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18 Luglio 2024 / 19:29
 
L’economia circolare migliora il profilo di rischio

 
Credito

L’economia circolare migliora il profilo di rischio

di Flavio Padovan - 18 Luglio 2024
Secondo un’analisi di Cerved Rating Agency, le imprese che adottano modelli di business basati sulla circular economy hanno un profilo di rischio migliore del 28% rispetto alle altre, con un impatto positivo anche sulle banche che le finanziano in termini di Risk-Weighted Assets (RWA)
L’adozione di modelli di business legati all’economia circolare ha impatti positivi sulle imprese. Lo rileva uno studio di Cerved Rating Agency che ha analizzato oltre 2.000 società non finanziarie evidenziando una riduzione del 28% (da 4,37% a 3,12%) del rischio di credito per le aziende che hanno scelto l’approccio della circular economy. Un profilo di rischio migliore che si trasforma in risparmio di capitale per le banche che le finanziano in termini di Risk-Weighted Assets (RWA).
“L’Italia, come mostrano i dati Eurostat, è da anni in prima fila nelle attività legate al riciclo e al recupero di materiali e sempre più imprese fanno della circular economy un elemento fondamentale nel proprio business model”, ricorda Fabrizio Negri, amministratore delegato di Cerved Rating Agency, presentando uno studio dedicato. “La nostra ricerca ha valutato l’impatto dei principali driver di circular economy in termini di benefici finanziari e, di conseguenza, di rischio di default: stando a dati recenti, del mese scorso, le imprese con modelli di circolarità si trovano prevalentemente nelle classi di rating meno rischiose e mostrano una probabilità di default media più bassa di ben il 28%, da 4,37% a 3,12%, rispetto alle altre, che raggiunge il 68% tra le PMI”.
Evidenze che non cambiano anche ampliando l’esame a un periodo più lungo, rileva Negri: “Analizzando un campione di imprese con rating di credito validi in tutti gli anni considerati a partire dal 2021, equamente diviso tra chi ha adottato modelli di economia circolare e chi no, si osserva che il primo cluster ha dimostrato una maggior resilienza a shock esterni negli ultimi tre anni. Le imprese ‘circolari’ avevano già nel 2021 una probabilità di default inferiore (2,51% contro 3,18%), ma nel giugno 2024, dopo un susseguirsi di crisi e rischi sistemici, il gap è aumentato ulteriormente (2,61% contro 3,86%), nonostante un deterioramento generalizzato del merito creditizio”.
Il miglior profilo di rischio può poi tradursi in un maggior risparmio di capitale da parte delle banche che le finanziano, con un differenziale che corrisponde a circa 390 basis point di risparmio di attività ponderate per il rischio (RWA) a favore delle imprese circolari rispetto alle altre. “Se le banche indirizzassero i loro finanziamenti a imprese con modelli di economia circolare - spiega una nota - registrerebbero un potenziale risparmio in termini di esposizione al rischio pari a circa 4 euro ogni 100 erogati, e 0,3 euro di capitale regolamentare".

Italia seconda in Europa per tasso di riciclo

Secondo i dati Eurostat, l’Italia è ben posizionata sia per la produttività delle risorse (nel 2023 ha generato ben 3,6 euro di Pil per ogni kg di risorse consumate, 50 centesimi in più di Francia e Spagna quasi 1,5 euro in più della media UE) sia per il tasso di utilizzo di materiali circolari, dove si posiziona al secondo posto in Europa dopo la Francia con un tasso di riciclo del 18,7% e ben al di sopra della media UE (11,5%). Inoltre, la quota di materiali riciclati e reimmessi nell’economia è aumentata costantemente negli ultimi dieci anni.
Analizzando un campione di oltre 2.000 imprese non finanziarie con valutazione ESG effettuata da Cerved Rating Agency anche tramite dati forniti dagli stessi soggetti, emerge che chi adotta modelli di economia circolare ha in media uno score ESG olistico superiore di circa 20 punti rispetto a chi non li prevede (63,4 contro 43,9), superiorità che si mantiene, anche se con molto meno scarto, per chi è virtuoso “solo” sotto il profilo dell’intensità di rifiuti prodotti, o riciclati/recuperati, confermando che le imprese contraddistinte da pratiche di circolarità risultano, empiricamente, più sostenibili.

Meno debiti e più marginalità

Questo produce benefici anche in termini finanziari: le imprese ‘circolari’, infatti, hanno una maggiore capacità di coprire la spesa per interessi passivi tramite il risultato operativo (EBIT interest coverage mediano 5,89x vs. 4,74x, pari a +24%) e generano più cassa - una volta e mezzo - da destinare all’investimento. Inoltre, risultano meno indebitate del 6% (PFN/EBITDA mediano 1,92x vs. 2,04x) e generano flussi di cassa più alti in rapporto all’indebitamento lordo (Free cash flow / Indebitamento lordo 6% vs. 2,9%).
Dati che trovano conferma anche considerando un orizzonte temporale pluriennale: le imprese che riutilizzano materiali e usano energia da fonti rinnovabili durante il ciclo produttivo sono risultate maggiormente resilienti in periodi di forte rialzo dei prezzi delle commodity, ad esempio riuscendo a contenere il rialzo dei costi operativi durante il triennio 2020-2022, con conseguenze positive in termini di marginalità operativa (EBITDA margin medio negli ultimi tre anni pari a 8,93%, +12% rispetto alle imprese poco virtuose).
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