Dal Salone dei Pagamenti un richiamo al «valore umano» dell'innovazione
di Mattia Schieppati
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6 Novembre 2019
Il ritorno alla cultura umanistica che sta alla base della tecnologia può far fare al nostro Paese il salto di qualità. Dalla sessione di apertura del Salone 2019 emerge una chiave di lettura positiva rispetto agli scenari di sviluppo dei sistemi di pagamento, attraverso un ripensamento delle sfide che l’era dell’intelligenza artificiale pone
La cultura italiana, nel grande mondo della tecnologia, può (e deve) fare la differenza. «Perché ha un’attenzione all’umano, una radice umanistica, che costituisce l’aspetto chiave per comprendere come disegnare il futuro dell’innovazione». Il messaggio che lancia Federico Faggin, da quarant’anni uno dei padri della rivoluzione tecnologica, aprendo la prima Sessione plenaria dell’edizione 2019 del Salone dei Pagamenti, è un inno al saper fare italiano. Quell’attenzione alla dimensione umana «al cervello, al cuore, alla pancia» che oggi è tornata al centro della riflessione sulla tecnologizzazione del mondo, e che fa stare l’Italia , come approccio mentale, «più avanti della Silicon Valley», dove Faggin vive e lavora fin dal 1968. «È se riconosciamo e valorizziamo queste radici che oggi possiamo dire davvero la nostra nel mondo dell’innovazione: la vita è completamente diversa da una macchina. Non siamo semplicemente una “macchina biologica”: la vita è quantistica, è sempre nuova e diversa in ogni momento. Dobbiamo essere capaci di usare l’intelligenza umana per sviluppare e guidare le nuove tecnologie basate sull’intelligenza artificiale, non delegare la nostra vita alle macchine»
La forza di «una possibile via italiana all’uso dell’intelligenza artificiale» è la sfida che coglie e rilancia dal palco del Salone Alessandra Perrazzelli, Vice Direttore Generale di Banca d’Italia, andando alla radice di quel che è il payment: «I pagamenti sono alla base della relazione umana, sono alla base dello scambio, fanno stare le persone insieme. Mi piace pensare che l’innovazione tecnologica sia un portato di questa centralità dei pagamenti nella vita delle persone». Certo, non ci può chiudere nell’umano, ma bisogna ogni giorno essere capaci di vivere e comprendere l’innovazione tecnologica. «Come Banca d’Italia vediamo l’esigenza di lavorare alla sistematizzazione di un’industria che ha bisogno di una fase di pulizia rispetto a una legacy del passato: è un momento di cambiamento accelerato. La normativa europea della Psd2 stiamo cominciando a capirla ora, a capire quali scenari apre per il futuro, e come questo mondo evolverà in una logica di piattaforma. Le norme con cui oggi abbiamo a che fare sono pensate per un mondo analogico, dove il cambiamento non era così repentino e non richiedeva una continua ricerca dal punto di vista normativo. Noi stiamo cercando non solo di interpretare le norme, ma di elaborare nuove norme, adatte al nuovo mondo».
«I pagamenti non possono essere nazionali, in un mondo globalizzato e interconnesso, sono aperti, frutto di una società aperta e complessa», sottolinea il Presidente dell’ABI, Antonio Patuelli nel suo intervento e tornando sul valore italiano in questo contesto: «Girando al Salone si vedono tanti stand e ciascuno contiene e racconta elevati livelli di ricerca scientifica, di investimenti e di concorrenza. Siamo di fronte a percorsi tutti diversi, vi è un grandissimo pluralismo competitivo nella ricerca, negli investimenti e nello sviluppo di questo particolare mondo dei servizi di pagamento». È a questo spirito che dobbiamo guardare, superando i tanti equivoci, anche recenti, che si incontrano nel dibattito pubblico italiano, osserva Patuelli. «Faccio un esempio: i Pos in Italia sono 3.200.000, su un totale area euro di 5.200.000. Significa che non sono le tecnologie che mancano o la loro diffusione. È l’abitudine ai pagamenti digitali che è un po’ carente, bisogna lavorare sulla cultura, oltre che sulla tecnologia. Le banche, da parte loro, sono l’avamposto privato più avanzato nella lotta contro “nerolandia”, in primis nella lotta al riciclaggio. Lo sviluppo dei sistemi di pagamento è un investimento sulla cultura della legalità, una sfida che deve vedere unito tutto il sistema Paese. All’interno di una sana competizione, di una concorrenza che ci fa crescere».
