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05 Luglio 2024 / 06:21
Il senso di ognuno per la città

 
Scenari

Il senso di ognuno per la città

di Ildegarda Ferraro - 7 Dicembre 2023
Da Udine a Foggia, da Milano a Roma, passando per Venezia, Firenze e Bologna. Ma anche Londra, Parigi e Madrid. E New York, Buenos Aires e Beijing. Le città sono frutto di tante componenti. Sono la nostra casa. E certo ognuno di noi può qualcosa a casa propria. Anche solo sognarla e volerla. La palla è pure nelle nostre mani. Anche Le città invisibili di Italo Calvino possono aiutare.
Più diventa difficile spostarci, più una città di 15 minuti ci cattura. Estati sempre più calde. E arrivi a Siviglia e i teli da palazzo a palazzo schermano le strade. Ti sembra bellissimo, fresco e piacevole. Una città con alberi e amica delle api, come a Utrecht dove le pensiline per aspettare gli autobus hanno sul tetto del verde amico degli insetti. E ancora Los Angeles con le strade dipinte di bianco per assorbire meglio il calore, Parigi con un’app per spostarsi meglio. In giro per il mondo c’è davvero di tutto (Vedi qui e qui), basti pensare a Londra, Parigi e Madrid. E New York, Buenos Aires e Beijing.
Da noi Udine oggi è sugli altari, come miglior luogo dove vivere quest’anno secondo la classifica del Sole 24 Ore. E Foggia all’ultimo posto. Roma scende e Milano sale (vedi qui). A volte basta poco, come a Siviglia un telo.
Certo le città sono frutto di tante componenti, da noi certamente conta la storia, se hai il Colosseo qualcosa vorrà dire, se sei in un posto dove cammini tra le pietre dei Fori non puoi non tenerne conto. Poi c’è la componente della pubblica amministrazione. Ma anche il privato conta e conta molto. Le città sono la nostra casa e immaginarla, sognarla e costruirla è anche a noi. Come saremo, se metteremo mattoni per città intelligenti sarà anche nelle nostre mani. Ognuno può fare la propria parte. Costruire meglio e costruire insieme riguarda un po’ tutti noi.
 
Occhi digitali e rigenerazione urbana
Tocca tener conto del nuovo che avanza. L’intelligenza artificiale (IA) passeggia ormai con noi. Uno sguardo attento non umano si posa sulle strade e nei quartieri. Un’intelligenza flâneur che può fare la differenza, mettere insieme dati e arrivare a risposte predittive sul futuro di una zona, sulla pericolosità e la criminalità in determinate aree, sulla povertà e la ricchezza, sui servizi, anche sui semafori (vedi qui). Va da sé che tutto questo non significa abdicare, al contrario essere quanto mai presenti. Come dicono chiaramente Carlo Ratti e Antoine Picon nell’ampia analisi pubblicata sul Sole 24 Ore Occhi digitali nelle nostre strade: vantaggi e pericoli dell’intelligenza artificiale: “I computer sono in grado di contare ogni foglia su ogni albero ma solo noi possiamo apprezzare l’intera foresta, e decidere a ragion veduta del suo futuro. L’IA non sostituisce la soggettività con l’oggettività; al contrario, rende le domande politiche sulla città ancora più urgenti. Saranno necessarie intelligenza umana, creatività e coraggio, per allontanarsi da queste possibili derive: per scovare un difetto nei dati di addestramento, per mettere in discussione un’ottimizzazione errata in un determinato contesto, o per proporre alternative mai tentate. Occhi artificiali, instancabili e penetranti, stanno arrivando sulle nostre strade e permettono di svelarcele come mai prima. Essi possono vedere la città, ma non possono ammirarla. Possono aiutarci a migliorarla, ma non possono amarla. Possono prevedere il futuro, ma non possono immaginarne uno migliore. Quel compito spetta soltanto a noi”.
E quindi se invece di aver paura del futuro ci occupiamo di averlo nelle nostre mani è chiaro che è il lato umano quello che vince. La rigenerazione urbana funziona se punta sull’aspetto sociale, la riqualificazione se è diretta a recuperare aree e fabbricati tenendo in conto gli animal spirits che emergono dalle collettività, dai gruppi di quartiere, dalle persone.  
Maria Chiara Voci sul Sole 24 Ore chiarisce che: “Rigenerazione fisica o materiale e rigenerazione sociale o intangibile sono due lati di una stessa medaglia. Che si tratti di un singolo edificio o di un contesto territoriale ampio e complesso (compresa una città) l’urbanistica e l’architettura contemporanee hanno l’obbligo di lavorare per tenere sempre insieme queste due dimensioni”. E ancora “La rigenerazione urbana è sostenibile solo se sa coniugare all’aspetto ambientale e dunque fisico anche la dimensione sociale e di gestione economica dell’investimento – spiega Piero Pelizzaro, direttore dell’Officina per la rigenerazione dell’immobile pubblico dell’Agenzia del demanio, che proprio di questo tema ha parlato dal palco del recente Festival Utopian Hours di Torino -. Tutti parlano oggi di Esg, ma proprio la S è l’aspetto più spesso sottovalutato e quello che paradossalmente è in grado di fare la differenza. Un’operazione di riqualificazione resta una cattedrale nel deserto se non risponde alla domanda di una collettività pronta a viverla” (vedi qui).
 
Le città invisibili
Il senso di ognuno per la città è anche l’immaginifico che ne deriva e i pensieri che vanno e vengono. A cinquant’anni dall’uscita Le città invisibili di Italo Calvino (qui) hanno ancora un impatto profondo. Certo si sente il trascorrere del tempo, ma ci sono suggestioni e risposte. “Che cosa è oggi la città, per noi? – scrive Calvino – Penso d’aver scritto qualcosa come un ultimo poema d’amore alle città, nel momento in cui diventa sempre più difficile viverle come città. Forse stiamo avvicinandoci a un momento di crisi della vita urbana, e Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili”. E ancora “Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni d’un linguaggio; le città sono luoghi di scambio, come spiegano tutti i libri di storia dell’economia, ma questi scambi non sono soltanto scambi di merci, sono scambi di parole, di desideri, di ricordi”
E ci sono domande e risposte che è meglio tenere in conto. “Anche le città – scrive Calvino – credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le mura. D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda. O la domanda che ti pone obbligandoti a rispondere, come Tebe per bocca della Sfinge”.
 
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