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28 Marzo 2024 / 14:09
Quattro parole per il futuro del mobile banking

 
Fintech

Quattro parole per il futuro del mobile banking

di Mattia, Schieppati - 19 Febbraio 2016
Le app bancarie legate solo a servizi di pagamento e transazioni sono già il passato. Perché le potenzialità di questi strumenti, nella nuova era social, sono molto più ampie. Ecco che cosa possono già fare ...
Non è sufficiente aver strutturato un sistema di mobile banking per pensare di aver ormai svoltato e aver soddisfatto tutte le necessità della propria clientela. «This is no time to kick-back and relax», non è proprio il momento di tirare i remi in barca e rilassarsi, avverte Mark Cliffe, Chief Economist di ING Group, in un articolo-vademecum agile e dai risvolti molto concreti pubblicato sul sito specializzato The Financial Brand (leggi qui). Il vero lavoro da fare, per gli istituti che hanno portato ai loro clienti la possibilità di gestire la propria attività bancaria online e in mobilità, è ora trasformare il servizio in «esperienza personalizzata». Come? Ecco 4 parole che individuano 4 interessanti prospettive di sviluppo

1. Consulenza

Attualmente, nella quasi totalità dei casi, le app di mobile banking riguardano quasi esclusivamente transazioni: attraverso il proprio smartphone, il cliente può pagare le bollette, effettuare bonifici, trasferire denaro, controllare il proprio conto o trovare la filiale più vicina. Si tratta insomma di esperienze definite «funzionali». Per clienti che ormai vivono in maniera sempre più immersiva la rete e le sue varie interazioni, queste semplici «task» di utilizzo andranno presto molto strette. Rispetto a un frigorifero che mi comunica quando è finito il latte, o a un'automobile che mi indica come utilizzare al meglio il pedale del freno per conservare più a lungo gli pneumatici, come posso accontentarmi del fatto che la mia banca mi consenta di svolgere funzioni così “fredde” e unidirezionali (da me alla banca, e stop)? Presto i consumatori cominceranno a chiedere che quello attraverso le app sia un dialogo e non più solo un monologo. Ovvero i telefoni cellulari e i tablet dovranno fungere da consulenti digitali virtuali.
Il mobile banking dovrà passare da un “product pushing model” a un “customer centric model”: fornire cioè servizi in maniera proattiva e secondo criteri custom made su ogni singolo cliente, aiutandolo non solo a soddisfare bisogni immediati ma a prendere decisioni intelligenti rispetto alla gestione del proprio denaro. Ciò significa che le istituzioni finanziarie dovranno sviluppare una comprensione più profonda dei propri utenti, che vada al di là dell'aspetto puramente finanziario. Quali sono gli obiettivi di vita del mio cliente? Quali i desideri che vuole soddisfare oggi, tra un anno, tra 10 anni? L'analisi dei dati che emergono da transazioni e operazioni bancarie per rispondere a queste domande non basteranno più: bisognerà essere in grado di attingere a dati nuovi, per esempio a tutte le informazioni che circolano, libere, sui social network. Gli inizi di questa tendenza sono già visibili, per esempio, nel mercato dei prodotti di investimento, con il lancio di consulenti-robot: sistemi automatizzati di gestione del portafoglio di offerta che si basano su una serie di dati forniti dagli stessi clienti, da cui viene dedotta la loro propensione al rischio e costruito un profilo di gestione del patrimonio.

