Finanza e tecnologia: tutti i trend del 2023
di Massimo Cerofolini
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1 Gennaio 2023
Dagli algoritmi che rispondono su tutto all’incognita del metaverso: prepariamoci a un anno che consacrerà i sistemi di intelligenza artificiale capaci di generare testi, immagini e conversazioni di qualità. Ma gli esperti prevedono anche l’uso del cloud come un self-service, le superapp e il boom delle carte virtuali
Saranno i mesi in cui le macchine creeranno testi, immagini e conversazioni di grande qualità in totale autonomia? O quelli in cui le tecnologie immersive prenderanno davvero forma sotto la bandiera del metaverso? Quali sono i semi che l’anno appena chiuso porterà a frutto in quello appena cominciato? Le profezie a ridosso di San Silvestro sono spesso smentite dall’irriducibile ostinazione dei fatti. Ma se si guarda a fattori come investimenti, aspettative e maturazione tecnologica, è possibile azzardare una mappa delle innovazioni che con un discreto grado di plausibilità trasformeranno a breve le nostre vite.
Algoritmi generativi
A richiesta scrivono testi di discreta lunghezza, in buona grammatica e con abbondanza di informazioni. Oppure compongono poesie alla maniera di qualsiasi scrittore, ispirano idee per uno slogan, un logo, uno schema di racconto. Ma sono anche in grado di riassumere in poche righe interi volumi di testo, tradurre da ogni genere di lingua, conversare in modo spigliato e naturale con gli utenti di un servizio, vergare lettere d’amore convincenti così come creare codici software o risolvere equazioni matematiche. Nelle ultime settimane è esploso il fenomeno dei programmi generativi, a cominciare dal più noto, Chat Gpt, messo a disposizione gratuita da Open Ai (fondata tra gli altri da Elon Musk e ora commercializzata da Microsoft). Per avere un’idea del successo: in cinque giorni dal lancio del 30 novembre scorso la pagina web ha raggiunto un milione di utenti, traguardo che Facebook colse solo dopo 10 mesi e Netflix dopo 3 anni e mezzo dal debutto. Le risposte che il programma offre sono spesso sbalorditive per credibilità e correttezza. Ma attenzione: sebbene l’algoritmo faccia un passo da gigante rispetto alle precedenti versioni, resta sempre un potentissimo sistema di calcolo che estrae da un mare di dati corrispondenze di parole statisticamente probabili. Nessuna consapevolezza di quello che sforna. E in più con una frequente casistica di risposte errate o prive di senso (anche perché ChatGpt non è collegato a internet ed è aggiornato al 2021, ma ad ogni errore si scusa e si corregge).
Per capirci, come scrive il docente di robotica cognitiva Murray Shanahan in un recente saggio: “Immaginiamo di fornire alla macchina queste parole di partenza: ‘La prima persona a camminare sulla Luna’ e immaginiamo che risponda ‘Neil Armstrong’. Ma cosa stiamo davvero chiedendo in questo caso? Dobbiamo ricordarci che in realtà non stiamo chiedendo chi sia stata la prima persona a camminare sulla Luna. Ciò che stiamo chiedendo all’algoritmo è di fatto la seguente cosa: data la distribuzione statistica delle parole nell’immensa raccolta pubblica di testi, quali parole è più probabile che seguano alla sequenza ‘La prima persona a camminare sulla Luna è stata…’. È a questa domanda che la risposta del software sarà ‘Neil Armstrong’”. Puro calcolo statistico delle probabilità, insomma, nessuna vera forma di erudizione. O di intelligenza. Piuttosto il grande nodo da sciogliere sarà l’impatto sui mestieri esistenti: quante mansioni esecutive questi modelli informatici potranno sostituire? Quante nuove ne creeranno? Come gestire nel frattempo le possibili tensioni sociali?
Metaverso
Realtà virtuale, realtà aumentata, blockchain, videogiochi immersivi, Nft, criptovalute. Tecnologie diverse e senza reciproci contatti viaggiano ora dentro un unico vagone, dopo la scelta di Mark Zuckerberg di cambiare il nome della sua Facebook in Meta e scommettere così su una nuova dimensione di internet: quella in cui, al posto di mouse e tastiere, potremmo muoverci con nostri avatar, ossia nostri doppi fatti di bit, in ambienti digitali simili a quelli reali, dentro cui incontrare altri avatar, fare acquisti, lavorare, studiare o ascoltare un concerto. I risultati finora modesti di Meta, molto indietro nel suo obiettivo di portare mezzo milione di persone sulla sua arena virtuale Horizon (con un coda di polemiche ai vertici, crollo del titolo in Borsa e migliaia di licenziamenti), hanno un po’ smorzato l’entusiasmo dei primi mesi del 2021 su questa nuova frontiera della rete. Ma nessuno ha ancora ingranato la marcia indietro. Anzi. Il grosso delle aziende hanno mantenuto il loro presidio sulla linea del fronte, con tanto di cospicui investimenti. Nelle modalità più svariate: dai canali di marketing dentro videogiochi interattivi come Fortnite o Roblox alla sperimentazione di uffici virtuali e gemelli digitali su cui simulare processi e prodotti del mondo reale, all’uso degli strumenti blockchain con piattaforme decentralizzate come The Sandbox o Decentraland o con la creazione degli Nft, certificati digitali che attestano la titolarità di beni online ma che permettono anche di aggregare comunità di persone attraverso speciali programmi di fedeltà.
