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Gestione patrimoniale: le soft skills battono i robot
Forum Bancassicurazione 2017

 
Banca

Gestione patrimoniale: le soft skills battono i robot

di (a cura di Mattia SchieppatI) - 25 Settembre 2017
La relazione con il cliente e la sensibilità rispetto ai suoi bisogni (non dichiarati) costituiscono un patrimonio ancora unico dei professionisti, che i robo-advisor non possono intaccare. Ecco dove devono investire le banche e le assicurazioni, secondo Gianni Fuolega di Kleros …
Robo-advisory che ormai gestiscono non solo processi, ma addirittura relazioni, rapporti azienda-cliente sempre più disintermediati dai canali digitali e da app che hanno reso semplici e immediate operazioni precedentemente sotterrate da pagine e pagine di documenti da leggere e sottoscrivere, una spersonalizzazione sempre più spinta dei servizi. In tutto questo ciclone che sta cambiando non solo le regole, ma il volto stesso di banche e assicurazioni, la trasformazione più evidente (oltre che necessaria) è quella che riguarda le persone, le professionalità che all’interno di queste aziende operano.
A partire da quelle figure che si trovano a essere in qualche modo in prima linea, ovvero ad avere una relazione diretta e personale con il cliente, clienti coinvolti, conquistati e accompagnati lungo un elaborato processo di reciproca conoscenza e fiducia, e che ora si trovano di fronte a un mondo digitale che promette (e spesso mantiene) il tutto e subito. Senza, però, la capacità di cogliere quelle sfumature che in ambiti delicati come la gestione del patrimonio personale o della propria impresa spesso fanno la differenza. «In un contesto di spersonalizzazione generato dalla disponibilità delle soluzioni digitali diventa fondamentale disporre delle competenze genericamente classificate con il termine di soft skill che le soluzioni tech non sono in grado di fornire», osserva Gianni Fuolega, partner e Amministratore delegato di Kleros Heritage Solutions, società specializzata in consulenza patrimoniale e nel supportare il cliente nella gestione del passaggio generazionale e nella tutela del patrimonio, mettendo sotto il riflettore quel “valore aggiunto” che il consulente patrimoniale, e in senso più allargato i professionisti “in carne e ossa” in ambito bancario e assicurativo, può portare al cliente.
Soft skills, dunque, ecco la chiave capace di fare la differenza e l’aspetto su cui investire. «Si tratta di competenze volte a gestire la relazione con il cliente a 360° lungo tutto il ciclo della vita, aiutandolo a definire in modo preciso i suoi reali bisogni e ad affrontare problematiche spesso intime e personali quali una separazione o, per una impresa, un conflitto con i soci oppure la gestione del passaggio generazionale dell’azienda; la tutela del proprio patrimonio da eventi imprevisti, ecc», spiega Fuolega: «Soft skills che necessariamente devono essere accompagnate da specifiche competenze professionali trasversali alle varie tematiche legali, fiscali, finanziarie e assicurative al fine di fornire una soluzione professionale integrata e personalizzata sugli specifici bisogni dei clienti».

Forum Bancassicurazione 2017

Di Insurtech e di tanti altri argomenti ancora si parlerà il 28 e 29 settembre all'evento ABI dedicato al mondo delle assicurazioni e della bancassicurazione dal titolo “Risparmio, protezione e innovazione per il cliente di oggi e di domani”.
Tra gli argomenti chiave: ruolo delle banche per una rinnovata cultura assicurativa di famiglie e imprese; customer experience a 360°: intercettare e soddisfare le aspettative del cliente; Insurtech e Internet of Things; welfare e protezione per imprese e famiglie; conoscenza del cliente, innovazione del prodotto e gestione dei rischi: il valore dei dati per la bancassicurazione.

Nell’ambito della consulenza patrimoniale, nonostante l’esplosivo avanzare del Fintech, l’uomo ha quindi ancora un vantaggio sulla macchina?

