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22 Dicembre 2024 / 01:39
Emozione, coraggio e impegno. Così il digitale cambia il marketing

 
Scenari

Emozione, coraggio e impegno. Così il digitale cambia il marketing

di Massimo Cerofolini - 11 Dicembre 2020
Al convegno #ilCliente dell'Abi, esperti, addetti alla comunicazione e responsabili delle banche raccontano come cambiano forme e linguaggi nell’era dei social network e della generazione Z. Dai video emotivi al cortometraggio poetico, dal bilancio finanziario illustrato dagli artisti all’educazione finanziaria su Twitch. E poi i podcast, il brand journalism, la coerenza tra ciò che si rappresenta e ciò che si è
Comunicati stampa e pubblicità. Pubblicità e comunicati stampa. Fino a qualche anno fa divulgare l’attività di un’azienda oscillava tra questi due poli. Chiacchiere e distintivo, sintetizza con autoironia un addetto ai lavori. Poi sono arrivati i social network e poco alla volta la rivoluzione digitale ha rovesciato il tavolo: le forme per promuovere l’impresa si sono moltiplicate, sparse nei mille rivoli della rete, hanno scelto linguaggi nuovi, informali, e soprattutto aggiunto al messaggio la direzione del ritorno. Non più monologhi autocelebrativi, dunque, ma conversazioni con l’esterno. A volte pure poco amichevoli.
Poi si sono aggiunte due cose: da una parte l’emergenza ambientale e il risveglio dell’impegno civico, coi suoi eroi della generazione Z a partire da Greta Thunberg; dall’altra la pandemia, con la sua drammatica urgenza sulla vita di tutti noi, in una crisi che è insieme economica, sanitaria e morale.  E così è apparso chiaro a tutti che una banca, un’assicurazione, un’azienda in generale, oggi, non può limitarsi a mettere in vetrina i propri prodotti e i propri servizi. Un’azienda oggi deve prima di tutto essere riconoscibile per il suo punto di vista sulle cose che le persone vivono ogni giorno. Prendere posizione, schierarsi, agire con risolutezza anche a costo di scontentare qualcuno. Ma perché questo non rimanga un’operazione di facciata, la cosa più importante è che il brand sia percepito come sincero. Capace di emozionare. Già. Ma come si crea un messaggio che emozioni?
È partito da questo punto interrogativo il panel Universo digital all’interno del convegno #ilCliente dell'Abi. “Mi fanno spesso questa domanda – esordisce Alice Siracusano, amministratore delegato di Luz, azienda nata sulle ceneri della gloriosa agenzia fotografica Grazia Neri e ora aperta ai nuovi linguaggi del web, con una serie di video dalla forte carica emotiva in cui monta le interviste spontanee di persone qualunque – e la mia risposta è sempre la stessa: ascoltare, ascoltare senza pregiudizi, senza aspettare di vedere confermate le idee iniziali. I nostri video, realizzati per grandi brand o per enti no profit, hanno un grosso impatto virale perché mettiamo insieme due elementi: la struttura della narrazione, che affonda le sue radici nella poetica di Aristotele o nelle teorie sul viaggio dell’eroe di Campbell, dentro cui collochiamo un inizio, uno sviluppo e una chiusura del racconto; e il lasciare le persone libere di raccontare i loro stati d’animo, appena sollecitati dalle nostre domande”. Fosse tutto qui, basterebbe seguire queste regolette per strappare i lucciconi a chi poi vede i video di Alice su internet (cercate su Google “Auguri a tutte le mamme da Galaxy S10” per avere un’idea della loro potenza). Ma l’ingrediente più importante, secondo Siracusano, è un altro: la coerenza. “Per rendere un’emozione genuina – spiega – bisogna garantire prima di tutto una comunanza sui valori al centro della storia, ad esempio la necessità di dedicare del tempo alle persone che amiamo o di rispettare il diverso, cose in cui tutti devono credere. E per tutti intendo tutti: la mia squadra, i tecnici, i fornitori. E ovviamente i committenti. L’intera catena deve sentirsi coinvolta nel progetto”. Inutile, per capirci, tentare la strada di un video con tematiche ambientali, se poi l’azienda non ha comportamenti corrispondenti. Esempi virtuosi nel campo finanziario? La carta bancomat realizzata in legno o con i derivati del mais. O l’eliminazione delle bottiglie di plastica alle macchinette negli uffici e nelle filiali sostituite da borracce brandizzate.
