La PA alla sfida della cittadinanza digitale
di Mattia Schieppati
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8 Novembre 2019
Dagli organismi di Governo al più piccolo dei comuni, la filiera che può portare a una reale digitalizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini è ormai strutturata. Ora la vera sfida: fare del digitale lo strumento per cambiare la mentalità con cui la PA pensa se stessa e il suo ruolo nei confronti dei cittadini. L’avvio della terza giornata del Salone mette sul tavolo lo scenario di una smart citizenship. Che parte dai pagamenti …
Salone dopo Salone, qualcosa – anzi, molto più di qualcosa – si muove. È questa la sensazione che emerge fin da subito dalla sessione dal titolo Pagamenti, imprese, cittadini: verso una Pubblica Amministrazione davvero digitale, che apre la terza giornata del Salone dei Pagamenti e porta il baricentro del dibattito sul tema chiave per la reale digitalizzazione del Paese, ovvero rendere smart i canali di dialogo tra cittadini e realtà pubbliche. A partire dai pagamenti.
Un percorso che il Salone ha seguito fin dalla sua prima edizione, diventando il luogo in cui rappresentanti delle pubbliche amministrazioni, banche, aziende dei pagamenti e player tecnologici si ritrovano «per fare il punto della situazione, per capire dove siamo arrivati e dove vogliamo e possiamo andare», come osserva introducendo il dibattito Carlo Mochi Sismondi, presidente di Forum PA, «consapevoli del fatto che un anno, quando si parla di tecnologia, è un lasso di tempo pesante».
Presentando gli ospiti, Mochi Sismondi elenca i motivi per cui «al di là dei soliti luoghi comuni, ci sono tanti dati di fatto che ci consentono di essere ottimisti. Abbiamo finalmente un ministro per l’Innovazione; c’è un Dipartimento alla Presidenza del Consiglio strutturato per mettere ordine nel “manicomio” dell’innovazione nella PA; c’è un’Agenzia per il Digitale che ha compiti specifici. Abbiamo finalmente insomma una linea di comando chiara, una filiera razionale e istituzionalmente corretta che può davvero farci fare il salto. Non solo: per la prima volta forse nella storia della Repubblica avremo un ricambio generazionale importante nella PA, 4-500mila persone nuove e giovani che entrano nel sistema, con nuovi profili e competenze professionali, nuove forze e nuovi entusiasmi. Poi, abbiamo ancora 1,1 miliardi di fondi europei da impegnare nel prossimo anno».
Il campo da gioco, insomma, è tracciato. A fare da arbitro (ma anche da appassionato giocatore) in questo campo è Giuseppe Virgone, Ceo pagoPA, che apre i lavori con un keynote speech nel quale delinea il ruolo e il campo d’azione di pagoPA, soggetto ancora giovane («siamo e operiamo con lo spirito di una start-up», dice Vigone), ma soprattutto sottolinea la vision che deve guidare questo processo. Ed è una vision aperta e collaborativa, che sposta l’asse dalla “semplice” digitalizzazione della PA alla digitalizzazione dei cittadini, a quell’obiettivo ultimo – e ancora lontano – di arrivare a una vera cittadinanza digitale.
«La trasformazione digitale non si fa con una legge, e non si fa attraverso il Governo, ma è possibile solo se si struttura un ecosistema di soggetti che partecipano ai servizi, le banche, Poste, i sistemi di pagamento. pagoPA è uno degli elementi di questo ecosistema, che ha il compito di fare da piattaforma comune per tutti, da abilitatore, deve stimolare tutti i player che entrano in questo mondo a portare e condividere innovazione. La vera trasformazione digitale si fa mettendo a disposizione dei cittadini servizi semplici, efficaci, utili». Un soggetto che si pone al centro di un crocevia di relazioni win-win. Vince lo Stato, vincono i cittadini, vincono i Psp, vincono le banche. Non solo belle speranze, ma anche significativi numeri a supporto: nel 2016 sono state effettuate 900 mila transazioni, nel 2019 oltre 41 milioni di transazioni (per un totale di 6,48 miliardi di incasso quest’anno), che nelle proiezioni diventeranno 100 milioni nel 2020.
