già identificate come idonee secondo i criteri della Tassonomia oppure dovranno spiegare le metodologie di analisi utilizzate per definire quell’investimento come ecosostenibile. 
In generale, gli investitori potranno finanziare singole società, progetti o interi sistemi. L'approccio di sviluppo della Tassonomia ha quindi mirato a identificare attività che apportano un contributo sostanziale da sole, ma consentono anche la transizione globale di sistemi critici come i sistemi energetici, dei trasporti, urbani, idrici e alimentari. 
L’utilizzo della Tassonomia produrrà dunque i seguenti benefici:
  1. Definire un linguaggio comune per investitori, emittenti, responsabili delle politiche e autorità di regolamentazione. 
  2. Aiutare a tradurre gli impegni dell'Accordo di Parigi e dei Sustainable Develpments Goals (SDG) per gli investitori. 
  3. Risparmio di tempo e denaro per investitori ed emittenti. I criteri sono stati sviluppati da esperti di finanza, ambiente e industria. Ciò consente agli investitori di concentrarsi su ciò che fanno meglio.
  4. Supportare diversi stili e strategie di investimento. Investire in attività idonee per la Tassonomia non è obbligatorio.
  5. Inserire nelle valutazioni degli investitori anche i dati ambientali. Gli investitori possono capire quali sono le società che contribuiscono alla transizione a basse emissioni di carbonio e che stanno costruendo la resilienza ai cambiamenti climatici dell’UE.
  6. Evitare rischi per la reputazione. Escludendo le attività economiche che minano di più obiettivi ambientali, climatici e sociali, gli investitori possono evitare il rischio reputazionale e assicurarsi che la loro strategia sia solida. 
  7. Approfondire la discussione. Concentrandosi sulle attività economiche, la Tassonomia fornisce uno strumento per comprendere i modelli di business aziendali. Alcune linee di business potrebbero essere utili al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità, mentre altre no. Ciò consente una discussione concreta su strategie e coerenza con gli obiettivi di sostenibilità.
  8. Ricompensare le aziende. Un quadro scientifico basato sull'evidenza aiuterà le compagnie ad accedere ai finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo, premiando al contempo coloro che intraprendono un'attività ecosostenibile.
A chi può essere utile quindi la Tassonomia? Potrà essere utilizzata per esprimere preferenze di investimento, selezionare le partecipazioni, progettare prodotti finanziari green, interagire con le partecipate o misurare le performance ambientali di un fondo azionario o obbligazionario, nonché per altri prodotti. È importante sottolineare nuovamente che la Tassonomia non è obbligatoria per gli investimenti e che gli investitori saranno liberi di spiegare le metodologie alternative utilizzate nella loro attività di reporting.
Che informazioni dovranno fornire le aziende?
Perché la Tassonomia funzioni nella pratica, gli investitori avranno bisogno di dati sulle performance delle società relativamente alle attività economiche individuate dal documento.
I mercati dei dati impiegheranno del tempo per svilupparsi per cui, contemporaneamente, gli emittenti e le società di ricerca e rating ESG potranno sviluppare anche sistemi di analisi proprietari.
Innanzitutto, ogni azienda dovrà valutare quali delle sue attività economiche sono inserite nella Tassonomia; fatto questo, per ogni attività individuata, sarà necessario fornire le seguenti informazioni:
  • ripartizione delle entrate e delle spese divise per attività;
  • performance ambientali valutate secondo i criteri di screening individuati dalla Tassonomia- compresa la valutazione DNSH;
  • dati di gestione su tematiche sociali: politiche sui diritti dei lavoratori, sistemi di gestione, audit, relazioni.
Come già indicato le aziende e i progetti le cui attività soddisfano i criteri della Tassonomia possono trarre vantaggio dall'essere idonee in quanto inseribili in fondi azionari e di debito orientati all'ambiente. Questo vale anche per quelle aziende e progetti che sviluppano tecnologie e prodotti fondamentali per altre società per il raggiungimento degli obiettivi individuati dalla Tassonomia (ad esempio i produttori di impianti di energie rinnovabili).
E le società o i progetti che vogliono investire per rientrare nei criteri della Tassonomia e ridurre la propria impronta di carbonio?
Prendiamo ad esempio un cementificio (italiano) che voglia aumentare la sua sostenibilità ambientale. Attualmente l'azienda ha emissioni di gas serra di 0,6 tCO2e / t di cemento. Il criterio presente nella Tassonomia in termini di contributo sostanziale alla mitigazione dei cambiamenti climatici per i cementifici è di 0,498 tCO2e / t di cemento. A questo punto è chiaro come il produttore di cemento non soddisfi i criteri tecnici. Dunque, queste attività, e quindi i ricavi dalla produzione di cemento, non possono essere considerati ammissibile dalla Tassonomia.
