"Noi, gli influencer dei millennial patiti di finanza"
di Massimo Cerofolini
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4 Ottobre 2019
Intervista a Marco Scioli, fondatore di Starting Finance, start-up creata da un gruppo di ventenni con oltre 70 mila follower: "Informiamo, creiamo corsi e organizziamo gare sui temi economici e di borsa. Parliamo il linguaggio dei giovani e li prepariamo per il lavoro, facendoli divertire"
"Gli appassionati di moda hanno Chiara Ferragni, quelli di tecnologia Salvatore Aranzulla. Ma i giovani che sul web amano discutere di finanza a quali coetanei possono ispirarsi? Ecco, noi vogliamo essere gli influencer dei millennial sui temi della Borsa e degli investimenti". Ha le idee chiare Marco Scioli, 24 anni, fondatore insieme a Edoardo di Lella della start-up Starting Finance, il punto di riferimento sui social per l'informazione finanziaria rivolta alla fascia di età tra i 22 e i 38 anni. Ad oggi, una comunità online con oltre 70 mila seguaci, che sforna contenuti che vanno dalle notizie flash agli approfondimenti, dai corsi formativi alle sfide coi videogame.
Ma quali sono le regole d’ingaggio per parlare alla sfuggente generazione degli under 40 di argomenti complessi come quelli del mondo bancario? Che tipo di taglio è necessario per coinvolgere questo pubblico particolare? Di questo Scioli parlerà il
6 novembre, ospite del
Salone dei Pagamenti al MiCo di Milano (
per partecipare gratuitamente clicca qui). Ecco la sua intervista per i lettori di Bancaforte.
Vi presentata come la più grande community italiana di educazione e informazione finanziaria per millennial. Come nasce questa idea?
"Ricordo che tre anni fa passavo le giornate a discutere di economia e finanza con Edoardo, che ora è l'amministratore delegato". Tra una chiacchierata e l'altra ci siamo accorti che su Internet potevi trovare luoghi di scambio su qualsiasi materia, ma non su quella che interessava a noi. O almeno non con un linguaggio che potessimo sentire nostro. È così che la mia strada si è incrociata con quella di Edoardo, appena rientrato da due anni di liceo negli Stati Uniti: un’esperienza che lo aveva colpito per il fatto che a cena, in famiglia, si parlasse di mercati azionari, spread, investimenti e altre cose impensabili dalle nostre parti. Di qui l'idea di creare un luogo per gli appassionati di questi temi.
Come siete partiti?
Abbiamo cominciato semplicemente con una pagina Facebook, presentandoci come due ragazzi di 19 anni che volevano rivoluzionare la comunicazione finanziaria. E subito ci siamo accorti che di gente come noi era piena l'Italia. L'avvio è stata una straordinaria palestra per creare uno standard di scrittura che rispecchiasse il linguaggio delle persone della nostra età. È così che in appena sei mesi, la pagina ha superato i 10 mila follower.
Forti di questi risultati positivi, avete poi lanciato la vostra seconda iniziativa, stavolta nella realtà fisica: gli Starting Finance Club, legati agli atenei italiani.
Sì, i ragazzi che partecipavano online hanno cominciato a vedersi anche nelle città in cui vivevano. È così che al momento abbiamo messo su 24 club in altrettante università del Paese, dove si organizzano regolarmente eventi con esperti della finanza. Ogni anno affidiamo a un club l'organizzazione del meeting nazionale. Dopo la Cattolica di Milano, lo scorso anno, il 4 ottobre sarà la volta della Luiss di Roma, con un programma fatto non solo di conferenze, ma anche di competizioni tra le varie squadre di studenti.
A settembre del 2018 nasce la start-up sotto forma di Srl. Come definireste la vostra ragione sociale?
Siamo una community di appassionati di economia e finanza, con lo scopo di favorire scambi e di creare una rete composta tendenzialmente da millennial. Ci basiamo su tre pilastri: informazione, educazione e gamification.
Partiamo dalla prima missione: l'informazione finanziaria. Come siete organizzati?
Abbiamo anzitutto tre canali distinti: il sito, dove ci dedichiamo agli approfondimenti; Instagram, dove pubblichiamo infografiche corredate da poche righe di spiegazione; Facebook, che è un po' una via di mezzo e che comunque rimanda al sito. Abbiamo 110 redattori che scrivono da tutta Italia, filtrati però da tre supervisori e da un caporedattore.
Quali sono i temi finanziari che interessano di più ai millennial?
Se guardiamo agli analytics, ci accorgiamo che sono anzitutto quelli legati alle passioni personali dei nostri lettori, prese dal punto di vista finanziario: ecco allora che spiccano le notizie sull'economia sportiva, sui modelli di business nella musica o - specie per il pubblico femminile - tutta la sfera degli investimenti nella moda. Il pezzo più letto in assoluto? Un articolo che spiegava con parole semplici gli indicatori del rapporto tra rischio e rendimento.
