L’innovazione non si ferma
di Ildegarda Ferraro
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17 Giugno 2019
L'interesse pubblico della funzione dei pagamenti, l'avvio concreto delle novità tracciate dalla direttiva Psd2. E ancora, tecniche che arricchiscono i passaggi tradizionali. In questa intervista Salvatore Maccarone, Presidente del Cbi, il Consorzio che si occupa di innovazione precompetitiva per le banche italiane nel mercato dei servizi transnazionali, e del Fondo interbancario di tutela dei depositi, indica gli aspetti chiave dei cambiamenti in atto, sempre più interessanti ...
Presidente Maccarone, le cose stanno cambiando.
Sì. Sta emergendo certamente qualche cosa di nuovo. La tecnica sta per esempio arricchendo anche quelle che erano le funzioni tradizionali delle banche.
Un esempio?
Basti pensare all’emersione di una funzione che era meno d’impatto nella banca tradizionale, penso ai pagamenti. Man mano che procediamo nel tempo alla funzione classica della raccolta del risparmio e dell’esercizio del credito nelle banche, si accompagna in maniera importante questa funzione dei pagamenti. Nella legge bancaria del 1936 era indicato che la raccolta del risparmio e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico. E poi c’è l’articolo 47 della Costituzione con la tutela del risparmio. Questo concetto di interesse pubblico è riemerso con la funzione di pagamento. Nella Brrd, la direttiva che disciplina la risoluzione delle banche e che ha nei suoi termini il bail in, si chiarisce che la procedura di risoluzione si applica a banche che hanno rilevanza sistemica. Nell’indicare il test del public interest da superare si menziona proprio la funzione dei pagamenti. Se questa funzione viene compromessa e non è soddisfacibile attraverso un intervento sostitutivo delle altre banche operanti in quella zona può aversi la risoluzione. Accanto a questo interesse pubblico tradizionale, ma ancora esistente, abbiamo la funzione dei pagamenti che ha acquistato via via dignità all’interno dell’ordinamento giuridico, diventando anch’essa una ragione di interesse pubblico. E qui c’è una connessione tra le banche e le Fintech, che sono attive in questo settore.
In questo lei può contare sulla sua esperienza come Presidente del Consorzio Cbi.
Cbi è una Fintech. È una struttura che esiste già da qualche tempo. In quest’ultimo periodo ha messo a punto Cbi Globe, una piattaforma che consentirà alle banche di assecondare quello che la legge ritiene debba essere fatto. La Psd2, la direttiva europea sui servizi di pagamento, chiede che venga creata un’interfaccia tra gli operatori, tra le terze parti e l’industria bancaria. Cbi Globe è un’iniziativa che ha avuto un ottimo riscontro, hanno aderito 300 banche, pari all’80% del settore bancario. È stata apprezzata anche dalle autorità europee, ci sono state consultazioni presso l’Eba, l’Autorità bancaria europea. È un progetto di cui l’industria bancaria può essere orgogliosa, perché ha creato un meccanismo che consente che la norma venga rispettata senza creare complicazioni. Il Cbi si sta esso stesso emancipando, si sta trasformando in società per azioni, perché per alcune attività occorre una veste più strutturata.
E le banche?
Le banche sono cambiate moltissimo negli ultimi anni. Si confrontano con una realtà in cui proprio il sistema dei pagamenti ha un ruolo che era impensabile quando della banca si parlava ancorandola solo alla raccolta del risparmio e alla erogazione del credito. Io stesso, che ho sempre insegnato diritto, ho dovuto adeguare i modelli didattici alla realtà che cambiava nel corso del tempo.
Alla base di tutto questo che cosa vede?
Un cambiamento che non si ferma. È cambiata la società, abbiamo visto variazioni in tempi molto brevi. La generazione dei millennial, per esempio, proprio nel settore dei pagamenti ha perso quella sensazione che le persone della mia età avevano chiarissima. Per noi era ed è evidente che quando si spende del denaro ci si priva di qualche cosa. Io se spendo del denaro non l’ho più. Adesso l’atto del pagamento prescinde dall’uso del denaro. C’è un meccanismo tecnico, una carta, il telefono portatile, ma non si ha la sensazione di essersi privati di qualche cosa. E questo credo che richieda un'educazione all’atto del pagamento, alla spesa da parte di giovani che sono nati in una società nella quale il denaro diventa invisibile nella gestione della vita.
Lei ha sempre anche insegnato. E il diritto?
La legge cerca sempre di star dietro all’evoluzione della società. Un fenomeno prima di essere disciplinato deve assestarsi, deve diventare stabile prima che il legislatore lo possa regolare. Qualche volta la legge ha pensato di poter stimolare i fenomeni, creando i tipi legali prima che si producessero, ma si tratta di tentativi. Le fonti europee sono molto reattive. La direttiva Psd2, per esempio, è un grande contenitore normativo di questa evoluzione in cui si inseriscono tanti interessi, quelli dei consumatori, delle Fintech, delle banche. Emerge la necessità di dialogo tra una struttura come quella dell’industria bancaria e tanti altri soggetti che stanno emergendo sul mercato, che sono snelli, capaci, soprattutto nel settore dei pagamenti, e oltretutto possono contare su di una disciplina leggera. Le banche sono sotto un regime di vigilanza prudenziale, con tutto quello che ne segue, anche per il singolo ramo di attività per cui non sarebbe necessario.
Che spazi vede?
Oggi abbiamo sul mercato un contesto normativo che consente a operatori diversi di colloquiare con l’industria bancaria. È chiaro che si può trattare anche di banche che dialogano con altre banche. Dovrebbe attivarsi un meccanismo che spinga sull’innovazione dei servizi di pagamento, accrescendo la capacità delle banche e delle terze parti, come vengono chiamate tutte quelle che banche non sono. È un meccanismo che può consentire alla stessa industria bancaria di sviluppare attività innovative.
Lei è anche Presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Anche da questo suo osservatorio vede innovazioni?
Anche da questa prospettiva ogni giorno vedo cose nuove. Per esempio, la tecnologia che si è inserita all’interno dell’attività tradizionale delle banche della raccolta dei depositi. Si stanno sviluppando piattaforme digitali che consentono a cittadini di un paese dell’Unione di depositare denaro presso banche di un paese diverso. Il fenomeno può essere più o meno complicato, ma soprattutto in Germania si sono sviluppate esperienze che offrono alla clientela la possibilità di depositare denaro presso banche italiane. In Germania la remunerazione dei depositi è più bassa, le banche italiane garantiscono un po’ di più, con il beneficio ulteriore che realizzano i risparmiatori tedeschi, cioè che il loro denaro depositato in Italia venga coperto dalla tutela dei depositi.
Ha un quadro preciso di questo?
È un fenomeno di cui non si conosce ancora la dimensione esatta. Certo comporta tutta una serie di domande. Ci stiamo quindi occupando di che cosa sia un deposito, di quale sia il confine tra un deposito vincolato a 10 anni e un’obbligazione scadente tra 10 anni. Ci sono differenze sostanziali, ma la funzione economica sembra essere la stessa e questo fa interrogare sulla filosofia complessiva.