In questa ricerca di ascolto del reale c’è un precedente famoso e da cui c’è ancora tanto da imparare. Quello dei calendari Pirelli, una delle prime forme di pubblicità in cui il prodotto – uno pneumatico – si faceva da parte per lasciare spazio a foto di donne bellissime e poco vestite. Maurizio Abet, senior vice president communication and brand image di Pirelli mette le mani avanti: “Oggi quelle pose allusive griderebbero allo scandalo, e sarebbero giustamente bocciate, ma all’epoca formulavano un bisogno presente ma ancora inespresso della società, quello di una figura femminile diversa dal cliché della casalinga remissiva. Era uno spaccato del costume di allora, che guardava all’emancipazione delle donne. E infatti con gli anni le immagini del calendario hanno virato di segno, mantenendo però le antenne ben puntate sulla società in trasformazione. Ecco allora le foto di sportive di colore o di donne meno perfette nel corpo ma con personalità spiccate”. È questo che, secondo Abet, le aziende devono fare anche oggi: dialogare con il consumatore in un rapporto nuovo, in cui lui ti sceglie per quello che sei, più per ciò che gli vendi, per le posizioni che prendi sui temi sentiti come urgenti, dalla sostenibilità al benessere dei lavoratori. Un rapporto che richiede modelli organizzativi nuovi, flessibili. “Ormai – aggiunge il responsabile di Pirelli – siamo una vera e propria azienda editoriale, una media company, che ogni giorno cura il palinsesto su tanti tipi di piattaforme: i vari social, i comunicati stampa, i video brandizzati, i messaggi istituzionali. Ognuna calibrata su un diverso tipo di destinatario”.
E a proposito di pubblicità che nasconde il prodotto, in una ricerca più intensa di empatia, l’evento di comunicazione del momento – non solo per il mondo delle banche – è Raccontami di me, il cortometraggio di Banca Mediolanum, in cui una giovane donna viaggia nel tempo incontrando se stessa ragazza e poi più anziana (vedi foto). Una scommessa in fondo azzardata, perché oltre a non mostrare il brand il video si allunga per circa 11 minuti, pezzatura che mal si sposa coi ritmi frenetici invalsi sui social. Eppure una scommessa stravinta. “Il nostro obiettivo – racconta Gianni Marco Rovelli, direttore comunicazione e marketing commerciale di Banca Mediolanum – era quello di stimolare la riflessione dello spettatore. Affinché si domandasse: quando sarò vecchio potrò dire di aver fatto le scelte giuste?”. Una domanda dalla forza universale, capace di toccare le corde intime di chiunque, che chiude con un gancio finale, rafforzato dalla curiosità di capire cosa contiene il foglietto nelle mani della protagonista. “È l’espediente per atterrare sul portale AscoltaBuoniconsigli.it, dove avviene l’ingaggio vero e proprio e dove ricompare un’altra cifra della nostra comunicazione, con Massimo Doris che ci mette la faccia, seguendo lo storico esempio del fondatore Ennio Doris, pioniere nel ruolo del patron che è anche testimonial del marchio”.
La scelta azzeccata dell’attrice Anna Foglietta, madrina del festival del cinema di Venezia in concomitanza con l’uscita del corto, ha fatto il resto. Risultato: una campagna che ha convinto oltre 240 mila persone a fare clic sul sito con le offerte, il 150 per cento in più rispetto a un video precedente. “Per non parlare – continua Rovelli – dell’effetto a cascata sui media: dal corto è nato un evento con Class, una copertura della stampa generalista, di quella cinematografica, dei settimanali femminili, oltre ad attività extra come incontri online che hanno coinvolto le altre attrici del film”.
