L’innovazione in banca vale 100 miliardi
di Mattia Schieppati
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3 Aprile 2019
Mauro Macchi parla dell’Accenture Banking Conference 2019, che ha messo nero su bianco il «valore» dell’innovazione per le banche che sanno essere pionieri nella trasformazione digitale. Rinnovata relazione con il cliente e dialogo con il mondo Fintech le strade per crescere in un mercato che si popola di nuovi competitor ...
L’importante per le banche, in quest’epoca di rivoluzione, è «non restare nel mezzo», sottolinea Mauro Macchi, Financial Services Lead di Accenture, commentando i risultati presentati in occasione della Accenture Banking Conference 2019, momento di riflessione sugli scenari di sviluppo del mondo bancario promosso dalla società di consulenza e che ha visto riuniti i rappresentanti delle principali banche italiane. «Le banche che hanno saputo prendere posizione nella nuova rivoluzione digitale, sfruttandola a proprio vantaggio senza subirla, iniziano a ricevere un premio apprezzabile da parte dei mercati. In Italia, se le banche puntassero in maniera più decisa sull'innovazione, portando i loro multipli al livello delle banche internazionali “pioniere digitali”, potrebbero creare un valore incrementale fino a 100 miliardi di euro», continua Macchi, che traccia anche una sorta di agenda di questo processo: «Occorrono innanzitutto scelte di posizionamento distintive, che spostino l’attenzione soprattutto sulla creazione di valore futuro e che siano in grado di creare e gestire nuove alleanze in ottica di ecosistema. In uno scenario futuro dove il mondo bancario sarà significativamente diverso da oggi, la fiducia continuerà ad essere l’ago della bilancia nella competizione interna al settore e nei confronti dei concorrenti non tradizionali. Si tratta di un nuovo paradigma che favorirà le interazioni tra i soggetti, consentirà di rendere più mirati gli investimenti e di ricreare una curva di crescita».
Lo scenario e le tendenze
Questo percorso si basa su un’analisi sviluppata da Accenture sullo scenario internazionale. Analisi dalla quale emerge che in Europa, per quanto riguarda il “mercato” bancario, 1 player su 5 è entrato dopo il 2015 pari al 20% (nel Regno Unito lo è addirittura 1 ogni 2) e si assiste a uno spostamento delle revenue dagli operatori tradizionali ai nuovi player pari al 6-7%. Il rapporto con le Fintech è ormai un tema consolidato. Oggi in media le prime banche europee hanno sviluppato dalle 20 alle 30 collaborazioni o acquisizioni con le Fintech. Le piattaforme guidate dalle big tech si stanno diffondendo e stanno ricoprendo un ruolo sempre più cruciale nella catena del valore dei servizi finanziari.
Rispetto all’Europa, osserva Accenture, il settore italiano sta seguendo un processo di innovazione più lento ma in progressiva accelerazione: in Italia 1 player su 8 (13%) è nuovo e questi hanno attratto almeno il 2-3% delle revenue del settore. «La trasformazione del mercato non accelererà solo a causa della maggiore e diversa competizione, ma sarà spinta anche da nuovi trend tecnologici e comportamentali: i consumatori sono e saranno sempre più consapevoli e attivi; nuove tecnologie quali cloud, blockchain, applied intelligence, IoT e data analytics saranno sempre più protagoniste nei prossimi anni; la rete 5G diventerà un’infrastruttura strategica in qualsiasi settore; sfumeranno i confini tra mercati e tra i diversi player (non solo banche e Fintech, ma anche i big tech e le altre aziende)», si osserva nell’analisi.
La via di mezzo non paga
Scendendo nel concreto, e fornendo una griglia delle opzioni di questo nuovo scenario, Accenture ha classificato le banche in tre gruppi, sulla base dell’intensità con cui hanno implementato i progetti di trasformazione digitale:
1. Digital pioneer. Sono le banche che hanno messo in atto un piano di trasformazione digitale a 360°, coinvolgendo tutti gli aspetti operativi del business.
2. Digital active. Riguarda le banche che hanno utilizzato il digitale più nell’ambito della comunicazione con gli utenti che nell’implementazione di veri programmi trasformativi.
3. Altre banche, che hanno implementato il digitale a livello inferiore.
Naturalmente, anche l’analisi numerica dimostra che chi sta nel gruppo di testa (digital pioneer), hanno ottenuto benefici tangibili, mentre chi ha scelto un processo di innovazione non pienamente convinto, senza innestarlo realmente nei processi di business, rischia di avere addirittura un danno. È quella fatale «via di mezzo» cui faceva cenno Macchi.
Secondo i dati Accenture, infatti, i benefici delle banche pioniere sono rilevanti:
a. migliore valutazione da parte del mercato: utilizzare il digitale per trasformare tutti i processi aziendali premia in termini di price-to-book value più elevati - 1,18x per le digital pioneer, 0,99x per le digital active e 0,83x per il resto delle banche - e in termini di riconoscimento di maggior valore futuro: il future growth value per le digital pioneer è positivo e vale il 4,6% del valore totale della banca, per le digital active è negativo (-5,4% del valore totale) e per il resto delle banche è il 2,6%;
b. miglioramento dell’efficienza operativa, dimostrato dal rapporto cost/income: per le digital pioneer è di 52%, per le digital active del 58% e per il resto delle banche del 62%;
c. aspettative positive per un aumentato recupero della redditività. Il Roe atteso è più elevato: per le digital pioneer sarà del 12,3% al 2021 (1,5 punti percentuali in più rispetto al 2017); dell’ 11,3% per le digital active (1 punto percentuale in più); mentre per le altre banche sarà dell’8,7% (0,4 punti percentuali in più).
L’innovazione che guarda al cliente
«Le tecnologie digitali modificano il modo e la strumentazione con cui si fa banca, da cui deriva anche una modifica dei servizi che essa offre. Il sistema bancario deve dunque ridefinirsi in funzione di queste tecnologie», conferma Corrado Passera, Chief Executive Officer di Illimity, che commentando l’analisi di Accenture sottolinea come «l’impatto più profondo delle tecnologie digitali riguarda la capacità di valutare il credito, di tenerlo monitorato, di fare investimenti tenendo conto di informazioni che non sarebbero disponibili senza tali tecnologie. Dunque, questa pervasività delle tecnologie digitali e ciò che forza le banche a cavalcare il digitale fino in fondo». Dalla tecnologia, Paola Papanicolaou, Group Head of Innovation di Intesa Sanpaolo, sposta l’asse dell’attenzione sulle persone: «La rivoluzione digitale ci ha dato un messaggio chiaro: innovazione significa per prima cosa prossimità al cliente e ai suoi bisogni. Una banca, per essere innovativa, deve saper ascoltare i clienti, i trend di mercato e i propri dipendenti». Un tema che viene sottolineato anche da Paolo Chiaverini, Head of Group Operations di Unicredit: «Bisogna iniziare dalla customer experience, dall’innovazione di prodotto e di processo, quindi un elemento centrale rimane sempre il cliente. Una banca deve saper centralizzare l’innovazione sugli aspetti di processo: si parte sempre dai core banking processes per innovare, avendo poi applicazioni che possono essere It-driven o meno, e non un’innovazione It-driven fine a se stessa».