È possibile finanziare la transizione? Se il miglioramento delle prestazioni ambientali previsto permette di soddisfare la soglia dei criteri di Tassonomia, e sono soddisfatte le garanzie sociali minime, le banche o gli investitori che finanzieranno queste attività possono considerali Taxonomy eligible: “… Companies or projects that work towards meeting the Taxonomy criteria over time can raise capital to finance the greening of their activities e.g. to lower the carbon intensity by issuing use-of-proceeds bonds or loans. The Taxonomy can be used to identify revenues from sustainable activities as well as expenditures in improving the environmental performance of facilities…
Come indicato all’inizio del paragrafo, sia che si parli di progetti di adattamento che di aziende attive nella mitigazione degli impatti del climate change occorre ora rispondere ad una domanda centrale: le aziende hanno a disposizione le informazioni necessarie? Chi certifica la correttezza di dette informazioni?
Le società sono incoraggiate a fornire agli investitori le informazioni necessarie alle valutazioni sui criteri della Tassonomia e possono farlo utilizzando diversi strumenti:
  1. Le Dichiarazioni non finanziarie (DNF) redatte secondo le Linee Guida revisionate. Le linee guida raccomandano che le società forniscano informazioni sui rischi inerenti il climate change, causati e subiti, sui costi/ricavi aziendali legati ad attività ammissibili nella Tassonomia nonché il modo in cui soddisfano i criteri DNSH relativi agli obiettivi 1 e 2 (mitigazione e adattamento al climate change). La DNF, che per altro è obbligatoria solo per un numero molto ristretto di aziende in Italia (circa 200 tra cui 40 circa sono banche) ha come perimetro i Gruppi aziendali per cui per essere utilizzabili le informazioni dovranno essere date per attività economiche, come individuato dalla Tassonomia.
  2. Le autorizzazioni ambientali di competenza: AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale), ETS (Emission Trading Scheme), ecc. ecc. Le autorizzazioni contengono relazioni tecniche che descrivono gli impatti ambientali di un determinato sito aziendale per cui anche queste informazioni dovranno essere ricalibrate secondo le attività. Infatti per garantire il criterio di DNSH (per gli obiettivi da 3 a 6), laddove non siano indicati criteri tecnici fa fede il rispetto della pertinente legislazione ambientale dell'UE.
Prendiamo ad esempio il caso del cementificio di cui sopra. Un cementificio, per operare, deve essere in possesso di un’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Si tratta del provvedimento che autorizza l'esercizio di una installazione a determinate condizioni che garantiscono la conformità ai requisiti IPPC (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) di cui al Titolo III-bis alla Parte seconda del D.Lgs.152/06, relativa alle emissioni industriali, e alle prestazioni ambientali associate alle Migliori Tecniche Disponibili (BAT, Best Available Technology).
L’AIA sostituisce ad ogni effetto le autorizzazioni (elencate nell’Allegato IX alla Parte seconda del D.Lgs.152/2006) alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari, l’autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV alla Parte terza del D.Lgs.152/2006), l’autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210 del D.Lgs.152/2006), l’autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (policlorobifenili e policlorotrifenili;art.7 D.Lgs.209/1999). L’AIA prevede l'obbligo d'informazione e partecipazione dei cittadini e l'approccio di collaborazione tra amministrazioni e gestori impianti per conseguire un miglioramento continuo delle performance ambientali.
Questa autorizzazione valuta dunque gli impatti relativi alle varie fasi del processo industriale ma non prevede un’analisi dell’ecosistema in cui l’azienda è inserita.
Nel caso di costruzione di un nuovo stabilimento o di modifica sostanziale dell’esistente un cementificio dovrà fare una Valutazione di Impatto ambientale (VIA), una procedura che ha lo scopo di individuare, descrivere e valutare, in via preventiva alla realizzazione delle opere, gli effetti sull’ambiente, sulla salute e benessere umano di determinati progetti pubblici o privati, nonché di identificare le misure atte a prevenire, eliminare o rendere minimi gli impatti negativi sull’ambiente, prima che questi si verifichino effettivamente. La VIA valuta anche le ricadute sugli ecosistemi.
Infine i cementifici sono soggetti all’ETS, Emissions Trading Scheme, cioè il mercato delle emissioni di CO2 che riguarda quasi 12.000 grandi industrie presenti in Europa (Direttiva 2018/410/UE, che stabilisce il funzionamento dell’Emissions Trading System europeo (EU-ETS) nella fase IV del sistema (2021-2030).