E se una banca con una discreta tradizione alle spalle osa un linguaggio innovativo, un’altra che ha fatto dell’innovazione digitale la sua cifra percorre la corsia opposta. E centra la sua comunicazione sul recupero di valori più tradizionali, ma forse – in un mare di offerte turbo-digital – percepiti come più solidi. “Siamo stati – elenca Roberta Zurlo, chief commercial officer banking and credit di Banca Widiba - la prima banca a rendere possibile il trasferimento rapido del conto corrente, per questo premiati dal presidente Mattarella, il primo conto e primo mutuo paperless, abbiamo come concorrenti diretti brand tipo N26 o Revolut, eppure a settembre abbiamo deciso di rivedere il brand e aggiungere un termine che in molti fanno a gara a nascondere: banca. Ora siamo Banca Widiba”. È in forza di questo ragionamento che la costola fintech di Monte Paschi può permettersi di costruire i suoi messaggi alla clientela intorno ai contenuti: un’app evoluta, con un design che anticipa le intenzioni degli utenti, una barra di ricerca ispirata a quella di Google, la possibilità di esprimere un giudizio su ogni prestazione offerta (e un team di supporto che si attiva in caso di voti bassi per risolvere il problema specifico e apportare modifiche sulle procedure). Un punto di equilibrio tra passato e futuro, sottolineato da uno spot che mette in risalto il concetto di banca del presente, banca dell’oggi. Con un occhio sempre di riguardo per le giovani generazioni.
Ma in che modo queste generazioni, la leva degli Z, i ragazzi che oggi hanno meno di 25 anni, si sente coinvolta dagli sforzi delle banche di interpretare il loro linguaggio? Non ha dubbi Davide Dal Maso, altro ospite come i precedenti del convegno #ilCliente, docente e coach di social media marketing, fondatore dell’associazione Social Warning – Movimento etico digitale, e ancora per qualche mese membro della categoria Z: “La nostra è una generazione capace di far esplodere e viralizzare in breve tempo un brand se lo percepisce come autentico, ma allo stesso modo è in grado di distruggerlo se non vede coerenza tra l’apparenza e l’essere. Con noi non funzionano i messaggi basati solo sulle offerte. Ci vuole una strategia diversa”. Tre i passaggi che Dal Maso suggerisce. Il primo: un gancio veloce, rapido per attirare l’attenzione. Il secondo: la creazione di un contenuto di approfondimento, con i mezzi più apprezzati dai giovanissimi, a partire dai podcast, le dirette su YouTube o l’innovativo utilizzo di Twitch, la piattaforma per gli amanti dei videogame dove le star delle console hanno però tutto il tempo per raccontare un prodotto secondo i modi apprezzati dai giovanissimi. Terzo: solo a questo punto la conversione, con l’offerta vera e propria. “A differenza dei Millennial – osserva Dal Maso – i giovani della generazione Z hanno una gran voglia di farsi un salvadanaio da aprire in futuro. Vogliono conoscere come si gestiscono le finanze, dove risparmiare. E hanno sete di video o audio di qualità, tutorial educativi, magari realizzati da influencer scelti con cura per la loro autorevolezza e non per la semplice popolarità”.
Tra gli strumenti per sfruttare l’alfabeto del digitale c’è poi il brand journalism, con inchieste sul campo in cui il marchio è presente in modo discreto. O l’uso di immagini diverse da quelle stereotipate disponibili nei cataloghi delle agenzie, quelli con i modelli perfetti. “Meglio fotografie, magari sporche, difettose, ma realizzate con persone reali, gente con storie interessanti alle spalle”, annota Alice Siracusano, reduce da campagne di grande impatto per Generali o per il Consorzio del Parmigiano reggiano.
Ma forme inedite di comunicazione possono rivelarsi anche per tramite dello strumento forse più asettico e tedioso con cui le aziende rendono conto a fine anno delle loro attività: il bilancio. È la strada seguita da Pirelli, che da un po’ di tempo affida ad artisti, pittori, poeti e scrittori il compito di illustrare quelle che altrimenti sarebbero soltanto tabelle di numeri con analisi tecniche. Dice Maurizio Abet: “È un altro modo per dimostrare di essere autentici e di credere in qualcosa di bello. Ma ci vuole anche un po’ di coraggio quando decidi di affidarti ad artisti con forti personalità. Lo scorso anno abbiamo chiesto al grande scrittore francese Emmanuel Carrère di interpretare a modo suo il momento presente. Ci ha consegnato un racconto in cui parlava della sua esperienza con l’elettrochoc per superare la depressione. Non proprio un tema che ti aspetti per accompagnare i successi di un brand. Eppure abbiamo scelto di pubblicarlo integralmente. Quando decidi di essere sincero, se lo sei davvero, non devi aver paura di andare fino in fondo”.
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