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21 Novembre 2024 / 10:22
Donne tra modernità e moda

 
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Donne tra modernità e moda

di Maddalena Libertini - 1 Settembre 2024
Prorogata al 15 settembre la mostra “Donna in scena. Boldini, Selvatico, Martini” a Treviso grazie al grande successo di pubblico. Dalla fine dell’Ottocento alle soglie degli anni Trenta, attraverso la  Belle Epoque, la modernità avanza attraverso una nuova idea di femminilità fissata dagli artisti nelle loro opere.
È soprattutto nei ritratti femminili che Giovanni Boldini è riuscito a distillare lo spirito della sua epoca, al punto che sembra di poterlo sentire promanare come un profumo dalla tela. Una fragranza inebriante, avvolgente, sensuale, seducente o misteriosa che facilmente si potrebbe immaginare indossata dalle donne protagoniste assolute dei suoi quadri.
D’altronde, è proprio verso la fine dell’Ottocento che i progressi chimici, con l’apparizione di molecole di sintesi, e tecnologici, dell’estrazione delle essenze e della produzione in serie, permettono all’industria profumiera di commercializzare le proprie creazioni in raffinate bottiglie di cristallo Baccarat, aggiungendo così una nuova dimensione al concetto di eleganza.
Tra scoperte scientifiche, battaglie politiche, evoluzione del gusto e dei costumi, il desiderio di modernità di questi anni si incarna in particolar modo nelle figure femminili che cercano lo spazio di una nuova ribalta sociale. La mostra “Donna in scena. Boldini, Selvatico, Martini”, al Museo Santa Caterina a Treviso coglie proprio la voglia di emancipazione e conquista di un ruolo che le donne esprimono sotto la patina superficialmente frivola dell’apparire, dell’esibizione, della mondanità e della moda. Farsi ritrarre dagli artisti più in voga del momento è per queste donne un passaggio nella ricerca di affermazione e una manifestazione di libertà nella determinazione della propria autorappresentazione.
L’importante evento espositivo a cura di Fabrizio Malachin, promosso dai Musei Civici trevigiani e che ha come main sponsor Generali, si snoda su tre piani, per un totale di 800 mq e 13 sale, con 130 opere di 31 artisti abbinate anche a vestiti e accessori dalla fine del XIX secolo al primodopoguerra. L’ottima risposta del pubblico, che si avvia a toccare le 50mila presenze, ha convinto di organizzatori a spostare la data di chiusura da fine luglio al 15 settembre.
Se Boldini nasce a Ferrara e trova il suo luogo di elezione a Parigi con De Nittis, Zandomeneghi e Corcos, altri tre interpreti in mostra, appartenenti a una generazione successiva, sono strettamente legati al territorio di Treviso e alle istanze che la nuova borghesia cittadina manifestava: Giulio Ettore Erler, Alberto Martini, Lino Selvatico.
La recente acquisizione da parte dei Musei Civici del vasto corpus di opere di quest’ultimo, di cui viene presentata per la prima volta una selezione, è una delle circostanze che hanno favorito la realizzazione della mostra.
Selvatico, padovano di nascita e trevigiano d’adozione, morto a causadi un incidente con la moto esattamente cento anni fa, era uno specialista del genere del ritratto su commissione e alla moda, denominato dalla critica il ‘poeta delle bionde’ o ‘il Boldini veneto’.
