Credito: le nuove regole cambiano il rapporto banca-impresa
di Mattia Schieppati
-
22 Novembre 2019
Secondo Pietro Penza, partner di PwC e tra i protagonisti della sessione di apertura di Credito al Credito 2019, i vincoli normativi che vanno a toccare i processi impongono un cambio epocale: un ripensamento del modo di fare banca commerciale, dove la digitalizzazione gioca un ruolo determinante
Il titolo del suo intervento è suggestivo e anziché attingere dal lessico ipertecnico della finanza va a pescare nel mito: "Tra Scilla e Cariddi come navigare tra vincoli normativi e innovazione tecnologica in un contesto di tassi negativi". Quello che Pietro Penza, partner di PwC, lascia intendere presentando lo speech che lo vedrà protagonista il prossimo
giovedì 28 novembre nella mattinata di apertura di
Credito al Credito 2019 (
qui il sito dell'evento, che si svolgerà il 28 e 29 novembre a Roma, Palazzo Altieri), è che per fare del credito un
Motore di sviluppo (titolo dell’evento) bisogna in qualche modo avere la mentalità dell’eroe mitologico, a metà strada tra Achille, l’eroe guerriero, e Ulisse, l’eroe astuto e scopritore. Un’esagerazione? «È un’immagine che ha un suo significato. Nel senso che quello del credito è oggi un mondo molto articolato, che offre maggiori opportunità ma bisogna saperci navigare attraverso, come degli Ulisse», spiega Penza, sciogliendo via via la metafora scelta, «ma è anche molto più regolato, con vincoli anche di tipo operativo che "appesantiscono" i processi, limitano la discrezionalità, cercando di oggettivizzare al massimo le decisioni di affidamento e i processi di monitoraggio. Bisogna essere dei guerrieri per affrontarlo: è richiesto un compendio documentale esteso e accurato, che implica anche il ripensamento dei processi per evitare perdite di efficienza. È un processo che era già stato avviato con le Linee Guida sulla gestione degli Npl e col Calendar Provisioning: il credito si sta progressivamente spostando nel radar della regolamentazione/supervisione, anche in fasi finora considerate come tipicamente di business, come la concessione e il monitoraggio».
Vincoli normativi: quanto rappresentano un problema e quali sono invece le opportunità che le nuove norme aprono?
I vincoli normativi, rispetto alla situazione pre-esistente in cui non erano previsti, rappresentano quasi per definizione un aggravio di tipo operativo o, tutt'al più, sono invarianti. Questo non è necessariamente un problema. La regolamentazione bancaria, direi da sempre, ha l'obiettivo sotteso di incentivare le banche a implementare soluzioni tecnico-organizzative almeno di good practice, se non di best practice. Ovviamente questo ha un costo: quello della compliance è da anni ormai al centro del dibattito. L'eccesso di regolamentazione (over-regulation), reale o percepito, rappresenta una delle maggiori issues nell'agenda dei Ceo. In ambito bancario, la regolamentazione è talmente pervasiva che le scelte strategiche non solo non possono non tenerne conto, ma sono a volte obbligate dai vincoli normativi.
Come si affronta questo scenario?
Il tema della nuova regolamentazione sul credito impone un passo per molti motivi epocale, perché per la prima volta il regolatore entra direttamente in un processo "core", anche se la motivazione addotta è quella di evitare il riformarsi di uno stock di Npl dopo aver indirizzato la gestione dello stesso con la precedente azione normativa, cui abbiamo fatto cenno. Quello che però emerge in controluce è un nuovo modo di fare banca commerciale: maggiore standardizzazione dei processi, oggettivizzazione e tracciabilità delle decisioni, requisiti di disclosure molto stringenti, anche in ottica di protezione del consumatore. Una banca, quindi, ha meno margini di discrezionalità, eroga il credito sulla base della capacità di rimborso del debito dimostrata da processi formalizzati e dati oggettivi. Da un lato, si riappropria del suo ruolo di fornitore di capitale di debito (e non di quasi-equity remunerata come debito); dall'altro, necessariamente lascia uno spazio per forme di finanziamento più orientate all'equity a operatori specializzati, che però ancora non hanno una presenza sul mercato sufficiente a sostituire le banche su questo segmento di attività. Oltretutto, il tessuto industriale costituito da piccole e micro imprese a conduzione familiare mal si presta all'entrata di operatori nel capitale.
