Se i computer fanno qubit. Iniziata la corsa alle macchine quantistiche
di Massimo Cerofolini
-
24 Maggio 2024
È la prossima grande frontiera dell’informatica: macchine che sfruttano le leggi della nuova fisica e consentono di fare in pochi secondi calcoli che oggi richiedono millenni. Applicazioni allo studio su clima, farmaci, finanza e sicurezza informatica. L’incognita della crittografia: sarà ancora sicura nel futuro?
Per funzionare hanno bisogno di una temperatura di oltre 273 gradi sotto zero. E dunque non li vedremo sulla scrivania di casa o dietro uno sportello bancario. Ma è dai
computer quantistici che si attende il prossimo grande salto dell’informatica. Macchine che, al posto della sequenza binaria dei pc attuali, 0 o 1, acceso o spento, usano la meccanica quantistica, dunque una pluralità di stati contemporaneamente, offrendo così una serie sterminata di combinazioni possibili. Alcune aziende hanno già aperto la corsa ai primi modelli con applicazioni ancora in erba. Mentre le speranze più significative si attendono nei prossimi anni, o forse decenni, in campi come la scoperta di nuovi farmaci e nuovi materiali, le previsioni nel clima, la ricerca scientifica, la finanza e la sicurezza informatica (di questi ultimi aspetti si è parlato se ne è parlato a
Banche e sicurezza 2024)
Magie al qubit
Un computer quantistico, al contrario dei calcolatori classici, sfrutta le proprietà controintuitive della meccanica quantistica attraverso unità di calcolo chiamate qubit. Tra queste proprietà c’è il principio di sovrapposizione, ossia la capacità di trovarsi in più stati contemporaneamente finché non viene effettuata la misura. È così che le macchine quantistiche riescono a svolgere molte operazioni in simultanea. “Più che un supercalcolatore – osserva Simone Severini, Ordinario di Fisica dell’informazione alla University College di Londra e autore di “Nella terra dei qubit” – lo definirei una sorta di telescopio, uno strumento per esplorare la natura, con l’opportunità di gestire alcuni problemi al di là di quanto riescono a fare i mezzi attuali: maggiore velocità, maggiore penetrazione di fenomeni sconosciuti, maggiore sicurezza informatica e maggiore sostenibilità energetica e ambientale”.
Proviamo allora a capire le basi di questa innovazione. Esemplifica Federico Mattei, Quantum Ambassador di Ibm: “Possiamo immaginare il bit, quindi la componente centrale dei computer attuali, come una moneta che può assumere solo due valori: testa o croce. Mentre vortica sul tavolo, in quel momento, non è né testa né croce, è cinquanta per cento testa e cinquanta per cento croce. Se vogliamo sapere subito il risultato dobbiamo schiacciarla: conosceremo l’esito, ma al costo di averne per così dire disturbato lo stato, non essendo più la stessa moneta che un attimo prima girava su se stessa. Ecco, i bit quantistici sono simili a bit che possono assumere i valori di testa o croce e che nel momento in cui ruotano possono accogliere una grande quantità di dati con cui fare calcoli in modo più efficiente”.
Un calcolo da brividi
L’obiettivo dei ricercatori è dunque, in un futuro al momento remoto, rimpiazzare i bit coi qubit. Ma come è fatta la macchina che sovverte la fisica ordinaria? “Una decina di anni fa – continua Mattei - abbiamo cominciato a vedere i primi prototipi. Quelli di oggi sono gli equivalenti dei vecchi computer a valvole nell’evoluzione dell’informatica classica. Molto probabilmente avremo salti tecnologici che ce li faranno apparire molto differenti da come sono adesso. Al momento possono essere realizzati in tanti modi. Non si è ancora imposto uno standard rispetto agli altri. Possono avere componenti molto simili ai circuiti attuali ma dotati di semiconduttori e materiali particolari che lavorano a basse temperature; possono essere singole molecole o singoli atomi intrappolati in campi elettromagnetici; o possono essere anche dei fotoni, piccoli quanti di luce”.
La strada che appare più promettente per ora sembra essere quella che, per mantenere il regime di superconduzione, deve lavorare a una temperatura molto vicina allo zero assoluto, la più bassa concepibile, mai raggiungibile persino nello Spazio profondo dove ci sono 4 gradi kelvin, residuo del tepore rimasto dal Big Bang. Ecco, dentro i computer quantistici bisogna togliere anche quel tepore. Una sfida glaciale.
Il portafoglio perfetto in un clic
In generale, come detto, il beneficio più evidente è la velocità. “A seconda del tipo di algoritmo – aggiunge Mattei – potremmo ricevere risposte in termini di ore, o addirittura minuti, su calcoli che oggi richiederebbero migliaia di anni per essere eseguiti. Motivo per cui non proviamo neppure a farli”.
Su questa premessa si ramificano tre distinte aree di ricerca. La prima è quella della simulazione dei sistemi naturali e dei fenomeni chimici: il computer quantistico potrebbe un giorno aiutarci a modellare meglio le reazioni degli elementi e permetterci di scoprire e realizzare nuovi materiali e nuovi farmaci.
Il secondo ambito è quello degli algoritmi di ottimizzazione. Quelli cioè che consentono di individuare la scelta migliore rispetto a un numero enorme di variabili. Pensiamo al caso della logistica: pochi sanno che stabilire il percorso perfetto per la consegna delle pizze a poche decine di indirizzi, tenendo conto di consumi, distanze e ingorghi, richiede un calcolo di una complessità estrema che solo un computer quantistico saprebbe risolvere con facilità. Ma pensiamo anche a scelte molto concrete come suddividere i compiti, le tempistiche e i turni all’interno di un gruppo di lavoro. O per restare nel settore finanziario, alla gestione di un portafoglio con la giusta allocazione dei titoli per massimizzare i guadagni e ridurre i rischi. Calcoli oggi estremamente complicati che un domani potrebbero eseguirsi con un clic.