Inediti anche alcuni quadri di Vittorio Corcos: Ritratto di donna, Ritratto di due dame (1885 circa), Dama in rosa (1888) e il Ritratto di donna con vaso di fiori in mano (1895), provenienti da collezioni private. Alla mano del pittore livornese si deve una delle tele più paradigmatiche della tematica del ritratto femminile: Sogni (1896), che raffigura una giovane donna, Elena Vecchi, seduta su una panchina. La posa che esprime sicurezza di sé, il dettaglio dei libri delle edizioni Flammarion accanto a lei e lo sguardo che incrocia quello dello spettatore ma allo stesso tempo ne sembra incurante, assorto in chissà quali pensieri, ne decretarono l’immediato successo al punto da essere riprodotto in cartoline. L’opera fu acquistata nel 1897 dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, dove è tutt’ora conservata e che l’ha concessa in prestito. Dalla stessa Galleria viene un altro quadro emblematico, il Ritratto della marchesa Casati (1911-1913), pur se l’immagine simbolo della mostra è affidata al magnetico Ritratto di Wally Toscanini, secondogenita del celebre direttore d’orchestra, che nel 1925 si fa immortalare da Alberto Martini con un costume dorato di foggia orientaleggiante indossato per un ballo in maschera. Il pittore è autore anche del ritratto del conte Emanuele Castelbarco Pindemonte Rezzonico, coinvolto con Wally in una celebre e scandalosa storia d’amore.
Gli artisti cedono il passo ai loro personaggi femminili che prendono la ribalta. Che siano volti anonimi o nomi famosi, incarnano un nuovo modello di donna, a passeggio con il cane, a cavallo, in bicicletta, in automobile, intenta in una lezione all’Accademia di Brera, che fuma e indossa vestiti che non la fanno passare inosservata. Inizieranno a reclamare il diritto di voto con l’istituzione della Società Nazionale per il suffragio femminile, parteciperanno a movimenti politici, si iscriveranno all’università e alcune si impegneranno anche in avventure imprenditoriali. Attraverso il ritratto chiedono di essere viste, di uscire dall’invisibilità della sfera domestica e della convenzione che le vuole modeste, pudiche, discrete, silenziose, obbedienti. E la moda è un’alleata in questo tentativo di farsi notare: le stoffe sontuose, i colori sgargianti, i ricami preziosi, i giochi di drappeggi, i copricapi, le piume. Parlano di modernità, invece, le nuove linee degli abiti, silhouette più fluide e sciolte che liberavano il corpo da crinoline e costrizioni di busti e complicate sottostrutture. Tuttavia la strada sarà ancora lunga e il paradosso è che il quadro renderà queste signore oggetti estetici da esibire in lussuosi interni di dimore borghesi, status symbol delle fortune economiche raggiunte dai mariti.
Chi, invece, porta l’indole anticonformista, ribelle, disinibita agli estremi è Luisa Casati Stampa, sia costruendo consapevolmente intorno a sé un’aura leggendaria attraverso la propria immagine sia per lo stile di vita eccentrico e improntato agli eccessi. Regina della scena mondana, icona di fascino ed eleganza, definita da D’Annunzio ‘divina marchesa’, ha collezionato una galleria di ritratti affidandosi ad artisti diversi che potessero cogliere sfumature differenti della sua multiforme ed esuberante personalità. Due pastelli di Martini ricordano la sua passione per i travestimenti sfoggiati nei suoi sfarzosissimi ricevimenti che, insieme alle altre spese folli, l’hanno portata a dilapidare un immenso patrimonio: La marchesa Casati come Cesare Borgia (1925) e La marchesa Casati come capo Sioux (Grand Canyon, 1927).
“Donna in scena” non può non prendere in considerazione coloro che il palcoscenico lo calcavano letteralmente, dal teatro al cinema muto, dall’opera lirica al varietà. Dive ammirate, venerate, imitate come Eleonora Duse, Lina Cavalieri, Irma Grammatica, Lyda Borelli, le donne di spettacoloerano ambasciatrici di una femminilità contemporanea, in grado di sostenersi con il proprio lavoro, di dettare un esempio non solo nelle tendenze di moda e di contribuire al progresso dei costumi sociali.
Per questo la mostra si conclude idealmente con una scultura lignea dedicata a Josephine Baker di Eugenio Perocco (1927). La cantante e danzatrice afroamericana naturalizzata francese ricevette la Legion d’Onore per il suo impegno nella Resistenza. In seguito usò la sua popolarità per combattere il razzismo. Nel 1963 sfilò al fianco di Martin Luther King durante la marcia su Washington per il lavoro e la libertà e fu l’unica donna insieme a Daisy Bates a prendere la parola sul palco del Lincoln Memorial.
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