Nei prossimi dodici mesi potremmo assistere a brand sulla scia di Nike o Adidas che, dentro spazi proprietari o arene collettive esistenti, offriranno beni digitali da indossare, possedere o scambiare, ma anche avatar sempre più simili alle persone che rappresentano. Resta da capire quale posto occuperanno i dispositivi che sembrano un’eterna promessa rimandata dell’universo virtuale: i visori. Meta con i suoi ottimi Quest Pro fa da battistrada, anche se un po’ in affanno nelle vendite, seguita dai soliti Microsoft, Google e ByteDance (TikTok), oltre all’attesissima e imminente versione promessa da Apple. Anche se è ormai chiaro che nel metaverso – semmai esisterà come un unico spazio interconnesso – entreremo anche con uno schermo a due dimensioni, tecnologie immersive come la realtà virtuale, la realtà aumentata e la realtà mista permetteranno esperienze di maggiore coinvolgimento. Su cui in tanti continuano a puntare in cerca dell’applicazione killer che ancora non si è vista. Per il 2023, oltre ai caschetti, aspettiamoci anche l’arrivo sia pur di nicchia di guanti e tute capaci di introdurre nei mondi artificiali l’impressione del contatto.
Cloud
Il fenomeno della migrazione dei sistemi informatici verso il cloud, da parte di organizzazioni pubbliche e private, non è una novità di adesso. Ma secondo la società di consulenza gestionale Bearing Point, i programmatori useranno la nuvola digitale per sviluppare nuove applicazioni. Un approccio inedito che si avvantaggia delle caratteristiche tipiche di questo modello, come l’accelerazione dei cicli di sviluppo dei prodotti, i servizi gestiti scalabili, l’intelligenza artificiale condivisa e l’elevata automazione. L’ingegnerizzazione delle piattaforme, secondo Gartner, permetterà di creare e gestire lo sviluppo del software come un self-service: entro il 2026, prevede la società di analisi, tre aziende su quattro adotteranno questo sistema.
Sul fronte della programmazione, la scommessa su cui molti puntano per il 2023 è la superapp, un’applicazione unica che combina le caratteristiche di una piattaforma e di un ecosistema, con la possibilità di offrire servizi e funzionalità, ma anche uno spazio su cui terze parti possono sviluppare e pubblicare le proprie mini-app. Da segnalare poi la crescente importanza delle piattaforme low code o no -code. Si tratta di programmi software che richiedono poca o nessuna esperienza di codifica. Anche con l’aiuto di algoritmi generativi tipo Chat Gpt.
Banche
Tutte le innovazioni della finanza tecnologica già da tempo non sono più appannaggio esclusivo delle agili startup in giro per il mondo, ma entrano a pieno titolo negli arsenali delle grandi banche. Per tutti il Sacro Graal sono le soluzioni digitali per velocizzare, facilitare e snellire le operazioni di aziende e consumatori. Ecco allora che nel 2023 avremo sempre più persone che useranno le carte virtuali, “in crescita vertiginosa – come scrive il rapporto della svedese Intergiro -anche per le loro solide misure di sicurezza, un’ulteriore barriera al cybercrimine”.
Facile poi prevedere nuovi passi avanti della finanza integrata, l’ecosistema in cui istituzioni finanziarie autorizzate offrono alle società non bancarie l’accesso ai loro servizi, tramite l’uso di Api (Application programming interface), nella logica sempre più avanzata dell’open banking e dell’open finance. “Quello che WordPress ha fatto per internet, le fintech lo stanno facendo per la finanza”, osserva sempre Intergiro.
Da qui al prossimo dicembre, inoltre, si dovrebbe consolidare la formula del “buy now pay later”: gli analisti vedono ancora margini di crescita per questa formula che permette ai clienti di suddividere i pagamenti in rate senza interessi. Partita come offerta rivolta soprattutto alle giovani generazioni per gli acquisti online, sta ora allargando il suo perimetro anche nei negozi fisici attraverso una carta di credito tradizionale. E infine da registrare anche una parziale apertura del mondo finanziario alla tecnologie blockchain, con l’utilizzo di infrastrutture decentralizzate per creare nuovi servizi. Già all’ultimo Salone dei Pagamenti (
vedi qui lo speciale dossier dell’edizione 2022) molti istituti tradizionali presentavano soluzioni di custodia delle criptovalute in casseforti virtuali. Ma c’è chi pensa ad adottare le monete del web come forme di pagamento. Mastercard, per esempio, ha appena lanciato un piano per rendere le criptovalute “un modo di pagare quotidiano”. “Il termine – annota Intergiro – ha registrato un’impennata di interesse, con un aumento delle ricerche del 136 per cento dal 2017 e con grandi aziende come Google che sono salite a bordo. Nel 2023 prevediamo che altre banche e fornitori finanziari si uniranno a loro”.