Oggi viviamo in un mondo in continuo e veloce cambiamento, e si tratta di un processo inarrestabile quanto inevitabile. Più che giocare in difesa, dobbiamo considerare quanto e come di questo nuovo scenario digitale può essere messo al nostro servizio, oltre che ovviamente al servizio del cliente. La facilità per il cliente di disporre di soluzioni digitali, ovviamente disintermediate e spersonalizzate, genera una nuova e importante opportunità per il professionista che sarà riuscito a evolvere verso il ruolo di consulente patrimoniale. In quanto potrà focalizzarsi nella comprensione dei reali bisogni del cliente, che vanno ben oltre i risultati delle performance. Per esempio, entrando nel merito, in questo momento di bassi tassi di interesse il cliente è meno interessato al reddito rispetto alla capacità di mantenere inalterato il suo tenore di vita. Possiamo sintetizzare le sue decisioni non tanto sulla voglia di guadagnare ma piuttosto sul timore di perdere quanto accumulato. Parlare oggi a un cliente di performance finanziarie sarebbe riduttivo se poi, in seguito ad un evento imprevisto quale un incidente oppure una malattia, non potesse garantire ai suoi figli gli studi necessari per entrare nel mondo del lavoro ed al suo coniuge una vecchiaia serena. La capacità e la professionalità del consulente patrimoniale di saper intercettare tali bisogni proponendo delle soluzioni efficaci è il vero valore aggiunto di questa nuova professione.

Si parla continuamente di collaborazione tra incumbent tradizionali (banche e assicurazioni) e Fintech/Insurtech. Nella pratica quotidiana che voi sperimentate sui territori, quanto questa armonizzazione virtuosa ha davvero luogo? Per quali aspetti in particolare?

C'è ancora un notevole ritardo nella integrazione tra i due approcci “tradizionale vs. tech”. Da una parte le banche tradizionali e le compagnie di assicurazione - a volte statiche nella consapevolezza della conoscenza diretta del cliente - stanno attivando il cambiamento con tempi ancora lunghi. Dall’altra parte le soluzioni tech ritengono di poter conquistare velocemente una grande quota di mercato in quanto innovative, efficienti e poco costose. La profilazione standardizzata della clientela utilizzata dalle soluzioni tech può sostituire facilmente le scelte finanziarie e assicurative classiche, quali la definizione di un portafoglio finanziario rispetto a un specifico obiettivo di rischio/reddito definito dal cliente, oppure la scelta della polizza Rca più conveniente. Ma tali profilazioni non possono sostituire la competenza relazionale del consulente patrimoniale. Come sempre la soluzione ottimale sta nel mezzo e nella capacità di integrare al meglio le due posizioni. In questo momento probabilmente le banche strutturate con un’organizzazione a rete sono quelle che si dimostrano maggiormente attive in questa integrazione.

Come sono cambiati i linguaggi e gli strumenti di relazione con il cliente, in un contesto, in una cultura e in una mentalità che sono profondamente e rapidamente mutati?

Oggi viviamo in un mondo frenetico dove la risorsa più importante ma anche la più scarsa è sicuramente il tempo. Di conseguenza le modalità di relazione con i clienti sono cambiate sia per la maggiore competenza di questi ultimi, sia per la limitata disponibilità di tempo. In questo ambito si evidenzia maggiormente la differenza tra un consulente tradizionale e il consulente patrimoniale; infatti quest’ultimo ha la capacità di entrare più facilmente e più velocemente in relazione con il cliente collocandolo all’interno del suo ciclo di vita patrimoniale e facendo emergere in maniera evidente le problematiche legate ai suoi bisogni. L’applicazione scientifica di specifiche metodologie di analisi - accompagnata da adeguate competenze di tipo relazionale - modificano radicalmente il processo della relazione con il cliente. Nella nostra esperienza notiamo che il cliente percepisce questa differenza e valuta positivamente il nuovo ruolo del consulente verso il quale si apre a confidenze necessarie all’analisi ma nel contempo rafforzative della relazione in essere.

Il maggiore accesso alle informazioni reso possibile dalla tecnologia ha fatto crescere la competenza dei clienti con cui vi interfacciate? Avete l’impressione di parlare a clienti più “maturi”, più preparati?