In cosa la vostra informazione è diversa da quella che si trova sui siti tradizionali di economia?
Sembrerà un paradosso. Eppure, malgrado molti nostri follower studino economia, quasi tutti faticano a capire il taglio della stampa finanziaria classica. Perché spesso gli articoli sono troppo lunghi e perché hanno un approccio top-down. Noi invece puntiamo sulla divulgazione. Parliamo in modo semplice, così come faremmo tra di noi, senza termini specialistici. È un contatto botton-up, tra persone dello stesso livello. Insomma, una comunicazione fresca, schietta, ma - ci tengo a sottolinearlo - anche molto rigorosa. Perché non possiamo permetterci che non ci prendano sul serio.
In che modo parlate della realtà bancaria nei vostri articoli?
Il mondo dei millennial è attratto soprattutto dalle proposte che puntano sulla velocità e su un tipo di esperienza d'uso a cui sono ormai abituati quando navigano in rete, sui social o nei negozi elettronici. E dunque banche online o comunque con una presenza agile sul web. Altra cosa a cui i giovani prestano grande attenzione è poi la sicurezza dei loro soldi: il timore di perdere i propri risparmi è una delle questioni più frequenti trattate nei nostri articoli.
La seconda gamba del progetto riguarda l'educazione.
Le ultime ricerche a livello europeo segnalano che c’è un alto tasso di difficoltà delle imprese ad assumere neolaureati con competenze adeguate al lavoro reale. Di qui la nostra area educational. Che ha due rami. La prima è online, con una sezione gratuita del nostro sito dedicata alla formazione e fornita di guide aggiornate su varie tematiche, con un taglio molto pragmatico. L'altra invece è offline ed è curata da Riccardo, che segue l’organizzazione degli eventi e dei corsi fisici. Le università faticano a inserire i giovani nel mondo del lavoro. Privilegiano la teoria a scapito della pratica. È su questo vuoto che ci inseriamo.
Come nascono i corsi?
Dall'esperienza diretta, con le antenne rivolte a intercettare i bisogni. Tempo fa, ad esempio, abbiamo organizzato un corso sui crediti deteriorati chiamando manager, dirigenti bancari e avvocati e coinvolgendo sia gli studenti di economia che quelli di legge. Bene, oltre ad ascoltare le conferenze, i ragazzi potevano proporre i loro curricula. Ma quando si sono presentati ai colloqui hanno mostrato mancanze per chi li stava esaminando. Come fai candidarti per un posto in banca se non sai usare Microsoft Excel? È così che abbiamo deciso di creare un corso su Excel applicato alla finanza, cosa che avrebbe dovuto fare l'università. Una cosa piccola da dodici ore che è andata subito sold out nelle due tappe romane e nelle altre che abbiamo replicato a Milano, Palermo e Torino. Insomma costruiamo i nostri corsi in base alle esigenze reali che di volta in volta ci vengono segnalate dalle aziende o di cui ci accorgiamo parlando coi ragazzi.
I prossimi corsi?
Sono in partenza uno su Power Point, uno sulla selezione dei portafogli d’investimento e uno sulla negoziazione, classica soft skill basata sulle interazioni umane, fondamentale nella vita lavorativa finanziaria
E infine la gamification. In che modo applicate le gare coi videogame alla finanza?
Abbiamo sviluppato una piattaforma che simula i mercati finanziari senza investire soldi reali. Gli utenti costruiscono i propri portafogli con soldi virtuali e gareggiano per scoprire chi guadagna di più. È un po' il Fantacalcio della Borsa. Perchè il gioco? Per tre motivi. Primo: è il più grosso antidoto contro la noia, stato emotivo in cui cadono presto i millennial se non riesci a coinvolgerli. Secondo: favorisce l'interazione e il contatto con altri potenziali partner nella vita, dunque crea network. Terzo: è un percorso di gara strutturato, in cui ad ogni quadro si impara qualcosa, ci si aggiorna e si studia la materia. In pratica è un rafforzamento emozionale delle altre due voci della start-up, l'informazione e l'educazione.
Siete una start-up e non un’associazione. Qual è il vostro modello di business?
Al momento guadagniamo soprattutto sui corsi in aula e vendendo i nostri prodotti per atenei come la Lumsa e presto la Luiss. Poi con le classiche pubblicità del sito, coi banner e con accordi di sponsorizzazione sugli eventi. Per il futuro, oltre a fornire consulenze alle nuove start-up del Fintech, stiamo pensando all'abbonamento con un'app per partecipare a gare di simulazione con un vero montepremi.