Siani: «Possiamo uscire rafforzati da questa fase di instabilità globale»
di Mattia Schieppati
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9 Giugno 2023
L’intervento del Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia in apertura di Supervision, Risks and Profitability 2023 affronta con realismo, ma con uno sguardo strategico in avanti, il contesto, i rischi e le opportunità all’interno del quale banche e mondo finanziario stanno ridisegnando i propri modelli di business. I nuovi rischi, le necessità normative, le sfide della digitalizzazione e i punti di forza che l’Italia ha dimostrato in un momento di complessa trasformazione.
Quello pronunciato lo scorso 6 giugno da
Giuseppe Siani, Capo del Dipartimento Vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia nella sessione di apertura di
Supervision, Risks and Profitability 2023 (
qui lo speciale sull’evento) è stato un intervento di ampio respiro, con una visione allargata ma con focalizzazioni su quelli che sono gli aspetti più significativi della «fase di intensa trasformazione» che il mondo bancario e finanziario sta attraversando.
Il punto di partenza, inevitabile, è il quadro di instabilità all’interno del quale banche e intermediari (così come tutti i comparti dell’economia) si trovano a operare, per una serie di concause. «Non è la prima volta che il sistema finanziario affronta periodi di instabilità, ma eventi di portata ampia hanno scosso nel tempo l’ambiente economico e hanno dato vita a una serie di misure di reazione», riconosce Siani: «Si tratta di momenti complessi, dai quali tuttavia è possibile uscire anche rafforzati. Le crisi bancarie recentemente verificatesi negli Stati Uniti e in Svizzera hanno nuovamente posto l’attenzione sulla tenuta e sulla coerenza del quadro di norme e prassi di supervisione e formano oggetto di analisi, anche da parte delle stesse autorità coinvolte».
Supervision di cosa?
Ma l’analisi del Capo Dipartimento (
qui l’intervento integrale) non indugia sui fattori di crisi, passando piuttosto a dare il senso di quelle che sono
le vie di reazione in atto, e quindi le connessioni tra supervisione, rischi e possibili sviluppi strategici di “profitability”. «Con riferimento al
quadro delle regole, le riflessioni in corso si stanno concentrando su alcuni aspetti specifici, che – pur senza stravolgere l’impianto complessivo – individuino dei correttivi ai profili apparsi più problematici alla luce degli eventi occorsi. Mi riferisco in particolare agli aspetti relativi alla
gestione del rischio di tasso, tenuto conto del mutato orientamento della politica monetaria volto a contrastare l’aumento del tasso di inflazione; alla calibrazione degli
indicatori di liquidità, in termini di scenari, orizzonti temporali, valutazione delle poste incluse tra quelle liquidabili; all’effettiva
capacità di assorbimento delle perdite da parte degli strumenti di capitale
additional tier 1 (AT1). Le crisi recenti confermano inoltre, ancora una volta, il ruolo centrale svolto dai sistemi di controllo interno e dalla
governance dei rischi. Allo stesso tempo, dimostrano che le stesse autorità di supervisione devono essere in grado – per competenze, disponibilità di risorse, intrusività dell’approccio – di individuare tempestivamente i rischi, cogliendone correttamente i segnali e trasformandoli in concrete azioni di vigilanza», osserva Siani.
Regole e ruolo della regolamentazione
Le regole giocano in questo quadro un ruolo fondamentale, ma devono sforzarsi di guardare alla realtà delle situazioni in atto. «Si conferma l’esigenza di valutare nuovamente il tema della proporzionalità nella regolamentazione, che è stato finora basato in prevalenza sul criterio della dimensione dell’intermediario. È emersa invece la crescente importanza anche del criterio dell’interconnessione, che aumenta il rischio di contagio anche nel caso di crisi di intermediari di ridotte dimensioni, ma con significative relazioni di business e/o di mercato, nonché del criterio dell’analogia, a causa del quale situazioni di crisi possono propagarsi sulla base di similitudini tra modelli di business, reali o solo percepite», scandisce Siani, e aggiunge: «Rimane ovviamente inalterata l’attenzione della supervisione prudenziale sulla valutazione soprattutto dell’effettivo profilo di rischio idiosincratico degli intermediari e del sistema in cui essi operano. La velocità di propagazione delle crisi, anche se interessano uno o più intermediari di minori dimensioni, e l’elevata interconnessione del sistema ci costringono a mantenere alta la guardia su tutte le componenti dell’ambiente finanziario. Dobbiamo preservare quindi una certa continuità nell’azione di supervisione tra banche grandi e intermediari minori, anche in termini di applicazione della normativa e delle regole internazionali, tenendo conto del rilievo che assume la stabilità anche nei mercati locali».
La situazione del sistema finanziario italiano
Rispetto all’incertezza globale, l’Italia mostra di aver maturato anticorpi utili a non cadere in situazioni emergenziali. Conferma Siani: «Il sistema finanziario italiano si presenta in condizioni più favorevoli rispetto a quelle con le quali aveva fronteggiato le crisi passate, evidenziando miglioramenti nel reddito, nel credito, nel patrimonio e nella liquidità. Si caratterizza peraltro per la sua eterogeneità, con la coesistenza di intermediari di grandi e medio-piccole dimensioni, nonché la presenza di diversi modelli di business che reagiscono in modo differenziato all’evoluzione dell’ambiente di riferimento».
Il percorso verso la digitalizzazione
Il tema della digitalizzazione e della cooperazione tra banche, realtà finanziarie e mondo delle fintech è ormai sdoganato, fa parte della pratica corrente un po’ per tutti gli attori del comparto, ma la rapidità di innovazione dell’ambito digital e la comparsa continua di nuovi attori e soluzioni richiede comunque una costante attenzione da parte degli organismi di vigilanza, e un progressivo sforzo di adattamento di quelli che sono gli strumenti di misurazione del rischio.
«Il processo di digitalizzazione del sistema finanziario ha raggiunto ormai un livello di maturità che ha modificato in modo irreversibile il business model degli intermediari vigilati, siano essi banche o intermediari finanziari, atteso che la finanza tradizionale e quella digitale si intrecciano ora in modo inscindibile e che la sempre più fitta rete di interconnessioni tra banche e comparto non bancario rappresenta una caratteristica stabile del sistema, anche per gli intermediari più piccoli», sottolinea Siani. «Larga parte degli operatori, anche tra le banche minori, è consapevole dell’importanza di dotarsi di una strategia di trasformazione digitale, anche se la spesa per l’innovazione tecnologica, pure in crescita, risulta concentrata su un numero limitato di operatori. Le analisi condotte di recente mostrano che le strategie sono essenzialmente volte all’aumento dei volumi commerciali; tuttavia non sempre i meccanismi di monitoraggio e di gestione risultano adeguati per il raggiungimento degli obiettivi previsti, anche a motivo della ridotta presenza di competenze specialistiche, in particolare per gli intermediari più piccoli». E aggiunge: «Si evidenziano ad esempio casi di potenziale criticità derivanti dalla possibile sopravvalutazione dei benefici dei progetti fintech e dalla possibile sottovalutazione dei relativi rischi (ad esempio per l’assenza di metriche specifiche nella definizione dell’appetito al rischio, una cultura del rischio non del tutto adeguata e carenze nel sistema dei controlli, anche a causa dei già richiamati limiti nel numero e nelle competenze delle risorse disponibili)».