L’aumento della conoscenza e della preparazione dei clienti è un fatto ormai assodato. Se pensiamo alla vastità e alla complessità delle competenze richieste per tutelare il patrimonio in tutte le fasi del ciclo di vita non vediamo futuro per il consulente che pensa di essere “l’unico riferimento” per il proprio cliente, mettendo a rischio la relazione. Noi stiamo portando avanti il progetto myarp@ per integrare, sui temi della tutela e della trasmissione del patrimonio, le competenze presenti nei vari settori professionali: legali, fiscali, finanziari e assicurativi. Il cliente così è posto al centro del progetto e può disporre delle migliori soluzioni anche con risultati economicamente più vantaggiosi dovuti alla sinergia tra le diverse competenze. In questo modo il consulente può seguire il cliente in tutto il suo ciclo di vita personale e patrimoniale, mantenendo il coordinamento e la gestione del cliente stesso. Con una maggiore fidelizzazione del cliente, oltre a un incremento nella potenzialità di sviluppo dell’attività commerciale.

Il focus di attenzione delle aziende (soprattutto in ambito consumer) oggi è rivolto ai Millennials e alla Z Generation, che saranno la platea di clienti del prossimo futuro. Quanto è importante questo target per l’industry della gestione patrimoniale?

Sicuramente il target della senior society presenta notevoli e importanti opportunità. Lo stereotipo di trascurare i giovani è creato dal fatto che ci si focalizza solo sulla limitata visione delle soluzioni finanziarie. Se invece collochiamo il giovane all’interno del suo ciclo di vita personale, a sua volta inserito nel ciclo di vita patrimoniale della sua famiglia, rileviamo molti spunti di riflessione e di opportunità professionale. Ad esempio immaginiamo cosa potrebbe succedere al giovane che dovesse rimanere orfano del padre che, previdente, ha lasciato un importante patrimonio in eredità e pensiamo invece a quale potenziale cliente potrebbe diventare se il patrimonio fosse stato pianificato e tutelato ex-ante in modo da garantirgli la disponibilità a proseguire i suoi studi, a crearsi un futuro, per poter poi disporre di tutto il patrimonio in una fase più matura della sua vita.

Quanto le aziende con cui collaborate investono – non in termini economici, ma in termini di “impegno culturale” e di vision aziendale – nell’aggiornare i propri processi interni per affrontare le sfide in atto?

Dal nostro punto di osservazione abbiamo rilevato che le aziende investono molto, a volte troppo, in tecnologia pensando in tale modo di essere pronti a governare il cambiamento in atto, mentre dovrebbero investire di più nella formazione delle persone per supportale nel gestire in modo nuovo la relazione con il cliente. La varietà delle attuali composizioni familiari unita alla gestione (tutta italiana) dei rapporti integrati tra famiglia e azienda, rende limitata e inefficace l’operazione di vendita di un prodotto finanziario e assicurativo se non adeguatamente coordinata considerando le reali esigenze del cliente rispetto alle relazioni familiari e alla tipologia della composizione patrimoniale. Purtroppo rileviamo nelle aziende ancora troppa attenzione alle performance finanziarie e molto meno al cambiamento culturale da avviare sui propri consulenti.

Le 5 fasi del processo di analisi del consulente patrimoniale secondo Kleros

Supportare le banche, le società finanziarie, le compagnie assicurative e i professionisti, non solo consulenti finanziari o assicurativi, ma anche commercialisti, avvocati e coloro che forniscono una consulenza altamente specializzata sulla tutela e trasmissione del patrimonio. È questa la mission di Kleros, che ha sviluppato la piattaforma myarp@ che gestisce in modo integrato le seguenti attività:
  • Marketing a supporto dell’attività di cross-selling e per l’acquisizione di clienti prospect.
  • Check-up per l’acquisizione strutturata e guidata delle tre principali tipologie di informazioni: struttura della famiglia, composizione del patrimonio e bisogni.
  • Elaborazione del dossier di analisi realizzato tramite l’applicazione di un modello di knowledge management che si arricchisce man mano di contenuti con nuove elaborazioni.
  • Simulazione della posizione del cliente per seguirne l’evoluzione nel tempo e valutarne gli impatti in caso di variazioni nella composizione del patrimonio, nella situazione familiare e nelle norme di legge.
  • Sviluppo commerciale per la vendita dei prodotti finanziari e soprattutto assicurativi rilevati dall’analisi come soluzioni per il soddisfacimento dei bisogni dei clienti.
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