2. Accesso

Oggi la maggior parte delle app di mobile banking si concentrano su due funzioni: pagamenti e gestione del risparmio. Ma il "profilo finanziario" di un cliente è molto più ampio (mutui e prestiti, investimenti suddivisi in diversi istituti finanziari ...). Di fronte a questa frammentazione, un'app che gestisca solo una parte dei bisogni diventa alla lunga poco utile. Il cliente vuole avere sotto controllo tutta la propria situazione patrimoniale accedendo a un unico strumento di gestione. Per questo, la tendenza in atto è quella che porta verso l'aggregazione, verso piattaforme su cui possano essere convogliati i dati finanziari provenienti da più fonti e restituiscano quello che viene definito un «quadro olistico» della situazione finanziaria del singolo cliente. Che cosa significa questo per un mercato frammentato come quello delle banche, dove ogni azienda custodisce gelosamente i dati (parziali) che ha di ogni proprio cliente? Cosa significa, soprattutto, rispetto a un sistema giuridico incardinato sul principio della privacy e della segretezza dei dati? «I fornitori bancari dovranno ripensare il loro modello di business», dice l'articolo, «andando oltre il sogno di essere l'unico fornitore multi-prodotto per i propri clienti, puntando a offrire piuttosto piattaforme a valore aggiunto cui i clienti possano accedere e gestire le proprie finanze, indipendentemente dalla fonte. Facendo attenzione al fatto che al di fuori del perimetro dell'industria bancaria ci sono attori, come per esempio Google o Amazon, che hanno già sistemi capaci di aggregare e mettere a servizio del cliente dati provenienti da fonti diverse e semplificargli la vita dandogli accesso a sistemi semplici di controllo e gestione: se scendono nell'agone della banca-finanza soggetti di questo tipo, che cosa può succedere?

3. Empatia

Per come sono strutturati oggi i servizi di mobile banking, il cliente sta sull'app della banca dai 3 ai 5 minuti, quanto gli serve per effettuare il bonifico o pagare il bollettino. Poco, rispetto alle 3 ore (in media) che ciascuno di noi trascorre navigando da mobile. Troppo poco per creare un legame emozionale con il proprio cliente. Se l'obiettivo è far diventare l'app bancaria una «persona di fiducia», la propria consulente personalizzata per tutto ciò che riguarda gli aspetti della finanza personale, bisogna dilatare questo tempo di permanenza e farlo diventare ad alto contenuto emotivo. Bisogna tessere un rapporto che vada al di là dell'operazione bancaria. Esistono già sistemi di affective computing, in grado di analizzare le emozioni di un utente da pochi elementi relativi alle sue abitudini; basta applicare questi sistemi e svilupparli con fantasia per creare un feeling nuovo con il cliente. Se gli piace viaggiare, l'app potrebbe per esempio proporgli fantastici pacchetti viaggio per il week-end legati a convenzioni stipulate dalla banca; oppure, se sta cercando casa, proporgli suggerimenti di immobili in vendita proprio nella zona in cui sta transitando in quel momento (con la geo-localizzazione, è un attimo...). Due cose semplici che faranno guardare all'app della banca in un modo diverso. Più umano.

4. Socialità

Siamo animali sociali e amiamo condividere le nostre ansie, la nostra felicità con gli altri. Il boom dei social network ha potenziato in maniera incredibile questa propensione alla condivisione: oggi siamo abituati a prendere decisioni solo dopo aver consultato, in maniera virtuale, la rete dei nostri amici o followers. Il rapporto banca-cliente è sempre stato invece un rapporto privato, uno a uno. Nell'immediato futuro, anche il rapporto cliente-banca dovrà essere più social. Attraverso app evolute, sarà possibile condividere online (con i familiari, con una cerchia di amici, con persone di fiducia) molti aspetti che riguardano anche la gestione del nostro denaro. Le persone si fidano più dei consigli di altre persone che delle indicazioni che può fornire un'azienda o un'istituzione. Bene, le banche hanno centinaia di migliaia di clienti: se - con le dovute cautele relative alla privacy e alla sicurezza - queste platee di clienti diventassero gruppi con cui confrontarsi e dialogare su dubbi o opportunità relative alla gestione delle proprie finanze, non sarebbe vantaggioso? Perché quando devo scegliere un ristorante consulto prima TripAdvisor e leggo i commenti di chi c'è già stato, mentre quando devo scegliere un investimento mi consulto solo con il promotore finanziario, o al massimo faccio qualche telefonata a due o tre amici ben informati, quando ci sono milioni di altri clienti come me che magari hanno già sottoscritto quel prodotto, l'hanno trovato ottimo oppure non sono soddisfatti? Le banche, anche attraverso app dedicate, hanno la possibilità di strutturare questi sistemi di condivisione, dando vita a piattaforme di “finanza collaborativa”.
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