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29 Marzo 2024 / 01:49
Pagamenti digitali, banco di prova per il futuro
Pagamenti digitali, banco di prova per il futuro
Stefano Quintarelli, presidente del Comitato di indirizzo dell'Agenzia per l'Italia Digitale e autore del libro "Costruire il domani”, immagina il futuro delle banche e il ruolo dei pagamenti digitali nella metamorfosi dell'economia italiana. E sottolinea: "Il Salone dei Pagamenti potrebbe essere un'occasione importante per affrontare un tema chiave, quello della semplificazione normativa per le nuove imprese” …
Il futuro non va indovinato, va immaginato. Ed è fatto di strade che ci vengono incontro. Ma non sono sentieri già battuti, ma varchi che si aprono, forme che si tracciano, dati disseminati su pattern che s'intrecciano col presente e ancora tutti da rintracciare. E come diceva Goethe, la cosa più difficile di tutte è quella di vedere con gli occhi ciò che davanti agli occhi sta. Lo ricorda Stefano Quintarelli nel suo ultimo libro, " Costruire il domani ”, pubblicato ad aprile e di cui sta già preparando una nuova edizione necessaria per stare al passo con la velocità dell'evoluzione digitale.
Quintarelli, uomo di scienza e imprenditore, è anche deputato e presidente del Comitato di indirizzo dell'Agenzia per l'Italia Digitale. Lo abbiamo incontrato per capire come vede il futuro delle banche e quale ruolo hanno i pagamenti digitali nella transizione dell'Italia verso l'economia immateriale.
"Le banche non moriranno – afferma Quintarelli - ma dovranno cambiare molto e rapidamente per continuare ad avere un ruolo di rilievo anche nel nuovo scenario dell'economia digitale. Ed è una metamorfosi inevitabile, perché nasceranno sempre più imprese in grado di utilizzare al meglio le tecnologie per svolgere singole attività che oggi rientrano del perimetro delle banche, e lo faranno in modo più efficiente, veloce e meno costoso. E che magari poi la banca continuerà a distribuire. E' un processo di efficentamento a livello di sistema che ha già toccato altri settori e che si sta realizzando in tempi molto rapidi”.
Il cambiamento sarà veloce anche nel settore bancario?
Quello bancario è un settore regolamentato e quindi la transizione inizialmente può sembrare meno accentuata, ma sta già avvenendo. Pensiamo alla PSD2: darà un'accelerazione incredibile e creerà molte opportunità perché nasceranno numerosi servizi innovativi, grande fermento e nuovi attori. Certo, chi continuerà a fare le cose come in passato è destinato a soffrire e a perdere occupazione. Inoltre, per le banche c'è il rischio della "Booking-zazione”, cioè dell'affermarsi di nuovi aggregatori come avvenuto nel mondo turistico e alberghiero. C'è uno spazio enorme per l'innovazione, ma disruptive e quindi per gli operatori legati al passato sarà molto pericolosa.
E' una transizione che può essere governata?
No, se per governare si intende cercare di introdurre barriere artificiali per difendere un mercato che tende a ridursi in modo molto accentuato. Al contrario, tutte le aziende, e quindi anche le banche, devono cercare attivamente di "cannibalizzare se stesse” prima che lo faccia qualcun altro. E' necessario per restare sulla cresta dell'onda dell'innovazione. E' chiaro che la situazione è molto complicata, perché il futuro è già qui ma non è distribuito in un modo uniforme, come ha detto lo scrittore americano William Gibson. Io non entro in filiale almeno da 2 anni. Forse oggi non tutti sono come me, ma lo diventeranno presto. E le banche devono trasformarsi per riuscire a sopravvivere a questo e agli altri cambiamenti in atto. In questa transizione al digitale pensare di restare aggrappati al passato è controproducente. Il mondo è tutto un grande qui e adesso. Non dobbiamo cercare modi per difendere il mercato nazionale, dobbiamo sforzarci per creare le condizioni necessarie a conquistare altri mercati nel mondo. Non solo in Germania, ma anche in Brasile o in Angola. E' nostro interesse incentivare la disruption per cercare di andare a cogliere nuove opportunità. Altrimenti siamo destinati a perdere l'occupazione legata alle vecchie attività senza compensarla con quella collegata con la trasformazione digitale. Non possiamo sacrificare il futuro per tutelare un passato che non è più difendibile.
Per le banche i pagamenti sono un campo di prova della metamorfosi che devono compiere?
