Alaïa e Balenciaga: due couturier- scultori
di Maddalena Libertini, Caterina Tozzi
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10 Dicembre 2025
Al Museo del Tessuto di Prato cinquanta abiti provenienti dalla Fondazione Azzedine Alaïa sono esposti nelle sale della ex fabbrica Campolmi, accompagnati da documenti e video originali dell'Archivio Balenciaga per mettere a confronto la creatività dei due stilisti
Ci sono mostre che raccontano, altre che celebrano. E ce ne sono alcune che, come fili sottili, ricuciono storie, avvicinano memorie, fanno dialogare mondi. È il caso di "Azzedine Alaïa e Cristóbal Balenciaga. Scultori della forma", la grande esposizione che il Museo del Tessuto a Prato, nel suo cinquantesimo anniversario, dedica a due leggende della moda francese.
Confezionata dalla sensibilità del curatore Olivier Saillard con la collaborazione con la Fondazione Azzedine Alaïa di Parigi presieduta da Carla Sozzani, la mostra arriva in Italia come un dono prezioso, accompagnata dal patrocinio dell'Ambasciata di Francia e dall'eccezionale contributo dei Balenciaga Archives, dopo essere stata nella capitale francese, al Museo Balenciaga sulla costa basca della Spagna e, oltre oceano, allo Scad Fash Museum of Fashion + Film di Atlanta.
Visitabile fino al 3 maggio 2026, l'esposizione rende omaggio a due icone assolute della moda francese con 50 abiti capolavoro dalla Fondazione Azzedine Alaïa, disegni e bozzetti originali di Balenciaga.
La genesi della mostra
La sua origine è quasi un gesto affettuoso e un tributo al talento creativo. Nel 2017, un altro grandissimo designer, Hubert de Givenchy confida a Saillard, direttore della Fondazione Alaïa, il desiderio di riunire idealmente in una mostra due maestri che non si erano mai incontrati davvero ma che nella moda, pur se con accenti diversi, avevano parlato la stessa lingua: quella della forma pura costruita con sapienza e genio, del volume organizzato come struttura, della sartoria intesa come architettura.
Azzedine Alaïa (Tunisi 1935 - Parigi 2017) era scomparso da poco; Cristóbal Balenciaga (Getaria 1895 - Jávea 1972) lo aveva preceduto più di mezzo secolo prima. Eppure, c'erano diversi dettagli che li legavano in modo invisibile. Più di tutto la loro ossessione per la perfezione; la loro capacità di padroneggiare tutte le fasi, dall'idea al modello, fino al capo finito, disegnando direttamente con le forbici, scolpendo la stoffa; e il potere delle loro creazioni di sfuggire allo scorrere del tempo e alla tirannia effimera delle tendenze.
C'è un altro aneddoto che li riguarda e che lo stesso Alaïa amava ricordare: nel 1968, piuttosto che piegarsi al prêt-à-porter, la Maison Balenciaga chiuse. Qualche tempo dopo, Mademoiselle Renée - storico vicedirettore generale della Maison -, dovendo occuparsi degli stock rimasti, decise di invitare il giovane stilista emergente a scegliere alcuni capi del maestro, certa che solo lui avrebbe saputo comprenderne e rielaborarne l'essenza senza tradirla. Alaïa fece di più e iniziò a collezionarli. Quel momento fu infatti per lui una rivelazione: in quelle forme, in quei tagli perfetti, in quell'abilità sartoriale che rasentava la perfezione c'erano formule segrete da apprendere.
Il dialogo tra due maestri
È così che venticinque creazioni di Balenciaga e venticinque di Alaïa si ritrovano oggi a Prato, una accanto all'altra, e guardarle è come assistere a una conversazione silenziosa. Da una parte le linee rigorose, le architetture in movimento, l'eleganza limpida del maestro spagnolo; dall'altra, la sensualità avvolgente, le silhouette scivolate e plasmate sul corpo di quello franco-tunisino.
"Abbiamo accettato con molto entusiasmo di portare questa mostra al Museo di Prato, perché l'aspetto del tessuto è molto importante. Quando gli stilisti sono, come nel loro caso, sono architetti-scultori, hanno una passione speciale per i tessuti. Tutto comincia dalla materia prima", ha dichiarato Saillard.
