La parità di genere? Serve ancora più di un secolo
di Maddalena Libertini
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11 Novembre 2022
Secondo le stime del World Economic Forum è ancora lunga la strada per chiudere il gender equality gap globale. Europa e Nord America sono più avanti, ma per raggiungere l'obiettivo servono comunque ancora 60 anni. L’Italia è solo al 63mo posto della classifica mondiale dei Paesi più virtuosi
Servono ancora 132 anni per chiudere il gender equality gap globale: questa è la previsione del report 2022 del World Economic Forum. Una stima in linea con il 2021, ma molto peggiorativa rispetto al 2020 – quando erano 100 gli anni stimati – perché negli ultimi due anni si sono cominciati a misurare gli effetti della pandemia che hanno colpito asimmetricamente donne e uomini.
In questo quadro poco incoraggiante, l’Europa e il Nord America contribuiscono ad abbassare positivamente la media: in entrambi i continenti dovrebbero servire solo, per così dire, 60 anni perraggiungere la parità di genere. L’Italia però non compare tra i primi dieci paesi europei più virtuosi ed è solo al 63mo posto della classifica mondiale.
Scomponendo il valore aggregato globale, ci vorranno 151 anni per colmare il divario delle opportunità e dei risultati economici e 155 per quello di empowerment politico. Apparentemente migliore il dato della parità nell’educazione che si dovrebbe raggiungere in 22 anni. Se si guardaperò al 2021, erano previsti solo 14 anni per annullare questa distanza. Un passo indietro che conferma che non ci si può accontentare dei risultati raggiunti.
Digital divide e Gender gap
Nell’articolo recentemente pubblicato su Forbes, Carmen Ene, CEO di 3step IT e BNP Paribas 3 Step IT, punta il dito proprio sull’educazione come strumento per superare il divario di genere. In particolare è importante che le ragazze si formino sulle materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) che domineranno sempre di più il mercato del lavoro nel prossimo futuro.
Nel settore tecnologico, attualmente, le donne sono ancora scarsamente rappresentate. Per garantire che non rimangano indietro, bisogna ingaggiarle in queste materie molto presto, tra gli 11 e i 15 anni, dare loro la possibilità di acquisire esperienza diretta nelle aziende e soprattuttodare accesso alla tecnologia e all’educazione digitale alle donne di tutte le età.
Come ha ricordato in post su LinkedIn l’AD di BNL e Responsabile BNP Paribas per l’Italia, Elena Goitini, il digital gender gap nel 2020 è costato globalmente 126 miliardi di dollari in prodotto interno lordo per ricchezza non prodotta. “A livello globale - sottolinea Goitini - le donne hanno una probabilità del 18% in meno di possedere uno smartphone rispetto agli uomini, e del 21% in meno di poter accedere a Internet. La barriera è soprattutto economica, ma anche culturale ed educativa: le donne vengono scoraggiate dall’avere una vita online (e sappiamo tutti che non occorre uscire dall’Italia per trovare esempi di questo tabù). Da qui l’importanza del concentrarsi sull'accessibilità economica e sullo sviluppo delle competenze”.
Divari di genere nella forza lavoro: una crisi emergente
Assumere le donne è solo il primo passo, le aziende devono poi supportare le carriere femminili e favorire la loro crescita. Il report 2022 del WEF segnala il rischio di un grave peggioramento per quanto riguarda il divariodi genere nella forza lavoro. Anche su questo fronte, nonostante gli avanzamenti degli ultimi anni, le condizioni di contesto stanno incidendo negativamente. La pandemia, i conflitti geopolitici e i cambiamenti climatici così come il previsto aggravamento del costo della vita e il venir menodell’infrastruttura di welfare sociale avranno un impatto maggiore sulle donne, che continuano a guadagnare e accumulare ricchezza a livelli inferiori e che sono spesso i caregiver principali dei nuclei familiari.
La percentuale di donne che ha raggiunto ruoli di leadership e dirigenziali è aumentata costantemente dal 2016 al 2022, passando dal 33,3% al 36,9%. Tuttavia, i dati mostrano che le donne non sono rappresentate in egual misura nei vari settori: in media le donne hanno raggiunto posizioni apicali soprattutto in quei settori in cui erano già molto presenti, come le organizzazioni non governative e associative, l'istruzione e i servizi alla persona e il benessere.
Nei servizi finanziari la presenza femminile nella dirigenza è il 30%, nell’ICT scende al 24%. Ma il rischio più grave è quello dell’uscita dal mondo del lavoro da parte delle donne, pressate dalle necessità familiari e poco incentivate per la loro crescita professionale.
Tornando all’esempio del settore tecnologico, un’industria che pure sta aumentando le assunzioni femminili per colmare il gender gap, gli sforzi per trattenere e promuovere internamente le donne si sono rivelati insufficienti. Una ricerca di Deloitte mostra che, dopo la pandemia, il 51% delle donne che lavorano in questo campo si sente meno ottimista sulle proprie prospettive di carriera rispetto a prima della crisi, il 57% prevede di cambiare azienda entro due anni e il 22% di abbandonare del tutto la forza lavoro per la difficoltà di trovare un equilibrio con i propri impegni di vita.
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Fonti: