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07 Dicembre 2024 / 15:34
Blockchain, voglia di concretezza

 
Scenari

Blockchain, voglia di concretezza

di Flavio Padovan - 21 Gennaio 2020
Il numero dei progetti è in continua crescita: nel 2019 sono aumentati del 56% a livello mondiale, ma sono ancora pochi quelli operativi. Il mondo bancario e finanziario si conferma il più attivo, seguito dalla PA e dall'agro-alimentare. L'Italia è tra i Paesi più avanzati, ma per sbloccare le potenzialità dell'internet of value servono più investimenti e un contesto regolamentare definito e stabile. I dati dell'Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger descrivono un mercato prossimo al decollo, che le big tech sono pronte a cavalcare
Tanta attenzione, grandi potenzialità, pochi investimenti, pochissime applicazioni concrete. Con il mondo bancario e finanziario a trainare ancora il settore e l'Italia che spicca in Europa subito dopo Uk, anche se i Paesi più attivi sono Stati Uniti, Corea del Sud e Cina. Questa la fotografia del mercato della blockchain e della distributed ledger che emerge dal secondo rapporto che l'Osservatorio della School of Management del Politecnico di Milano dedicato a queste tecnologie ha presentato a Milano. Molti gli spunti interessanti evidenziati dal team di analisti guidati dai due co-direttori Valeria Portale e Francesco Bruschi. Vediamo i principali.

Cresce l'interesse

Non c'è dubbio che il 2019 è stato l’anno della conferma dell’importanza di blockchain e distributed ledger. Nessuno mette più in discussione che queste tecnologie possano essere socialmente ed economicamente rivoluzionarie al pari di Internet. Grandi aziende hanno avviato progetti di innovazione così come governi e istituzioni pubbliche hanno iniziato a investirci, tanto “stablecoin” e altri termini finora relegati al mondo degli sviluppatori sono entrati nel lessico politico ed economico internazionale. Le “big tech” non sono state a guardare: e se l'ingresso di Facebook con il progetto Libra (il cui lancio è previsto entro il 2020) ha avuto un grande riscontro mediatico, il meno conosciuto TON di Telegram promette “scambi di valore” tra i 240 milioni di utenti dell’app di messaggistica. Ma si sono mosse anche Amazon, Microsoft e Alibaba con applicazioni “blockchain as a service”. Iniziative che aiuteranno a diffondere l'utilizzo di soluzioni basate su questa tecnologia tra il grande pubblico, sia per l'alto numero di utenti potenziali che possono coinvolgere, sia per l'attenzione alla user experience che è un tratto caratteristico della loro offerta. Peraltro su Libra e TON sarà possibile realizzare anche smart contract e dApp (app decentralizzate) abilitando l’utilizzo di token.

Applicazioni, un decollo lento

Il numero di applicazioni basate su tecnologie blockchain e distributed ledger annunciate da aziende in tutto il mondo è ancora estremamente limitato: solo 1.045 negli ultimi 4 anni. Nel 2019 sono stati avviati 488 progetti, con un incremento percentualmente sicuramente interessante (+56% rispetto all'anno precedente), ma di questi solo 158 sono implementativi e addirittura appena 47 quelli operativi. Gli altri sono allo stadio di annunci. Non cambia molto se guardiamo i dati dell'ultimo quadriennio: con 375 progetti implementativi, 69 operativi e 670 annunci. Insomma, nonostante la maggiore consapevolezza, il mercato è ancora concentrato sulla creazione di nuove piattaforme - che richiedono mesi o anni per passare al progetto operativo, ricorda Valeria Portale - e non sullo sviluppo di applicazioni concrete. Un ritardo dovuto anche a una tecnologia non ancora pienamente matura e a una regolamentazione frammentata e non ben definita.

Finanza ancora leader

Il mondo bancario e finanziario risulta ancora quello più interessato alle potenzialità di questa tecnologia e anche quello più concreto, con 67 progetti implementativi. Seguono le Pubbliche Amministrazioni, con 25, l'agro-alimentare con 15 e la logistica con 11. Analizzando gli ambiti applicativi, 44 riguardano i pagamenti, 42 la gestione documentale e 31 la supply chain. Nella maggioranza dei casi - il 65%, sottolinea l'indagine - le aziende hanno creato nuove piattaforme, piuttosto che utilizzare quelle esistenti.
Tra i progetti più importanti c'è sicuramente Spunta Banca Dlt, promosso da ABI e coordinato da ABI Lab, su cui è alta l'attenzione anche a livello internazionale. Ebbene, il progetto – che vede coinvolti anche Ntt Data, Sia e R3 - superando tutti i limiti di una tecnologia ancora in sviluppo, il primo marzo andrà in produzione in un primo gruppo di 20 banche, per poi proseguire con altre due wave. Entro ottobre le banche italiane avranno la prima blockchain di settore, che consentirà loro di accelerare lo sviluppo di nuove applicazioni, ponendosi all'avanguardia.

Italia in prima linea

Stati Uniti, Corea del Sud e Cina sono i Paesi più attivi, rispettivamente con 53, 31 e 29 casi censiti. Ma – sorpresa – l'Italia con 16 progetti è in ottima posizione in questa rivoluzione. In Europa è addirittura seconda dopo il Regno Unito, con un solo progetto censito in meno. Ma per mantenere una posizione strategica servono più investimenti. Lo scorso anno hanno raggiunto i 30 milioni di euro, con un incremento del 100% rispetto al 2018, ma sono ancora pochi se confrontati con il totale degli investimenti in ricerca e innovazione. Nel nostro Paese oltre il 40% della spesa si concentra nella finanza e nelle assicurazioni, ma è molto attivo anche l’ambito supply chain e tracciabilità di prodotto, in particolare nell’agro-alimentare che, sommando i vari settori in cui è applicato, vale il 30% degli investimenti, e la Pubblica Amministrazione.

Imprese in ritardo

Complessivamente, però, le imprese sono ancora lontane da una piena consapevolezza delle potenzialità di questa tecnologia: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI conoscono le possibili applicazioni di blockchain e distributed ledger, appena il 12% delle grandi e il 3% delle medio-piccole pensano che impatteranno sul proprio business nei prossimi cinque anni. E nelle applicazioni concrete siamo all’inizio: meno del 2% delle grandi aziende e dell’1% delle piccole-medie ad oggi ha già avviato dei progetti.
Il basso numero di progetti operativi in Italia – spiega l'Osservatorio - non è da imputare solamente a una mancanza di fiducia nelle tecnologie, ma anche alle scarse conoscenze, competenze e limitate risorse allocate per la gestione di progetti che richiedono alta complessità. Da un’indagine su 75 grandi aziende italiane con qualche esperienza su queste tecnologie emerge che il 52% ha sviluppato una visione strategica, conoscendo la tecnologia e comprendendo la portata rivoluzionaria, ma solo il 9% ha già definito persone e risorse economiche. Il 45% ha attivato sperimentazioni o progetti operativi, mentre il 55% non ha ancora realizzato nulla: le principali barriere all’adozione riscontrate da chi non ha implementato progetti sono le difficoltà a individuare i benefici, sviluppare delle competenze e allocare risorse.
Viceversa, i principali benefici riscontrati dalle grandi aziende che hanno già progetti (34) sono il migliore rapporto con partner e fornitori per condividere informazioni (evidenziato dal 35%), la riduzione di frodi e manipolazione dati (29%) e una migliore riconciliazione di dati e pagamenti (29%). Poi vengono la maggiore fiducia verso partner e fornitori (26%), una maggior fiducia da parte dei clienti (26%) e l’automatizzazione dei processi (26%). Nell’avvio dei progetti di Blockchain e Distributed Ledger risulta fondamentale il ruolo del top management che spesso è principale promotore delle sperimentazioni (è così nel 69% dei casi). Le sperimentazioni però poi sono tendenzialmente portate avanti da unità di innovazione con il supporto dei sistemi informativi, con un ruolo importante del marketing.

European Blockchain Service Infrastructure

Tra le iniziative delle istituzioni pubbliche, l'Osservatorio segnala l'importanza dell'attività dell'European Blockchain Partnership. Portata avanti da 28 Paesi UE, tra cui l'Italia, e da Norvegia e Liechtenstein, ha l'obiettivo di orchestrare il lancio della European Blockchain Services Infrastructure (EBSI). Questa infrastruttura permetterà di utilizzare più protocolli blockchain e avrà lo scopo di supportare la realizzazione di molteplici applicazioni a livello europeo. Gli ambiti applicativi per i quali verrà utilizzata l’infrastruttura saranno inizialmente quattro: la notarizzazione, per creare percorsi di audit digitali affidabili, automatizzare i controlli di conformità e dimostrare l’integrità dei dati; la gestioni dei titoli di studio, per dare ai cittadini il controllo delle proprie “credenziali educative”; il Self Sovereign Identity, per consentire ai cittadini europei di creare e controllare la propria identità in modo più flessibile, autonomo ed interoperabile; nella condivisione affidabile di dati tra le autorità doganali e fiscali all’interno dell’Unione Europea. La possibilità di utilizzare un’infrastruttura a livello europeo con standard ben definiti potrà accelerare la diffusione di tecnologie blockchain e distributed ledger, favorendo la nascita di ulteriori use case da poter implementare.

Verso la finanza decentralizzata

“Per il pieno sviluppo delle tecnologie Blockchain e Distributed Ledger, in modo che possano davvero sbloccare l’‘Internet of Value’, nel prossimo futuro è necessario innanzitutto chiarire il contesto regolamentale, che attualmente è frammentato e non uniforme”, sottolinea Francesco Bruschi. Per il co-direttore dell'Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger si osserverà lo sviluppo e il consolidamento delle piattaforme, anche razionalizzando quelle esistenti e migliorandone l’interoperabilità. Infine, bisogna creare nuove applicazioni, focalizzandosi su quelle in grado di creare benefici concreti e reali. “Nel 2020 ci attendiamo un ulteriore sviluppo in particolare nell’ambito della ‘finanza decentralizzata’, con prodotti finanziari realizzati tramite protocolli sicuri e trasparenti senza intermediari, nella ‘Self Sovereign Identity’, che consente di dare singoli individui strumenti di controllo dell’identità digitale, e di nuovi sistemi monetari, per cui forse potremo assistere alle prime valute digitali emesse da banche centrali”, conclude Bruschi.
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