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26 Aprile 2024 / 22:27
Rivoluzione insurtech: al via polizze a tempo e coperture legate agli stili di vita

 
Fintech

Rivoluzione insurtech: al via polizze a tempo e coperture legate agli stili di vita

di Massimo Cerofolini - 17 Luglio 2020
Cresce rapidamente la domanda di formule assicurative flessibili e gestite da tecnologie come sensori, app, blockchain e intelligenza artificiale. Coperture per piccoli eventi o legate agli stili di vita che piacciono soprattutto ai Millennial. Ne parla Gerardo Di Francesco, cofondatore dell’Italian Insurtech Association
Il primato lo detiene Lemonade, l’azienda americana che a inizio luglio ha celebrato il suo debutto sfolgorante in Borsa con un balzo di oltre il 100 per cento dal prezzo iniziale: appena 3 secondi per liquidare la pratica di un sinistro. Ci è riuscita grazie a un algoritmo capace di valutare foto, video e documentazione varia, soppesando i danni effettivi e smascherando inganni e simulazioni. Ma l’avvento dell’insurtech, neologismo che mette insieme le parole inglesi che stanno per assicurazione e tecnologia, prende la forma di un vero e proprio uragano in un settore che ha ancora un grande potenziale di innovazione da attuare. Ecco allora che dai giovani alfieri del comparto arrivano le polizze valide soltanto per coprire i rischi di una partitella a calcetto. O per risarcire il furto di un telefonino. O per coprire le spese del veterinario. Oppure premi che cambiano in base alle modalità di guida o allo stile di vita rilevati da sensori sull’auto o applicati al corpo. Fenomeno affermato all’estero da qualche anno, l’insurtech comincia ad attecchire anche in casa nostra, specie nella generazione dei Millennial, tradizionali apripista sulle ultime trovate del digitale. A raccordare la galassia degli assicuratori del futuro c’è ora un organismo, l’Italian Insurtech Association, punto di riferimento per le realtà che operano nella copertura dei rischi con tecnologie come sensori, internet delle cose, app, blockchain, intelligenza artificiale, machine learning, chatbot o roboadvisor. Abbiamo intervistato Gerardo Di Francesco, cofondatore e vicepresidente della nuova associazione.

Dottor Di Francesco, come sta andando la rivoluzione dell’insurtech? E come mai il modello flessibile che propone arriva molto dopo quello di altri ambiti scossi dalla rivoluzione digitale?

Il mercato assicurativo è più resiliente agli imprevisti, dunque ai cambiamenti, sia per natura che per mentalità. Ed è abbastanza ovvio che ci abbia messo tanto a digerire le novità dell’era digitale. Basti ricordare che i Lloyds, che pure all’epoca avevano tre secoli di esperienza alle spalle, assicurarono la prima automobile sotto la voce “imbarcazione su strada”, perché faticavano a classificare la novità e l’assimilarono ai cargo che si muovevano nel Mediterraneo. Ma oggi i tempi sono cambiati e gli stessi Lloyds fanno accordi strategici con Google per sbarcare in modo dirompente nell’innovazione delle coperture assicurative. Anche loro hanno cominciato ad applicare tecniche di intelligenza artificiale alla sottoscrizione dei rischi. Il processo, insomma, è in moto e destinato a veloci mutamenti grazie alla diffusione delle varie tecnologie in campo, come i social network, i cellulari, il cloud, le intelligenze artificiali o la blockchain. Una potenza di fuoco che oggi permette ad aziende e persone fisiche di trasferire alle compagnie i rischi collegati a qualsiasi tipo di attività: automobili, salute, animali, meteo, lanci di satelliti e via dicendo. L’impatto sarà enorme. Per dire, in Italia soltanto l’RC Auto è un business da 16 miliardi di euro, che impiega circa 500 mila persone. E la trasformazione in arrivo impatta su tutta la filiera:  distributori, broker, agenti, e adesso anche i concessionari o i supermercati, fino alle compagnie di riassicurazione o ai periti.

Negli Stati Uniti fanno scalpore le prestazioni di una giovane azienda, da poco quotata in Borsa con una performance spettacolare e attesa a breve in Europa: Lemonade.