La prima tavola rotonda della mattinata, coordinata da Marco Ferrando, caporedattore Finanza e Mercati de Il Sole 24Ore, è andata a scavare tra le esperienze d’eccellenza che danno sostanza alla forza della via italiana ai pagamenti (ma non solo). Un dibattito che cala le idee in buone pratiche che le aziende sviluppano e mettono in campo ogni giorno.
Secondo Michele Centemero (Country Manager di Mastercard), «per far crescere la cultura dobbiamo portare le persone a conoscere e vivere i benefici del digital, alla comodità di prendere la metropolitana usando lo smartphone per far aprire il tornello. Sono queste le cose che vanno fatte, per portare davvero l’innovazione nella quotidianità, spingere i cittadini ad avere fiducia nei pagamenti, farli sentire parte di questa rivoluzione. Passare dalla smart city alla smart citizenship».
Il primo ambito nel quale il tema dei pagamenti digitali hanno avuto un ruolo strategico è l’e-commerce. «Le chiavi di lettura sono facilità, frictionless e sicurezza», conferma Roberto Liscia presidente di Netcomm: «il commercio digitale è il motore della trasformazione dell’industria, dello sforzo competitivo dei Paesi, e della crescita del Pil dei Paesi. La digitalizzazione del commercio trascina la trasformazione digitale di tutti i processi; è un fattore di sviluppo competitivo delle imprese, ma anche delle competenze. Il commercio digitale oggi in Italia è il 7% di quel che viene acquistato online e offline, e rappresenta il 65% della crescita delle vendite in Italia. Il pagamento è un elemento abilitante fondamentale di questo processo di crescita e la facilità dei pagamenti è determinante».
Prima di essere aziende che si occupano di pagamenti, i big del settore devono prendere consapevolezza di essere delle tech company. È questo il cambio di prospettiva che propone Enzo Quarenghi, Country Manager di Visa, sottolineando come Visa serva 3,5 miliardi di utenti e 55 milioni di esercizi, «ogni giorno creiamo comunicazione tra consumatori, imprese, merchant. Negli ultimi 5 anni abbiamo investito 5 miliardi di dollari nell'infrastruttura di rete. In primo luogo nella sicurezza. L’Italia è tra i paesi più terminalizzati e digitalizzati d’Europa, sul fronte dei pagamenti, eppure l’80% dei pagamenti viene ancora fatto in contanti», riporta a terra il tema Quarenghi. «Il Salone è l’occasione, ancora una volta, per riflettere sul fatto che non siamo ancora riusciti a spostare questo numero: continuiamo a vedere le file in autostrada al casello del cash, mentre quello del pagamento automatico è libero. Dobbiamo capire il perché di questa diffidenza nell’affrontare l’innovazione, dobbiamo rimuoverla prima di tutto noi operatori, e trasferire questa familiarità ai pagamenti digitali alle persone».
Altro tema rispetto al quale il Salone fa da anni il punto di sintesi è quello della centralità del cliente, del pagamento come esperienza. È il tema da cui parte l’intervento di Giovanni Speranza, vice-president di American Express. «Da anni stiamo investendo grandi energie nella convergenza dei servizi su mobile. È arrivato il tempo di guardare ai clienti secondo un approccio integrato, non “a silos”. Una persona è al mattino una partita Iva, e nel pomeriggio un papà che va al cinema con suo figlio. Dobbiamo essere capaci di leggere questa globalità dell’utente – attraverso e grazie alla possibilità di analisi dei big data – e tradurla in un’esperienza semplice. I clienti non guardano più alla carta di credito come strumento di pagamento, ma come a un enabler di esperienze. E questo è vero soprattutto rispetto alla fascia dei 30-40enni».
Una centralità quasi data per scontata da Alessandro Zollo, Ad e Dg di Bancomat: «Il Bancomat nasce per venire incontro a un’esigenza delle persone, il cliente per noi è al centro quindi per definizione e per storia. Lo sviluppo delle tecnologie ha consentito di accompagnare questo nostro Dna “rendendo il cliente sempre più libero”, come dice il nostro claim, libero di scegliere come pagare, e di farlo in semplicità. Anche attraverso un percorso di smaterializzazione delle carte che rappresenta la grande sfida dello scenario futuro».