Fintech District: due anni che fanno la differenza
di Mattia Schieppati
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8 Ottobre 2019
Una community di 120 aziende innovative, 8 corporate member, un collegamento efficace con i grandi hub europei e globali. L’iniziativa lanciata nel 2017 a Milano da Fabrick e promossa dal Gruppo Sella celebra il suo secondo compleanno confermandosi un polo di attrazione nel panorama del Fintech europeo
«L’unico modo per partire davvero è stato mettere un punto fermo. Ci siamo detti: a settembre iniziamo. Avevamo un’idea in testa – anzi, qualcosa più di un’idea – e non importa se poi, strada facendo, affrontando le questioni una alla volta, quell’idea è cambiata, è evoluta. A settembre, Fintech District è diventato realtà». Una storia riassunta in meno di un minuto. Il “settembre” cui Paolo Zaccardi, Ceo di Fabrick, il primo attore nato in Italia con l’obiettivo di favorire l’open banking e al quale il Fintech District fa riferimento, è quello di due anni fa, quando il District ha aperto le sue porte e ha iniziato a essere una calamita per il mondo del Fintech italiano e, praticamente da subito, anche internazionale.
A due anni da quel big bang l’energia che si respira nel building milanese di via Sassetti, quartiere Isola, sede del District, è ancora forte e generatrice di idee, pensieri, spunti, incroci che spesso in partenza sembrano inutili, o casuali, e invece poi qualcosa finiscono per produrre.
La vera forza dell’esperimento, tastando il polso delle persone che qui lavorano, degli startupper che hanno messo su casa qui, dei corporate member che credono nell’iniziativa, sta proprio in questa commistione organica: “in due anni ho usato talmente tante volte la parola ecosistema che ho deciso di toglierla da tutte le mie slide”, scherza Zaccardi, “ma in effetti il District questo voleva essere e questo è: un ecosistema che genera altri ecosistemi”.
Una galassia a 360 gradi
Che il meccanismo funzioni lo dimostrano i numeri esposti con chiarezza anglosassone (esperienza in Uk, e si sente) da Alessandro Longoni, Head of Fintech District: oggi sono 120 le aziende fintech che hanno aderito alla Community (erano 32 in quel settembre 2017 che sembra lontano mille anni) che coprono praticamente tutti i settori chiave di sviluppo dell’innovazione finanziaria: smart payments & money transfers (22), lending & solutions for credit (21), wealth mangement & solutions for financial markets (19), equity & reward crowdfunding (13), insurtech (10), neo banks (5), personal finance management (4), invoice & tax management (4), cybersecurity (4), regulatory technology (3), chatbot (2), altro (14). Dato importantissimo: il 96% di queste aziende ha progetti di espansione in mercati europei.
“Le attività che hanno caratterizzato i nostri primi due anni di vita sono davvero tante”, osserva Longoni, “e le conoscenze, nonché l’energia, sprigionate dalle decine e decine di incontri, eventi e opportunità di business definitesi all’interno della Community, ci confermano la forza del progetto. Il 2019, in particolare, è l’anno in cui si è manifestata in modo sempre più evidente l’importanza di portare una proposition nuova sul mercato italiano e un approccio internazionale la cui bontà è provata dagli 8 corporate member che ci hanno già dato fiducia (Cerved, Crif, Axa, Société Générale, Ibm, Royal Bank of Canada, Ernst & Young e Boston Consulting Group). Sempre con un’attenzione oltre confine: nei prossimi mesi porteremo
Level39 a Milano a spiegare come vengono valutate le start-up nel mercato inglese. E poi ad ottobre parte, in partnership con 9 hub europei, l’
European Fintech Discovery Program che consentirà a una azienda interessata di visitare più di 1.500 aziende Fintech. Per i membri della community ci sarà anche la possibilità di entrare in contatto con l’
ecosistema americano, a San Francisco,
e cinese. Abbiamo in serbo altri progetti per il 2020 tra cui un lavoro rivolto ai venture capital per attrarre investimenti in Italia e attività di collaborazione con le istituzioni come il
Comune di Milano».
Il ruolo di Milano
Milano è appunto un altro ingrediente fondamentale di questo ecosistema. La forza di attrazione della città per tutta quella che è la galassia dell’innovazione è ormai un fatto acclarato. «Londra è su un altro pianeta, Parigi sta facendo un ottimo lavoro, ma possiamo dire che Milano ormai è una città che può ben stare in questa triade di punti di riferimento nell’ambito dell’innovazione legata al Fintech», conferma Zaccardi.
Pietro Sella: “Abbiamo chiare le regole del gioco”
“Il Fintech District è la dimostrazione che una via italiana all’innovazione può essere non solo pensata, ma anche realizzata”, dice Pietro Sella, Ceo del Gruppo Sella: “La mentorship è un elemento chiave dell'innovazione ed è un orizzonte in cui bisogna investire, così come bisogna credere nella meritocrazia e nella valorizzazione del talento. Quel che abbiamo fatto con il Fintech District è darci questa prospettiva, accettare la contaminazione, e porre le basi per poter consentire alle aziende innovative di fare scale-up, perché è su questo che si misura la differenza. Altro compito, che ci ridiamo in occasione di questo compleanno, è diventare ancora di più uno strumento capace di mettere in collegamento il nostro tessuto di startupper con i capitali che vengono dall’estero. Noi siamo estremamente ottimisti e non solo per i numeri che abbiamo realizzato fino ad ora. Ma perché sappiamo che gli italiani magari sembrano lenti e distratti, alla partenza, ma quando poi capiscono le regole del gioco, non li ferma nessuno”.
Il Fintech porta valore alle banche
La serata di presentazione dei risultati di due anni di intensa attività è stata l’occasione per misurare il valore e le prospettive di sviluppo del comparto Fintech, grazie all’anticipazione di uno studio condotto dall’Osservatorio Fintech & Insurtech del Politecnico di Milano. Un’indagine che mette in relazione il mondo esplosivo delle nuove aziende digitali con il panorama degli incumbent, le banche tradizionali, e analizza la «capacità di relazione» che si è instaurata nello scenario italiano tra questi due mondi. «L’essere parte di un ecosistema offre loro la scelta delle migliori collaborazioni, oggi fondamentale per il successo delle banche, la possibilità di sviluppare nuovi modelli di business, basati su un paradigma di open finance abilitati da Api e piattaforme, di utilizzare la tecnologia per soddisfare esigenze e necessità dei consumatori», sostiene Marco Giorgino, responsabile dell’Osservatorio. “Cogliere queste opportunità sarà necessario per affrontare perdite di ricavi attese entro il 2025 (fonte EY, 2019). La partnership con le Fintech permette l’incremento della produttività degli incumbent. E questo grazie a digitalizzazione e semplificazione delle procedure e delle operazioni interne, distribuzione digitale dei prodotti e dei servizi post-vendita, strumenti che aumentano il valore percepito dal cliente, quali piattaforme di consulenza. Appare quindi evidente come nuove dinamiche si stiano imponendo e quali vantaggi possano scaturire dall’open innovation che oggi non è più solo teoria ma una realtà concreta in grado di portare vantaggi a tutti gli attori coinvolti”.