Il terzo campo di indagine infine riguarda l’intelligenza artificiale: molti algoritmi si avvantaggeranno dal ricorso al qubit e questo, per esempio, migliorerà i sistemi di identificazione delle anomalie. Non solo nella manifattura (difetti sulle linee di produzione) o nel marketing (cattiva profilazione dell’utenza), ma anche nel settore bancario, dove contribuiranno a intercettare e reprimere le frodi.
La doppia faccia della cybersicurezza
L’unione tra algoritmi e qubit può dunque offrire mezzi di difesa potenti contro i criminali della rete. E su questo c’è anche la prova. Una ricerca dell’Università Statale di Milano ha infatti dimostrato che utilizzando l’intelligenza artificiale su un computer quantistico è possibile rilevare gli attacchi informatici più rapidamente che con un computer tradizionale. Dice Enrico Prati, professore di Fisica e coordinatore dello studio: “Ci sono condizioni per cui il computer quantistico è fino a 64 volte più rapido rispetto alle macchine attuali: è riuscito a individuare tra milioni di pacchetti di dati quelli anomali, potenzialmente rivelatori di un attacco”.
Attenzione, però. “Finora – ragiona Mattei – abbiamo utilizzato proprio i limiti dei computer tradizionali per mettere a punto sistemi di crittografia con cui cifrare dati da proteggere: eravamo ben contenti che le macchine classiche non fossero capaci di risolvere in tempi rapidi la scomposizione in numeri primi di lunghe sequenze. Su questo abbiamo costruito i nostri sistemi di sicurezza. Però sappiamo che ci sono algoritmi, come quello pubblicato nel 1994 dal matematico americano Peter Shor, che fatti girare su un computer quantistico sarebbero in grado di risolvere in qualche settimana calcoli che altrimenti richiederebbero migliaia di anni”. In pratica, identificando milioni di combinazioni alfanumeriche in tempi ristretti, un computer quantistico sarebbe capace di accelerare tutti i processi di decriptazione. Di qui lo scenario non proprio rassicurante: chi riesce a costruire un computer quantistico abbastanza potente potrebbe utilizzare l’algoritmo di Shor per infiltrarsi nei sistemi di sicurezza di banche, servizi di intelligence o archivi digitali. “Fortunatamente – precisa Mattei - la comunità degli scienziati è già al lavoro per utilizzare gli stessi calcoli quantistici come contromisura per evitare questo pericolo”.
La gara per la supremazia
La corsa per il grande affare del futuro è in ogni caso già partita. Attualmente, la sfida principale dei ricercatori si concentra sulla stabilità dei sistemi, in modo da diminuire gli errori e collegare fra loro un numero sempre maggiore di qubit. Con l’obiettivo di agguantare la bramata “supremazia quantistica”: vale a dire, risolvere con un computer quantistico un problema impossibile per qualunque calcolatore classico mai fabbricabile.
Interi settori, con l’aiuto di grandi compagnie tecnologiche e atenei di tutto il mondo, hanno messo gli occhi sulla nuova tecnologia. Applicazioni allo studio sono in corso per il contrasto al cambiamento climatico, la sanità, il monitoraggio delle infrastrutture critiche, le nuove frontiere dell’aerospazio, oltre – come detto – a tutto il mondo delle banche. Con stime da capogiro: secondo Boston Consulting Group, la vendita della potenza di calcolo potrebbe fruttare tra i 450 e gli 850 miliardi di dollari di ricavi entro il 2035. Investimenti carichi di incognite per una tecnologia la cui efficacia è ancora tutta da dimostrare e su cui molti scienziati restano ancora scettici, almeno per quanto riguarda le tempistiche.
Sui nastri di partenza, in pole, sono già ben piazzate tre grandi aziende americane: Ibm, pioniere del settore con una serie di macchine quantistiche messe a disposizione al pubblico in open source attraverso il cloud; Google, che afferma di aver raggiunto la supremazia quantistica nel 2019 (ma in molti contestano questo primato); e Microsoft, con il suo Azure Quantum Service e l’obiettivo di realizzare computer quantistici scalabili e accessibili. A ruota seguono Rigetti Computing (computer quantistico basato su ioni intrappolati), D-Wave (azienda canadese specializzata nell’ottimizzazione) IonQ (computer su trappole ioniche) e Intel (che ha di recente annunciato il suo impegno nel settore). Più indietro appare la Cina (che però ha una sua specifica eccellenza sulla crittografia quantistica).
Anche l’Italia ha schierato sul quantum computer una squadra di ricercatori che vanno dall’Enea (con focus su energia, materiali e medicina) al Cnr (che, oltre ai settori della fisica e della chimica, studia la creazione di un’internet quantistica), passando per università come quelle di Milano e Pisa oltre al Politecnico di Torino. Ed è italiana, di Marsala, Anna Grassellino, 42 anni, la fisica dei materiali che nel 2021 è stata chiamata dal governo americano per guidare il Superconduting Quantum Materials and Systems Center e costruire il computer quantistico più evoluto al mondo. Con il compito di gestire 115 milioni di dollari e i 200 scienziati del centro di ricerca di Chicago.