Lemonade è un caso da studiare molto bene. Nata tre anni fa, ha avuto una crescita spaventosa grazie a un’offerta che facilita la gestione delle pratiche in modo molto efficiente. Se assicuro una casa e ho una perdita d’acqua, per esempio, mi basta girare un video in cui spiego cosa è successo. Sarà un algoritmo a quantificare i danni grazie a un controllo visuale e a un software addestrato a identificare raggiri ed esagerazioni. Risultato: un pugno di secondi per liquidare la cifra spettante. In generale, Lemonade propone soluzioni personalizzate, con premi diversi a seconda dei singoli tassi di rischio calcolati sempre da programmi di intelligenza artificiale. E ha anche una forte attenzione ai valori etici, cosa che piace molto al loro pubblico di riferimento, i Millennial, di cui peraltro anch’io faccio parte: ogni 100 dollari di premio 5 vengono devoluti per una causa tra i 17 obiettivi delle Nazioni Unite, dall’ambiente alla fame nel mondo, a scelta dell’utente. Ma la cosa più interessante è lo studio antropologico da cui Lemonade è partita: hanno scoperto che il modo di percepire una compagnia di assicurazioni da parte delle persone è viziato da un pregiudizio, per cui se si dichiara un danno maggiore di quello reale non si pensa che si sta commettendo un illecito. Ecco, per ribaltare questa idea l’azienda americana ha investito tantissimo soprattutto in comunicazione: non a caso il loro slogan è “dimentica tutto quello che sai sulle assicurazioni”.

L’aspetto più popolare dell’insurtech riguarda le micro-assicurazioni.

È quello che fa ovviamente più breccia tra le nuove leve di consumatori, più aperte verso l’offerta digitale. Sono polizze che possono avere anche premi bassissimi, a partire da pochi euro, e durate brevissime, magari quella di una semplice partita di tennis. Se si guarda tra le proposte ci si accorge che il solo limite è quello della fantasia. Voglio assicurarmi contro gli incidenti sulla neve? Stipulo un contratto valido soltanto il giorno in cui scio.  Avendo digitalizzato l’offerta non ci sono costi di gestione e si può proporre un prezzo da meno di 4 euro.  Oppure attivo la polizza auto soltanto nei giorni in cui guido, come nel caso delle instant insurance, le assicurazioni istantanee, che si accendono in automatico al verificarsi di determinate circostanze. Ma è possibile proteggere cellulari e computer da danni accidentali, smarrimenti, furti, con il vantaggio che la distribuzione delle polizze può essere fatta al momento dell’acquisto del dispositivo direttamente dal rivenditore. Così come un gioiello. O un animale domestico che ha bisogno di cure veterinarie. In generale, le micro-assicurazioni e le assicurazioni istantanee sono proposte che favoriscono l’inclusione sociale, perché allargano il perimetro di chi usa gli strumenti assicurativi. Un fattore sociale importante. Pur avendo inventato le assicurazioni, noi italiani tendiamo infatti a vivere le polizze più come un male necessario che come un’opportunità. È comunque un fatto che con la pandemia le cose stanno cambiando. Da un nostro sondaggio è emerso che i Millennial prima dell’emergenza covid vedevano le assicurazioni come qualcosa di superfluo; nelle ultime settimane invece la percentuale degli under 35 disposti ad acquistare una copertura flessibile supera il 50 per cento.

A facilitare l’elasticità delle nuove coperture digitali si aggiunge anche lo strumento della sensoristica, il cosiddetto internet delle cose, che permette di collegare al web gli oggetti che hanno a che fare con il bene assicurato.

L’internet delle cose consente di rendere automatico il controllo sui comportamenti al centro della polizza. Ad esempio, già oggi l’Italia è il primo Paese al mondo quanto a penetrazione delle black box, le scatoline che dicono alle compagnie il modo in cui guidiamo. Oggi però la stessa funzione la garantiscono i cellulari che, con la geolocalizzazione e la cronologia di Google Map, offrono tantissimi dati sul conducente: se frena in modo brusco, se manda messaggini mentre è al volante, se parcheggia in divieto di sosta e via dicendo. Tutto molto semplice, insomma, nessun dispositivo da installare e parecchie informazioni in più. Idem nel campo sanitario: il prezzo di una polizza può variare a seconda dei parametri fisiologici rilevabili da un semplice braccialetto digitale. Fai sport tutti i giorni e mangi in modo sano? Pagherai meno di chi ha uno stile di vita più trascurato.

Sulla stessa linea rientrano anche gli effetti dalla blockchain, il registro condiviso online che permette di certificare in modo sicuro, trasparente e irreversibile qualsiasi transazione. Anche questa fa parte del mondo insurtech?