Le informazioni fornite dalle autorizzazioni ambientali sono già controllate dall’Ente Pubblico competente quindi, assieme alla DNF, che per le aziende con obbligo deve essere sottoposta alla verifica di un revisore terzo, le autorizzazioni ambientali potrebbero essere i contenitori da cui attingere.
Capire quali informazioni sono già in possesso delle aziende e come queste possano utilizzarle è fondamentale anche in termini di costi: reperire e gestire correttamente dati e informazioni infatti è costoso, e capire se queste possono essere già presenti in azienda permetterebbe di diminuire il gap tra Grandi aziende e PMI nella possibilità di accesso a futuri finanziamenti green.
L’Analisi di scenario
Abbiamo cercato di chiarire quali dati un’azienda debba gestire per poter essere inserita tra le Taxonomy eligible ma presto le banche chiederanno anche altre informazioni per poter valutare il rischio da climate change che impatterà sui propri clienti.
I nuovi Orientamenti della Commissione, già citati, sono molto chiari nel dire che le aziende dovranno valutare il proprio impatto sul climate change ma anche come il climate change impatterà sul loro business.
Sono infatti stati individuati rischi di transizione, derivanti ad esempio dall’inasprimento della normativa che accompagnerà la transizione energetica, e rischi fisici, come quelli derivanti da eventi climatici estremi.
I rischi climatici impattano economicamente in modo importante sul mercato: la stessa Commissione ha indicato che i 180 miliardi di nuovi investimenti per raggiungere gli obiettivi del protocollo di Parigi sono di gran lunga inferiori alle spese che gli stati dell’Unione stanno pagando per far fronte ai disastri derivanti soprattutto dall’inasprirsi dei fenomeni climatici.
Dunque, si raccomanda alle società di valutare le implicazioni dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici nei loro processi di pianificazione, sia in termini di rischi che di opportunità, attraverso l’analisi degli scenari. I rischi e le opportunità legati al clima dipendono ovviamente dal tipo di attività dell’impresa (settore di appartenenza), dalle sue ubicazioni geografiche e dal suo posizionamento nella transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente ai cambiamenti climatici.
Le banche guarderanno dunque con attenzione informazioni sulle misure che le società promuovono per adattare il proprio business al climate change ed assicurare la continuità dell’attività (es. investimenti in tecnologie come gli impianti goccia a goccia per contrastare la siccità e la conseguente indisponibilità di acqua, oppure per come le cd. reti di protezione per prevenire i danni causati da eventi climatici eccezionali).
Le banche stesse sono impattate in questo senso. All’interno della loro Dichiarazione non finanziaria dovranno fare analisi di scenario utili a valutare l’esposizione degli attivi finanziari e non finanziari ai rischi legati al clima, in particolare:
- le attività di prestito: il volume delle garanzie reali altamente esposte ai rischi legati al clima e impatto degli scenari selezionati sul relativo valore
- la distribuzione settoriale e geografica degli investimenti rispetto all’anno della precedente comunicazione spiegando l’impatto di tali cambiamenti sulla media ponderata dell’intensità di carbonio dei loro portafogli.
Conclusioni
Protagonisti indiscussi di questo articolo sono i dati e le informazioni con cui le aziende dovranno descrivere l’impatto che la loro attività ha sul climate change ma anche come il climate change determina per le aziende nuovi rischi da monitorare e gestire.
Come indicato ci vorrà del tempo perché il mercato dei dati e delle informazioni si strutturi. Molte informazioni saranno reperibili in documenti esistenti, come DNF e Autorizzazioni ambientali, ma si ha la percezione che non siano sufficienti per rispondere pienamente alle necessità del mercato finanziario.
La strada è senz’altro tracciata ma occorre che tutti gli attori del territorio si alleino per rendere il raggiungimento degli obiettivi indicati dall’Accordo di Parigi più un’opportunità che un appesantimento di gestione: conditio sine qua non per il raggiungimento dei target.
Un ruolo rilevante lo avranno le Associazioni di categoria di tutti i settori coinvolti, il mondo del credito e della finanza, ma anche le istituzioni pubbliche perché occorrerà acquisire competenze trasversali che permettano a settori diversi di dialogare per il raggiungimento di un obiettivo comune.
 
Articolo scritto per Bancaforte da Giovanna Zacchi, Ufficio Relazioni Esterne e Attività di RSI di BPER Banca 
 
 
Note
Descrivere la resilienza del modello aziendale dell’impresa e della sua strategia, considerando una gamma di scenari climatici su diversi orizzonti temporali che comprenda almeno uno scenario di aumento delle temperature inferiore o uguale a 2 °C e uno scenario superiore a 2 °C.
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