L’instabilità del contesto in cui operano le banche dovrebbe spingerle a rottamare i modelli di rischio? “La tentazione ci potrebbe essere, ma non devono farlo – afferma Giovanni Pepe, Partner, Risk and Regulatory Leader di KPMG rispondendo alla provocazione. “Ma lo scenario è drammaticamente cambiato rispetto a quando è nata l’attuale modellistica e questo deve portare al suo aggiornamento ed evoluzione”.
Come? Tre gli ambiti di intervento suggeriti da Pepe: innanzitutto, sfruttare appieno anche nel risk management l’enorme capacità computazionale oggi a disposizione di tutte le impresa, creando una infrastruttura che consenta la gestione di più scenari, compresi quelli climatici. Poi sfruttare fonti di dati alternativi, non solo quelli tradizionali dunque, ma anche quelli legati ad esempio al digital footprint. Infine, rendere questi modelli più forward looking, quindi predittivi su un orizzonte temporale più esteso e sotto condizioni diverse rispetto a quelle iniziali.