La blockchain ha molti punti di contatto con l’impresa assicurativa. La tecnologia è famosa per le criptovalute, a cominciare dai bitcoin, ma si sta affermando anche come sistema per i cosiddetti smart contract, ossia quei contratti che diventano immediatamente esecutivi al verificarsi di situazioni certe. Questo nel campo assicurativo permette di gestire i sinistri con meccanismi automatici, senza bisogno di ulteriori verifiche. Esempio: ho assicurato la puntualità di un volo, se l’aereo non arriva in orario scatta istantaneamente il pagamento dell’indennizzo previsto. È uno strumento molto potente negli ambiti notarili, fiscali o nei rapporti con gli enti pubblici. L’unico limite che vedo è legato al livello di penetrazione: quanto più gente la adotta tanto più è efficiente. E oggi siamo ancora molto indietro.

Un’altra branca dell’insurtech è quella del cyber risk.

Sì, non è esattamente una novità in assoluto. Già da tempo gran parte delle compagnie propongono polizze per proteggere il rischio di attacchi hacker, data breach o altre azioni che possano compromettere le infrastrutture digitali di aziende o privati. Ma l’innesto delle ultime tecnologie sta offrendo una nuova primavera al settore. Ci sono software che oggi permettono di prevedere gli attacchi in modo automatico o di monitorare le situazioni più sensibili. A oggi in Italia sono prodotti poco diffusi tra i consumatori e le stesse compagnie non li spingono perché comportano rischi altissimi a fronte di premi ancora troppo esigui. Credo però che in futuro, con il tasso crescente di furti di identità e di assalti ai nostri portafogli online, il tema diventerà di uso comune, come oggi è l’RC Auto.

A rendere l’insurtech particolarmente efficiente c’è poi l’uso massiccio di algoritmi di intelligenza artificiale, machine learning, chatbot e robo-advisor.

È un mondo fantastico che cambierà il futuro del nostro settore. Pensiamo alla visual recognition, la capacità delle macchine di leggere la realtà in modo simile al nostro, e per certi aspetti anche migliore. Pensiamo alla sanità, dove i software possono analizzare in un secondo migliaia di ecografie o testare quantità enormi di molecole per nuove terapie, oppure pensiamo alle future auto che si guidano da sole. Nel mondo assicurativo la grande novità è rappresentata dal machine learning semantico, il software che riconosce e dà un significato a un testo: una tecnologia che permette di controllare e catalogare grandi quantità di pratiche, ma anche di interloquire con la clientela usando un linguaggio naturale come quello di un operatore telefonico. Attenzione, oggi l’intelligenza artificiale è brava a gestire problemi sulla base di set predefiniti. Il vero salto avverrà quando, senza alcun addestramento iniziale, sarà in grado di elaborare i dati di partenza trovando correlazioni inedite, su cui magari immaginare nuovi tipi di polizze.

Questa capacità del digitale di conoscere ogni aspetto delle nostre vite non rischia di frantumare i residui aspetti della privacy che tutti vorremmo proteggere, con il pericolo di discriminazioni nella tutela dei cittadini?

È un fatto che il Covid sta accelerando la diffusione delle tecnologie indossabili o addirittura impiantabili: parlo di braccialetti, cerotti, sensoristica legata ai vestiti o microchip sottopelle. Tutto questo fornirà una serie aggiuntiva di dati per valutare le condizioni personali. E allora possiamo vederla in due modi. O in modo distopico, con un futuro in cui entità grigie controllano le sorti del mondo e manipolano gli individui come pupazzi. Oppure possiamo immaginarla in modo positivo, come un mondo dove se il dispositivo che ho addosso rileva un cambio di parametri sospetto posso adottare per tempo misure di precauzione o prevenzione. Sono ormai numerosi, per esempio, i casi in cui gli Apple Watch hanno salvato la vita delle persone segnalando le prime impercettibili avvisaglie di un infarto e lanciando l’allerta decisivo. Detto questo, non possiamo dimenticare che l’industria assicurativa si carica di un rischio enorme e ha tutto il diritto di acquisire le informazioni sui propri clienti per fare al meglio il proprio lavoro. Ovviamente il limite è dato dalle norme sui dati personali, in Europa particolarmente severe dopo l’arrivo della normativa Gdpr.
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