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26 Dicembre 2024 / 14:20
EffettoFestival: la cultura alla prova del Covid

 
Scenari

EffettoFestival: la cultura alla prova del Covid

di Mattia Scheppati - 18 Novembre 2020
Intesa Sanpaolo ha promosso una ricerca, presentata in occasione di BookCity, sulla “trasformazione digitale” degli eventi culturali durante la pandemia. Risultato? Ai festival letterari, artistici e musicali che si sono reinventati attraverso piattaforme online partecipa un 16% in più di “fruitori non abituali”. «Ma dobbiamo al più presto tornare a vivere live gli eventi», osserva Giulia Cogoli, tra le più attive promotrici culturali italiane e co-autrice della ricerca.
Cheffanno gli italiani bloccati in casa per settimane da lockdown generali o multicolori? Per esempio, si acculturano partecipando al ricchissimo cartellone di festival, happening ed eventi d’ambito culturale, letterario, artistico, filosofico o musicale che un tempo attiravano folle di appassionati in suggestive piazze e scorci del Belpaese, mentre dalla scorsa primavera e ancora a tempo indeterminato si sono letteralmente reinventati attraverso i canali di fruizione digitali. Questa contro-lettura del tempo della pandemia non è solo una provocazione, ma il frutto di un’approfondita ricerca sostenuta da Intesa Sanpaolo che ha analizzato la conversione dell’«industria» degli eventi culturali dall’inizio della pandemia e dell’entrata in vigore delle nuove regole sul distanziamento sociale che hanno dato una gelata a tutto il mondo dei festival e degli happening live. Due i pilastri della ricerca, presentati in occasione di BookCity Milano: un’indagine statistica svolta da Ipsos (I consumi culturali degli italiani ai tempi di Covid-19: vecchie e nuove abitudini), e un’analisi concettuale dal titolo EffettoFestival: festival e consumi culturali ai tempi di Covid-19, realizzata da due tra i più attivi operatori culturali italiani, Giulia Cogoli e Guido Guerzoni.

Il lockdown come scoperta

Tra la marea di dati, che tracciano un profilo interessante della capacità dell’industria cultural-popolare di adattarsi con rapidità al cambiamento (se pur con gravi perdite, è ovvio e inevitabile), è proprio quel dato del 16% di «neofiti», ovvero «coloro che si sono avvicinati al mondo della cultura a partire dal lockdown», specificano i ricercatori di Ipsos.«Per tante persone il lockdown è stato un momento di sperimentazione e scoperta», spiega Giulia Cogoli, promotrice di diversi “successi culturali” come il Festival della Mente di Sarzana, i Dialogi sull’uomo di Pistoia, e molti altri. «Il digitale è stato vissuto come un’opportunità che ha semplificato e reso più accessibile la fruizione della cultura, sotto molti aspetti: ne ha facilitato la fruizione, creando un contesto per certi versi più confortevole (da casa, annullando quindi i costi legati allo spostamento), talvolta ibrido (mentre si stanno facendo altre cose), e orizzontale, cioè non elitario. Interessantissimo poi un altro dato positivo, collegato a questo: per il 30% dei rispondenti il festival culturale “formato digitale” si rivelato uno strumento di condivisione familiare, capace di avvicinare le generazioni, riunite nel momento della fruizione, che quindi diventa elemento di dialogo familiare. Tra tanti svantaggi e disagi che il Covid ha generato, possiamo considerare questi dei piccoli “lumi” di positività».

Fantasia batte tecnologia

L’analisi ha riguardato su un campione di 87 festival di approfondimento culturale, coinvolgendo sia i soggetti più importanti in termini di longevità, dimensioni del pubblico e budget, sia quelli medi e piccoli, più giovani e locali. «Il primo spunto di riflessione offerto dalla ricerca è che, a dispetto delle enormi difficoltà incontrate, la maggior parte dei festival è riuscita a sopravvivere all’”effetto lockdown” imposto dall’emergenza sanitaria, con l’eccezione del 17% degli intervistati, che ha dovuto purtroppo annullare l’edizione 2020», spiega Cogoli. I casi più eclatanti di «resistenza e resilienza», e anche di fantasiosità creativa nell’interpretare i nuovi strumenti digitali, si sono in larga misura registrati tra i festival più longevi, strutturati e affermati. «È un elemento che ci ha sorpreso, e che ci ha fatto riflettere su un concetto importante», sottolinea Cogoli, «e cioè che di fronte al cambiamento quel che fa fare lo scatto positivo non è tanto la capacità di padroneggiare la tecnologia – le soluzioni tecnologiche si comprano a seconda della necessità – ma quella di dare spazio alla creatività e al coraggio di sperimentare strade nuove. Inventandosi per esempio un mix di streaming digitale e strutturazione di canali tv digitali, o di radio, dedicate all’evento, che contribuiscono ad ampliare i format a disposizione, ad allargare la base di pubblico, e a creare strumenti che poi possono durare e vivere nel tempo, anche al di là delle date dell’evento».

Ibrido è meglio

Il 48% dei festival ha così adottato un sistema “ibrido”, combinando eventi in presenza ed online (nelle diverse modalità offerte dalle odierne tecnologie di trasmissione in rete), mentre il 7% ha indetto una doppia edizione, una digitale nelle date originariamente previste e una in presenza in un momento successivo, quasi sempre estivo. Non ci sono state significative contrazioni della durata media, anche grazie al minor costo e alla maggior disponibilità dei tanti relatori che hanno  comunque garantito “da casa” la loro presenza.

I canali di fruizione

Per quanto riguarda canali e format, il 56% del campione ha effettuato dirette streaming su Facebook e Youtube, ha varato inedite media partnership con broadcaster radiofonici nazionali, producendo altresì per la prima volta podcast, webinar e Tv del festival. Si tratta di contenuti originali, realizzati nel 90% dei casi dagli stessi organizzatori, che hanno alimentato i relativi archivi digitali, stimolando una pratica di archiviazione che ragionevolmente aumenterà in futuro, potendo contare già oggi su una media di oltre 500 contributi/titoli per festival.

Torneremo live!

Sì è aperta una nuova strada, quindi? «Di sicuro l’allargamento alla platea digitale degli eventi è un fatto compiuto, e indietro non si torna. MA» conclude Cogoli, calcando quel “ma” in maniera stentorea, «si dovrà sicuramente tornare agli eventi fisici. I festival e le manifestazioni culturali sono prima di tutto un momento di condivisione, di incontro, di scambio “fisico”. Tutte cose rispetto alle quali anche la tecnologia più evoluta ha il limite della freddezza. Quel che io mi porto a casa da ogni evento è un ricordo multisensoriale, ed è quello che rende “memorabile” la partecipazione a un Festival. Essere stato in una piazza o in un teatro, aver ascoltato, parlato con altre persone, mangiato una specialità locale. La partecipazione dal vivo dà una capacità di introiezione unica. Un’esperienza che non può essere sostituita in maniera indolore».
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