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08 Dicembre 2024 / 03:34
La filiera dei nuovi pagamenti ha già fatto disruption

 
Pagamenti

La filiera dei nuovi pagamenti ha già fatto disruption

di Mattia Schieppati - 6 Novembre 2019
La testimonianza del fondatore di Revolut, Nikolay Storonsky, simbolo del Fintech di successo, e la voce delle eccellenze dell’industry nazionale dei pagamenti accendono il dibattito nella seconda parte della Plenaria di apertura del Salone dei Pagamenti 2019
Un botta e risposta ponderato e ricco di spunti quello andato in scena sul palco della Sessione plenaria di apertura del Salone dei Pagamenti durante la seconda parte della mattinata di avvio lavori.
A rompere il ghiaccio Nikolay Storonsky, fondatore e Ceo della Fintech britannica Revolut, uno dei simboli delle start-up Fintech diventate giganti nel giro di una manciata di anni, che intervistato e provocato da Paolo Zaccardi, Ceo di Fabrick, è andato dritto al punto – e alla sintesi – dei tanti temi presenti al Salone: come e perché le persone, nella loro vita quotidiana, dovrebbero scegliere di pagare in digitale, anziché in contanti?
Per rispondere, in occasione del suo primo intervento pubblico in Italia, Storonsky – che oggi guida un’azienda nata solo 4 anni fa ma ormai globale, che offre i suoi servizi di pagamento a oltre 7 milioni di clienti in Europa, con un’espansione dall’Asia agli Usa – parte dalla sua storia personale.
«Ho sempre viaggiato tantissimo nella mia vita e mi sono accorto della fatica che mi costava lo star dietro a come spendevo i miei soldi in viaggio, tra contanti, cambi, commissioni, pagamenti digitali. Così mi sono concentrato nello sviluppare un modo per poter utilizzare il denaro in maniera semplice, per sapere quello che sta succedendo nel mio portafoglio, senza dover pensare a commissioni, costi aggiuntivi ecc. Revolut è nata per fare questo, per rispondere a un bisogno concreto e reale». Chiamatelo pure customer need, customer experience, ma la bellezza della disruption portata dal Fintech sta proprio in questo: dare risposte semplici a bisogni basici dell’utente, e dare queste risposte in maniera rapida. «Per farlo, e per farlo da start-up, hai bisogno di tre cose: saper coinvolgere talenti, i migliori, nello sviluppo della tua impresa; saper crescere molto rapidamente; saper stabilire partnership e collaborazioni solide con le migliori esperienze e realtà Paese per Paese», dice l’imprenditore. Una strategia collaborativa che guarda naturalmente anche all’Italia, dove «l’abitudine delle persone al pagamento digitale è ancora ridotta, e questo significa che c’è un grande spazio di crescita. Bisogna far crescere l’esperienza del pagamento digitale, accompagnando gli utenti, le persone, nell’acquisizione delle skill necessarie per comprendere l’utilità di questi sistemi». Una strategia che ha portato la challenger bank a guardare anche a nuove platee di clienti: «stiamo lavorando a un prodotto per i giovanissimi, under 16, uno strumento che sia in grado di avvicinare anche i più piccoli all’utilizzo del denaro e alla cultura dell’utilizzo del denaro».
Se all’inizio, leggendo il programma di questa parte della mattinata, ci si poteva aspettare un duello all’arma bianca tra questo “testimonial” della rivoluzione Fintech e il panel di relatori presenti sul palco, rappresentanti del meglio della “filiera dei pagamenti” italiana, in realtà quello che è andato in scena è un dialogo capace di aprire nuovi scenari, nuovi mondi. Senza rinnegare – anzi valorizzando – la qualità e la visionarietà delle esperienze già sviluppate dalle realtà italiane, anche più tradizionali. Come osserva Marco Siracusano (Ad di PostePay), «la mia reazione alla chiamiamola “provocazione” delle Fintech è una considerazione evidente: ci sono protagonisti del “vecchio mondo” che stanno portando nel nuovo mondo capacità ed esperienze che rimangono fondamentali. Quella che come Poste e PostePay abbiamo fatto e stiamo facendo è una trasformazione digitale che passa attraverso i cittadini, in maniera inclusiva. Certo, il mondo delle Fintech ci sta insegnando come l’industry tradizionale deve approcciare casi di servizio in maniera nuova, ma sul “core” del nostro impegno direi che come realtà Italiane non siamo secondi a nessuno. Dialogo e stimolo sì, quindi, ma anche un richiamo al fatto che, in questo mercato, non ci possono essere asimmetrie regolamentari tra vecchi e nuovi protagonisti».
