E-commerce, italiani campioni dell’usato
di Mattia, Schieppati
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31 Marzo 2017
Da una ricerca Ipsos-eBay emerge il talento tricolore nell'utilizzare il web per ottimizzare la second hand economy. Infatti, il maggior ricavo medio per transazione (136 euro) arriva dai venditori italiani. Che pongono attenzione soprattutto a tre fattori: la sicurezza dei pagamenti, la facilità di utilizzo e la popolarità del sito ...
In generale, il grado di evoluzione degli italiani nell’utilizzo dei canali e-commerce è ancora basso se raffrontato ai volumi d’affari mossi dai cittadini degli altri Paesi europei. Ma, a conferma del genio che contraddistingue chi vive “al di qua” delle Alpi, ecco che un dato porta il nostro Paese ai vertici delle statistiche europee legate al digital: la capacità di spuntare il miglior prezzo quando si utilizzano le piattaforme di e-commerce per la vendita di beni e oggetti di seconda mano.
È quanto emerge da una survey sviluppata a livello internazionale da Ipsos per eBay, dalla quale emerge che gli Italiani risultano i più capaci nel ricavare il massimo dalle vendite di prodotti di seconda mano su Internet: nel 2016 hanno ottenuto un ricavo medio di 136 euro, contro i 124 euro degli spagnoli e i 110 euro dei francesi. I migliori venditori sono coloro che stanno nella fascia d’età 35-44 anni (164 euro di ricavi in media) mentre gli under 24 si fermano a 99 euro.Sicurezza e pagamenti il quesito principale che si pone chi sceglie questi canali: tre sono infatti gli aspetti fondamentali a cui prestano attenzione gli italiani nella scelta del sito dove vendere gli oggetti di seconda mano: la
sicurezza dei pagamenti (51%), la
facilità di utilizzo (43%) e la
popolarità del sito (39%). La sicurezza dei pagamenti assume una maggiore importanza (62%) soprattutto tra le persone interessate a vendere in futuro.
Il mercato italiano
Quella della rimessa in circolo, a scopo remunerativo, di oggetti e prodotti di seconda mano è già una realtà importante nel complesso delle transazioni online o via app, come dimostra il boom anche in Italia, oltre al “campione” eBay, di siti come
Subito,
Rebelle o
Shpock, anche se gli unici dati oggi disponibili del mercato italiano sono quelli rilasciati dall’Osservatorio 2015 “Second Hand Economy” realizzato da Doxa per Subito.it relativo al mercato italiano (
clicca qui).
Perchè si vende l'usato?
Sono tre le motivazioni principali rilevate a livello internazionale dalla ricerca Ipsos- eBay che stanno alla base del decluttering (la lotta allo spreco):
ragioni pratiche (problemi di spazio),
ragioni economiche (guadagno),
facilità (consumatore al centro).
Ma ogni Paese ha le sue peculiarità: per i francesi è decisivo evitare gli sprechi e dare una nuova possibilità di utilizzo degli oggetti, per gli spagnoli è importante partecipare a un nuovo modello di società, mentre per gli italiani è prioritario sgombrare la propria casa dagli oggetti inutilizzati.
Un altro aspetto che emerge è la tendenza sociale: sempre più persone credono nella sharing economy. Non soltanto per il fattore economico, che pesa comunque per il 50% degli intervistati, anche per la propensione a seguire uno stile di vita più sostenibile che si realizza attraverso l'utilizzo "temporaneo" degli oggetti o la condivisione. L'80% degli intervistati nei tre Paesi analizzati è coinvolto in almeno una pratica di economia partecipativa. La vendita di beni tra privati cittadini é il modo più comune.
Certo, la capacità di sfruttare la potenza dell’e-commerce per far crescere forme di sharing economy, o per innescare un circolo virtuoso di ricavi su oggetti e prodotti sostanzialmente in disuso, è segno di intelligenza e visione. Ma il primato maturato in queste categorie non è sufficiente per cancellare i dati negativi che emergono dalla ricerca Ipsos, e che confermano la difficoltà, ormai cronica, del nostro Paese ad accettare come naturali i circuiti di acquisto (e di pagamento) digitali. Solo il 35% degli italiani intervistati ha infatti dichiarato di aver già utilizzato piattaforme online per vendere gli oggetti inutilizzati, contro il 44% degli intervistati in Spagna e il 57% in Francia. Sono bravi insomma a concludere ottimi affari quei pochi che usano il web, ma sono ancora, appunto, troppo pochi ...