Altri elementi in comune tra i due erano le origini umili e straniere, l'apprendistato all'interno della famiglia, l'aver raggiunto il successo come fenomenali interpreti dell'alta moda francese, il sottrarsi alle dinamiche del mercato della moda. Ma è nel binomio materia-tecnica che si trova l'affinità maggiore. "Entrambi sapevano tagliare, cucire, montare un volume, sono stati dei sarti nel senso più stringente del termine. Avevano entrambi un amore smodato per il nero, per disegnare in nero, tagliare in nero, perché richiede un livello di virtuosismo molto più elevato". Entrambi hanno lavorato con i materiali in modo innovativo: Balenciaga inventando il proprio, il "gazar"; Alaïa utilizzando maglia, jersey e pelle in modo inedito e sorprendente.
Materia, forma e stile
Diceva Alaïa: "Ero affascinato dagli abiti del maestro Balenciaga. I corpetti, le cuciture sul retro, la rotondità delle spalle... Mi chiedevo come facessero a mantenere la loro forma, quale taglio magico potesse creare un effetto simile. Volevo capire il mistero di quegli abiti e li ridisegnavo, immaginando la struttura ossea che si celava sotto".
E gli abiti di entrambi, esposti a Prato con l'ausilio di manichini trasparenti la cui sagoma è perfettamente ritagliata sul capo fino a scomparire, sembrano fluttuare sfidando la gravità come se fossero abitati da corpi invisibili.
Il rigore e la solidità plastica non sono di impedimento alla fluidità della caduta della stoffa, al movimento delle pieghe, alla leggerezza di chiffon, mussola, organza. Il nero impera, pochi colori si fanno notare con decisione, la distrazione delle stampe è bandita, sostituita dalla trama testurizzata di pizzi, ricami e intarsi.
I bozzetti di Balenciaga, datati tra il 1950 e il 1968, permettono di apprezzare il suo bellissimo segno e aiutano a cogliere il suo processo creativo: vi si possono leggere le sue note, le istruzioni per la sartoria, vedere i campioni di tessuto. Li accompagnano le foto dell'indossato, fondamentali per comprendere il passaggio alla tridimensionalità e la qualità delle sue soluzioni tecniche. Completano queste testimonianze i rari video delle presentazioni per l'Haute Couture del 1960 e 1968.
A raccontare Alaïa è, invece, il film documentario del 2017 realizzato da Joe McKenna, celebre stylist che dagli anni '80 ha collaborato con il couturier e che, grazie al loro rapporto di fiducia e amicizia, ha avuto il privilegio di riprenderlo all'interno dell'atelier.
A lezione dai grandi
La Fondazione Alaïa è stata creata dal couturier francese per valorizzare i suoi archivi personali e la sua collezione di abiti dei più grandi stilisti, nata proprio a partire da quelli di Balenciaga. Alaïa dichiarava di aver compreso allora che la moda è un patrimonio culturale e sosteneva l'importanza per i giovani designer di scoprire il lavoro e le tecniche dei loro predecessori.
Un punto di vista che Saillard conferma: "È bellissimo approcciare la moda dal punto di vista del savoir-faire, dei ricami, dei materiali, dal punto di vista della conoscenza tecnica e non solo da quello del disegno. Penso che ci sia anche ecoresponsabile. Quando un capo è fatto così bene, è destinato a durare, non lo si butta via. Spero che anche con questa mostra le nuove generazioni possano comprenderlo e imparare a farlo".
Banco BPM sostiene la missione culturale del Museo del Tessuto di Prato.
"Con orgoglio siamo nuovamente a fianco della Fondazione Museo del Tessuto di Prato che rappresenta un'istituzione da sempre in grado di promuovere progetti di grandissimo valore e qualità a livello nazionale e internazionale. Il sostegno all'arte e alla cultura fa parte del nostro DNA e, nel caso di questa esclusiva iniziativa, esso si accompagna al nostro impegno per la valorizzazione delle eccellenze del territorio e per le attività di formazione destinate alle scuole e agli studenti in generale: un campo in cui il Museo del Tessuto è da sempre molto attivo e rilevante", ha commentato Marco Giorgio Valori, responsabile Direzione Tirrenica di Banco BPM.