«L’ossessione al cliente che muove le challenger bank costituisce uno stimolo positivo, ci richiama a un’attenzione che non possiamo mai dimenticare», gli fa eco Stefano Favale (Head of Global Transaction Banking Intesa Sanpaolo): «L’ascolto porta alle esigenze, sulla quali vengono sviluppate le soluzioni. La rivoluzione digitale ha spostato molto il focus di attenzione sul touch point, che nei pagamenti digitali fa la differenza. Quel che noi stiamo costruendo è un ecosistema di soluzioni che allarghino la user experience portandola oltre il singolo touch point. La banca sta diventando sempre più un soggetto piattaforma; l’open banking è un fattore abilitante importante nella relazione con i partner e con i clienti, che siano aziende che siano privati».
Il tema di una nuova relazione abilitata dal digitale è il cuore dell’intervento di Luca Gasparini (Chief Business Officer di Iccrea Banca): «Lavoriamo in municipalità fino a 100 mila abitanti, quindi abbiamo una prospettiva diversa sul valore e il ruolo dell’innovazione resa possibile dalla tecnologia rispetto a chi ha il focus principale nelle grandi metropoli. Il digitale ci sta aiutando a portare a fattore comune le specificità di questo nostro mondo, e per esempio attraverso l’esperienza di Ventis stiamo appunto costruendo un ecosistema per le filiere più significative del Made in Italy. C’è una provincia sana, che sta sul mercato con piccole, piccolissime ma anche medie imprese che chiedono innovazione. Sta alle banche in primis accompagnare e rispondere a questa richiesta».
Non siamo a “ora o mai più”, però quasi, pare di capire seguendo gli interventi. Lo dice chiaramente Marco Ferrero (Direttore Commercial Division Nexi): «Il 2020 sarà l’anno della grande accelerazione. Nell’agenda del governo sono stati previsti 3 miliardi di incentivi per i consumatori, esercenti e aziende, per accompagnare la diffusione dei pagamenti digitali. È una notizia importantissima. Bisognerà però essere in grado di cogliere questi incentivi, e ciò dipende dalla capacità di cambiare le nostre abitudini, a partire dalla cultura della trasparenza e dalla cultura dell’efficienza. Noi operatori dobbiamo lavorare su questo insieme alle banche; l’innovazione deve guidare la discontinuità, oltre che dei modelli di business, anche delle abitudini».
Infatti, come conferma Eugenio Tornaghi (Market & Sales Director SIA), «ciò che limita l’utilizzo del digital è il fatto che il cliente spesso non ne riconosce le opportunità. Il grande lavoro che ci deve vedere uniti non è solo la rincorsa alla tecnologia migliore o più efficace, ma deve essere quello di cambiare la “rete di accettazione”, ovvero rendere più comodo il pagamento digitale rispetto a quello con il contante. Guardare a strumenti di incentivo propositivo, premianti, anziché mettere in campo solo regole punitive».
Una chiamata a un impegno comune rispetto alla quale Liliana Fratini Passi (Dg di CBI) gioca “in casa”: «CBI da oltre 20 anni è un chiaro esempio di collaborazione pre-competitiva, cioè di una collaborazione che aiuta poi la competizione dei singoli. In particolare la trasformazione in società consortile per azioni, avvenuta a giugno 2019, è frutto di un percorso strategico che ha tra l'altro l'obiettivo di rafforzare la vision con uno sguardo sia al mercato domestico che a quello internazionale e servire i nostri soci e clienti con lo sviluppo di servizi innovativi verso imprese, cittadini e Pubblica Amministrazione. Sulla base di ciò CBI ha quindi raggiunto il primo importante obiettivo con CBI Globe, che consente ai Psp di essere compliant con la Psd2, e rafforzerà sempre di più il proprio ruolo di industry utility anche attraverso lo sviluppo di API collaborative e competitive e della parte "attiva" della piattaforma anche a livello internazionale».
 
 
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