Anni di cambiamento
di Francesco, Di Marco
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1 Febbraio 2010
In occasione della presentazione della Storia dell’ABI tra il 1972 e il 1991, i protagonisti rievocano il percorso compiuto dall’industria bancaria italiana. Che da “foresta pietrificata” si è trasformata profondamente, sino a divenire un modello per gli altri sistemi bancari europei
La “foresta pietrificata” non c’è più. Così Giuliano Amato aveva definito nel 1988 il sistema bancario italiano. Oggi, a distanza di due decenni dalla legge che porta il suo nome (la Amato-Carli del 1990) e che ha profondamente cambiato il settore, l’ex presidente del Consiglio ammette non solo che quella definizione «fu forse eccessiva», ma che quell’intervento normativo «si è tradotto in una positiva e ampia trasformazione di sistema perché non solo i riformatori, ma anche i riformati, erano ormai sulla strada giusta». Le parole di Amato, pronunciate durante la presentazione del volume “Storia dell’ABI. L’Associazione Bancaria Italiana 1972-1991” (che si è tenuta il 2 marzo a Palazzo Altieri a Roma), evidenziano in maniera inequivocabile l’importanza di rileggere il passato per comprendere meglio il presente. Rifuggendo da ogni tentazione di bollare i banchieri di un tempo come “conservatori incalliti”, visto che, ha aggiunto Amato, «il dibattito all’interno dell’Associazione testimonia la maturazione che era in corso» tra gli anni Ottanta e Novanta. All’opera di ricostruzione rigorosa di quel dibattito, da oggi contribuisce anche il volume scritto dagli storici Pier Francesco Asso e Sebastiano Nerozzi e pubblicato da Bancaria Editrice, elaborato sulla base dei documenti dell’Associazione, oltre che dei verbali del Consiglio e del Comitato esecutivo.
Guardare indietro...
Anche Alessandro Profumo - tra i partecipanti all’evento assieme ad Amato e a Giovanni Carosio, Pierluigi Ciocca, Mario Sarcinelli e ai “padroni di casa” Corrado Faissola, presidente dell’ABI, e Giovanni Sabatini, direttore generale - è partito dagli anni Ottanta, sottolineando l’importanza di guardare a ieri per capire meglio l’oggi: «Negli ultimi venti anni c’è stata una trasformazione profondissima della struttura istituzionale che ha ridisegnato il settore. Una legge ben fatta ha consentito al sistema bancario italiano di privatizzarsi. Durante la recente crisi, gli impieghi sono calati meno di quanto non sia calato il Pil rispetto a quando il sistema era pubblico». La tenuta del settore, ha rilevato il Ceo di Unicredit, «ha consentito di superare un momento critico senza la necessità di interventi pubblici». Quanto alla fase attuale, Profumo ha evidenziato che l’ABI sperimenta «una problematica assimilabile a quella che dovette affrontare l’allora presidente dell’Associazione Silvio Golzio», ossia rafforzare il principio di imprenditorialità delle banche. Allo stesso tempo, «il sistema bancario italiano nel suo assetto attuale viene preso ad esempio da altri sistemi bancari europei, ed è l’esempio migliore del rapporto virtuoso tra primato della politica e dell’economia».
... per capire il presente
Per comprendere meglio cosa sono oggi le banche italiane è essenziale ricostruire il percorso compiuto dal settore negli anni Settanta e Ottanta. E lo sforzo di ricostruzione assume maggior valore se questo processo avviene grazie al contributo di autorevoli protagonisti di quei due decenni. «Molti di noi», ha osservato Faissola, «ricordano con vivezza e intensità quegli anni. È il caso di Giuliano Amato, ministro del Tesoro sul finire degli anni Ottanta e poi presidente del Consiglio, protagonista di quella legge del 1990 che ha profondamente cambiato e innovato il sistema bancario italiano».
Le basi del nuovo sistema
Tra il 1972, all’indomani della fine del sistema di Bretton Woods, e il 1991, anno dello storico Consiglio europeo di Maastricht, sono state progressivamente gettate le basi per costruire un sistema finanziarionuovo, più integrato, internazionale e moderno. Proprio sullo sfondo di quel periodo si dipana il volume di Asso e Nerozzi e che ricostruisce un’epoca vissuta dall’Italia come una fase di ristrutturazione. Anche per un’industria bancaria non immune ai grandi cambiamenti internazionali, ma in grado di conservare e rafforzare il proprio ruolo nel sistema finanziario nazionale.
Nel corso della tavola rotonda si è dunque ragionato sull’attualità del racconto di un periodo di crisi, caratterizzato da un’economia fortemente instabile e con la progressiva affermazione di assetti più
competitivi a livello internazionale.
Asso e Nerozzi hanno scelto di raccontare un mondo investito da un radicale cambiamento, esaminando le vicende dell’ABI e recuperandone i contributi offerti per la riforma e la modernizzazione del sistema finanziario italiano. «In un frangente così complesso», ha rilevato Faissola, «due personaggi che hanno rappresentato molto nella vita dell’ABI seppero offrire il meglio di sé: Silvio Golzio e Giannino Parravicini, presidenti dal 1978 al 1983 e dal 1984 al 1987».
Un percorso articolato
Asso e Nerozzi si sono poi soffermati sul più ampio tema della duplice valenza dell’ABI, in grado di svolgere allo stesso tempo il compito della tutela e quello della riforma di un sistema in transizione.
I due storici sono anche autori di un precedente volume dedicato alla storia dell’ABI tra il 1944 e il 1972 (vedi box). «Quel periodo», sottolinea Faissola, «coincise con la rinascita dell’Associazione nel dopoguerra e con la lunga presidenza, quasi trentennale, di Stefano Siglienti, che attraversò alla testa dell’ABI gli anni della ricostruzione e del miracolo economico italiano». La prima fase della storia dell’ABI, gli anni pionieristici che vanno dalla fondazione, avvenuta il 13 aprile 1919, fino al 1943, sono stati invece illustrati in un volume del 1996 scritto non da uno storico, ma da un protagonista diretto: Gian Franco Calabresi, direttore generale dell’ABI per oltre trent’anni fino al 1979.