Assolutamente sì. I pagamenti stanno cambiando radicalmente e siamo vicini al cosiddetto "tipping point”, il punto di non ritorno in cui l'accelerazione sarà esponenziale. E quando accadrà sarà troppo tardi per reagire. E' necessario anticipare il processo. Temo che sia ancora troppo diffusa l'idea che le cose possano andare avanti come ora ancora per molto. C'è una barriera culturale da abbattere e che è molto evidente nel mondo quotidiano, ad esempio quando si acquista nei bar e si cerca di pagare una corsa in taxi con la carta. Barriera alimentata anche da una scarsa considerazione del costo-opportunità legato al rifiuto della moneta elettronica. Dobbiamo riuscire a superarla rapidamente
Nel libro fa riferimento anche a un "disagio verso l'immateriale” per dare una spiegazione al poco uso della moneta elettronica in Italia...
Il ritardo culturale è una componente rilevante della mancata diffusione dell'uso della moneta elettronica. L'immateriale non è facile da percepire, siamo abituati a toccare le cose, ad averle fisicamente tra le mani. Ma anche questo è destinato a cambiare in maniera rapidissima. In altri Paesi è già avvenuto. Qualcuno in Italia sarà colto di sorpresa della diffusione che avranno anche i pagamenti digitali, ma è un processo esponenziale che è già partito e che andrà sempre più velocemente.
Qual è il ruolo che può svolgere la politica per realizzare la transizione al digitale a livello di sistema?
Il mondo politico dovrebbe essere in grado di capire l'oggi e di avere un'idea di futuro per cercare di orientarlo con scelte concrete. Invece stiamo solamente reagendo ai cambiamenti che il futuro – che in realtà è già oggi – impone al passato. Svolgendo il mio incarico alla Camera mi sono reso conto che i parlamentari fanno fatica a interpretare le trasformazioni in atto e come sta cambiando rapidamente il mondo. Per questo ho regalato una copia del mio libro a ciascun deputato e senatore. Avevo in mente proprio loro come target principale di lettori quando ho iniziato a scriverlo. Vent'anni fa le principali aziende per capitalizzazione erano quelle petrolifere e la General Electric, oggi sono tutte aziende informatiche. E' la tecnologia digitale che adesso governa il mondo e non è possibile continuare a fare leggi continuando ad avere come riferimento una realtà che non esiste più. Ed è emblematico della necessità di fare cultura digitale il fatto che un senatore, a cui ho regalato il libro che parla di digitale ed economia immateriale, per ringraziarmi non ha usato una mail, ma mi ha inviato un plico cartaceo trasportato da un motociclista, che è il modo che hanno le due Camere per scambiarsi i documenti urgenti. Però non è solo la politica in ritardo, in generale è una larga parte delle organizzazioni che guidano il Paese a non avere pienamente la consapevolezza della realtà che viviamo e dell'urgenza delle sfide che ci pone oggi il futuro.
Per diffondere la cultura dei pagamenti digitali l'ABI sta preparando il Salone dei Pagamenti. La ritiene un'iniziativa utile? E quali sono i temi che, a suo avviso, andrebbero affrontati in un evento dedicato ai sistemi di pagamento che vede per la prima volta insieme grande pubblico, imprese, professionisti, banche, aziende e amministrazioni pubbliche?
E' senz'altro un ottimo modo di fare cultura e da questo punto di vista l'apertura gratuita al pubblico e le iniziative per le scuole sono sicuramente meritevoli. Molto positiva anche l'attenzione al mondo delle start-up e delle fintech. A questo proposito il Salone dei Pagamenti potrebbe essere un'occasione importante per affrontare un tema chiave, quello della semplificazione normativa per le nuove imprese. In Gran Bretagna il primo ministro ha nominato un "Fintech Ambassador” per gestire le relazioni con le start-up e le fintech e facilitarne l'insediamento. E hanno definito anche una serie di normative incentivanti. Un approccio che insieme alla disponibilità di capitali e a un contesto giuridico più favorevole sta attraendo numerose imprese innovative. Dovremmo riuscire a fare lo stesso in Italia. Servono regole semplificate per le aziende che vogliono avviare attività innovative in Italia.
Le fintech possono essere partner strategici per le banche?
Sì, se entriamo nella logica per cui un'azienda deve cannibalizzare se stessa per continuare ad essere innovativa. Le fintech stravolgono parti del business e costringono a ridisegnarlo. Il mondo va in questa direzione. La scelta è se deve essere un'azienda che ha sede a Londra o Berlino, oppure a Milano. Se riusciamo a farla nascere in Italia partecipiamo a un ecosistema che contaminerà tutta l'economia, stimolerà altre iniziative, ci farà vivere prima il futuro. Con benefici per tutti.
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