Le esperienze che animano il dibattito dimostrano come i diversi attori di questa filiera della cittadinanza digitale ci credano, e siano disponibili nel far cadere le barriere della competizione promuovendo insieme questo importante fine comune, di crescita del “sistema”. Roberta Gobbi (Sia) parte dal basso, dal punto di vista del cittadino, per confermare questa sensazione di bicchiere mezzo pieno. «Il lavoro fatto nell’ambito dei trasporti pubblici, a Milano e a Roma, con i sistemi di pagamento Tap&Go ai tornelli della metropolitana, è un piccolo esempio di come, quando dai un servizio davvero efficace e migliorativo, i cittadini lo sposano e soprattutto lo usano. Si comprende il valore della cittadinanza digitale se la si può usare tutti i giorni, non se diventa un pezzettino in più di burocrazia». Certo, all’inizio bisogna vincere qualche resistenza, e non farsi frenare dalle resistenze: «A un certo punto serve un momento di rottura, bisogna decidere con coraggio e responsabilità di fare uno switch-off dall’analogico al digitale; identificando magari delle killer application, scegliendo di procedere per gradi, non tutto insieme e subito, perché altrimenti passiamo dalla realtà al libro dei sogni, e non è utile a nessuno».
Gli esempi di applicazione pratica di cittadinanza digitale già in atto sono numerosi anche nell’intervento di Maria Luisa Graziano (Intesa Sanpaolo), che conferma come «il punto della situazione che facciamo oggi sulla digitalizzazione della PA è assolutamente positivo. Noi abbiamo ampliato i canali e le possibilità di accesso per i cittadini, e la conferma della positività deriva dai volumi gestiti da Intesa Sanpaolo, decisamente aumentati: erano 2 milioni lo scorso anno, oggi siamo a 8 milioni e prevediamo di arrivare a 13 milioni con l’introduzione per esempio di soluzioni per le flotte aziendali, per le pratiche del Pra, per il pagamento del bollo auto. Velocizzare i tempi di esecuzione, semplificare le operazioni: la strada per sviluppare servizi è questa, non ci sono altre possibilità».
Un’attenzione alla forza inclusiva della digitalizzazione dei rapporti tra cittadini e PA guida l’attività di PostePay «con un’attenzione estrema alla collaborazione, al fare sistema, che mi pare davvero sia lo spirito che anima tutti i player che si sono seduti al tavolo di pagoPA per farla nascere e crescere”, spiega Alberto Scaduto (PostePay). «Siamo entrati come Psp nella nuova pagoPA, portando in dote la sua focalizzazione sui pagamenti digitali, che significa guardare al domani di pagamenti e incassi con un'ottica diversa rispetto a quella che era la visione del passato di Poste Italiane, con estrema attenzione agli scenari non solo normativi, ma anche del mercato, dei cittadini. Vogliamo essere aperti, rapidi nel time to market, e questo è possibile grazie alle opportunità aperte dalla Psd2. Lo sforzo è quello di ridurre tutti gli elementi di complessità nell’esperienza di fruizione dei nostri clienti e dei cittadini».
Marco Torri (Nexi), senza stemperare l’idea del bicchiere mezzo pieno, per dare conto di quello che è il sostanziale punto di partenza di questo percorso ricorda che «l’indice di digitalizzazione dell’economia e della società stilato dalla Ue mette l’Italia al 24esimo posto su 28 Paesi. E sempre i dati ci dicono che c’è una correlazione stretta e diretta tra il grado di diffusione dei pagamenti digitali e la digitalizzazione della società. pagoPA è effettivamente un caso di successo, e può essere davvero lo strumento che può portare alla riduzione di quel gap, portando la digitalizzazione dello Stato a misura di cittadino, e viceversa». Guardando avanti, Torri osserva come «la crescita di pagoPA è stata trainata dall’adesione di grandi amministrazioni o di grandi realtà, come per esempio Aci. Ma la vera sfida è portare su pagoPA i comuni, le scuole, le amministrazioni locali. È una sfida che riguarda tutti, la PA, i player - che operano come operatori di sistema - le banche tesoriere, i partner tecnologici che lavorano per la pubblica amministrazione, che devono vedere l’interoperabilità della PA come un’opportunità. L’obiettivo comune deve essere quello di creare un ecosistema dei pagamenti, che porti efficienza nella PA; non solo per far pagare in maniera più pratica e veloce il cittadino, ma anche perché la digitalizzazione operi lato back-end, facendo diventare più efficienti i processi interni della PA».