Sul fronte delle imprese, questo cosa comporta?
Anche per le imprese, soprattutto quelle piccole e micro, il rapporto con la banca cambierà. Sarà richiesta una relazione basata su numeriche oggettive, comprovate, affidabili. La conoscenza dei referenti territoriali e la vicinanza non basteranno più. Questo processo, già avviato e in larga parte completato per le banche che adottano modelli interni a fini regolamentari, si estenderà progressivamente a tutte le banche interessate dalla normativa dell'Eba, anche se continueranno ad adottare modelli di valutazione gestionali non utilizzabili a fini regolamentari. Può sembrare banale, ma la regolamentazione sui processi può essere molto più impattante di quella sui modelli.
L'innovazione digitale sta portando forti cambiamenti in tutti gli ambiti del business. Quanto e come è entrata nei processi del credito? Quali sono i principali cambiamenti portati?
Nella maggioranza dei casi, quando si parla di digitalizzazione si fa riferimento ai processi commerciali che impattano direttamente sul cliente finale attraverso strumenti tecnologici. Sicuramente questo è l'aspetto più evidente, ma è solo uno degli ambiti possibili, che si esprime in logica B2C. Esiste una digitalizzazione B2B, ovvero tra aziende, o fra banca e azienda, che può aumentare non solo l'efficienza ma anche il livello di controllo dei processi e un'innovazione dei processi operativi. Il che implica, per stare agli aspetti più semplici, la smaterializzazione dei documenti cartacei, l'archiviazione su file, la lettura ottica e l’interpretazione degli stessi in modo automatico, compresi il reperimento delle informazioni e i relativi controlli. A livello più evoluto, possiamo pensare a un'attività di enabling che il processo di digitalizzazione può consentire rispetto all'uso di tecniche di analisi avanzate, dagli advanced analytics all'intelligenza artificiale. Oggi abbiamo la potenza elaborativa e la tecnologia, quello che ci manca è la fruibilità dei dati, soprattutto quelli destrutturati che consentono di intercettare per tempo i segnali deboli che possono essere individuati solo tramite sistemi euristici. Tornando agli impatti normativi, i requisiti in termini di reperimento, analisi e archiviazione dei documenti non potranno che spingere verso una maggiore "interazione digitale" tra banca e cliente e nei processi operativi della banca. Questo sarà sicuramente una sfida anche lato debitore.
In un contesto europeo non facile (tassi negativi, ecc.), quali sono i punti di forza del sistema italiano, le basi per costruire possibili percorsi di crescita?
Le banche italiane sono a prevalente operatività creditizia che, dato il tessuto industriale tipico, si rivolge a medie ma molto spesso a piccole/micro imprese. La tradizionale forza del settore bancario italiano è stata la vicinanza al territorio, ai clienti e la capacità di "leggere" la solvibilità della controparte creditizia oltre gli aspetti meramente numerici, spesso limitati nella quantità e poco affidabili nella qualità. Questa capacità non ha sempre rappresentato un plus, ma ha sicuramente consentito alle banche di supportare in modo efficace le imprese nei territori di riferimento, aiutandole nei momenti di crisi e, a volte, sopportando le loro perdite, che altrimenti sarebbero state sostenute dalle imprese stesse con ricadute sull'economia reale e di conseguenza sull’occupazione. La progressiva oggettivizzazione e, quindi, spersonalizzazione del processo di concessione e monitoraggio del credito imporranno nuovi paradigmi non solo alle banche ma soprattutto alle imprese, che dovranno prestare molta più attenzione a una rappresentazione quali-quantitativa del proprio business capace di sposare al meglio i requisiti normativi delle banche. È un percorso di convergenza che, se nel breve periodo può risultare oneroso, nel medio periodo contribuirà a una maggiore trasparenza nelle relazioni banca-impresa e nei confronti del mercato dei potenziali investitori, anche di capitale e non solo di debito.