Il più sicuro dei mondi possibili
di Ildegarda Ferraro
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9 Aprile 2013
Scendono i crimini e il mondo nonostante tutto migliora. Così raccontano quelli che leggono le tendenze senza farsi condizionare da quanto accade ogni giorno. Ed è sempre più probabile prevedere dove e che cosa accadrà anche per evitarlo. Ma continuiamo ad avere paura ...
Meno pericoli
Il migliore dei mondi possibili, dove siamo tutti più buoni e la violenza ha ristretto i suoi spazi di influenza. Non è un’ipotesi peregrina, né un sogno ad occhi aperti. È proprio la nostra realtà, secondo la tesi di fondo di un poderoso volume di oltre 800 pagine,
Il declino della violenza, uscito da poco anche in Italia. L’autore, Steven Pinker, non è un mistico ma uno psicologo e neuroscienziato dell’Università di Harvard.
Il libro sta facendo molto discutere. Ha fautori, come Bill Gates e il filosofo di Princeton Peter Singer, e detrattori, tra cui Elizabeth Kolbert del New Yorker e il filosofo John Gray. Gli articoli che ne parlano sembrano quasi ribaltare la vecchia storia secondo cui una buona notizia non è una notizia (cfr. l'articolo
Altro che violenza il mondo non è mai stato così buono pubblicato sulla Stampa).
Insomma, secondo Pinker il mondo va costantemente migliorando se guardiamo ai dati statistici più che alle notizie di cronaca. In una recente
intervista a Riccardo Staglianò di Repubblica Pinker chiarisce che “Nelle guerre ai tempi delle società non statuali periva circa il 15% della popolazione, mentre oggi non si arriva neppure all'uno. Quanto agli omicidi, siamo passati dai 110 su 100mila abitanti nella Oxford del XIV secolo all'uno della Londra di metà del XX secolo”. Le ragioni sono in fondo semplici. “L'emergenza di uno Stato – aggiunge Pinker - con il monopolio del legittimo uso della forza riduce la tentazione della vendetta. Poi il commercio, favorito dal progresso tecnologico, per cui diventa più economico comprare le merci che saccheggiarle e dove gli interlocutori diventano più preziosi da vivi che da morti, se no a chi vendi? Quindi le forze del cosmopolitismo, intese come mobilità, alfabetismo e mass media, che allargano i contatti tra le persone e rendono più facile mettersi nei panni altrui”. Oltre ad una classifica delle tragedie, dove la Seconda Guerra mondiale è al nono posto e la rivolta An Lushan nell’VIII secolo in Cina è al primo, Pinker stila la lista di sei tendenze che hanno agito contro la violenza. E così c’è “la pacificazione” nel passaggio dalla caccia all’agricoltura, “il processo civilizzante” tra il Medioevo e il XX secolo, “la rivoluzione umanitaria” dell’Illuminismo, “la lunga pace” dopo la seconda Guerra mondiale, “la nuova pace” dopo la Guerra fredda, le moderne “rivoluzioni dei diritti”. Siamo condizionati dai fatti di tutti i giorni, non badiamo ai grandi numeri e non riusciamo a vedere quanto il mondo vada migliorando.
Prevedere i reati per evitarli
E d’altra parte, le moderne tecniche di chi lavora per la sicurezza sono tutte indirizzate verso questo obiettivo. Non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche sui media ha avuto grande risalto l’algoritmo che predice il crimine (leggi su Repubblica.it l'articolo
Minority report diventa realtà). La conseguenza può essere un calo dei reati nell’ordine del 30 %o con la sola prevenzione affidata per esempio alla presenza delle forze dell’ordine sul luogo in cui potrebbe esserci un delitto. Perché prevenire è meglio di reprimere. Uno schema meno fantasioso del film di Spielberg Minority Report, in cui attraverso poteri di precognizione la polizia riusciva a scoprire chi e dove sarebbero stati commessi reati, ma comunque efficace. Con la PredPol, predictive policing o polizia predittiva, a Los Angeles i crimini violenti sono scesi del 21% e le aggressioni del 33. E la rete è ricca di informazioni su questi sviluppi possibili (vedi su youtube
L'analisi predittiva a servizio della sicurezza).
Ma in fondo queste prospettive non sono molto diverse da quelle già all’attenzione di
Ossif, il Centro di ricerca dell’ABI sulla sicurezza anticrimine. Il costante calo delle rapine in banca è frutto di sostanziosi investimenti, ma anche di intelligenze dedicate e di una rete di collaborazione con le forze dell’ordine e con le autorità che fa la differenza. In questo contesto si inseriscono le analisi sui luoghi, i tempi e le tipologie di effrazioni. E prevenire paga.
Più del crimine fa paura la crisi
L’economia è oggi tra le maggiori preoccupazioni. È quanto emerge dall'
indagine su percezione,rappresentazione sociale e mediatica della sicurezza di Demos & Pi pubblicata a gennaio 2013. Ai primi posti tra i problemi da affrontare la disoccupazione (49%), la situazione economica generale (42%), l’inflazione e la crescita dei prezzi (28%). Solo il 4% degli italiani segnala la criminalità tra le questioni da affrontare con maggior urgenza. Molto più scottanti le pensioni (9%) e le tasse (8%).
Anche se l’economia è la maggiore emergenza l’opinione pubblica è sempre molto reattiva in materia di criminalità. L’84% degli italiani pensa che i reati nel nostro Paese siano cresciuti rispetto a cinque anni fa, un dato sostanzialmente costante. Il 45% ritiene che siano aumentati nella propria zona di residenza, un dato in crescita, anche se lontano rispetto al massimo del 2007.
Come chiarisce nel suo commento Ilvo Diamanti gli italiani “sono insicuri senza se e senza ma. Perché gli indici di insicurezza globale, economica crescono nella popolazione. La componente che esprime un elevato grado di insicurezza assoluta, cioè in tutti gli ambiti esaminati, coinvolge oltre il 40% della popolazione”. Anche nelle paure le cose cambiano: da una parte la crisi economica la fa da padrone, mentre prima l’insicurezza legata alla criminalità era più elevata, dall’altra l’Italia è ormai coerente con l’Europa. “La paura della criminalità – aggiunge Diamanti – coinvolge ormai metà della popolazione. Le statistiche giudiziarie, tuttavia, continuano a mostrare un andamento dei reati senza particolari variazioni. I reati violenti, in particolare, nell’ultimo decennio si sono ridotti. In rapporto alla popolazione al disotto della media europea. Anche i reati collegati alla grande criminalità organizzata sono in declino. Tuttavia, sono cresciuti i reati cosiddetti ‘minori’”.
Al primo posto nella rappresentazione dell’insicurezza dei telegiornali in Italia anche quest’anno la criminalità è al primo posto, attestandosi al 62%, in aumento rispetto al 2011. E continuiamo ad avere paura.