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Siciliano (Accenture): “AI, agenti e interoperabilità: senza cultura e formazione interna il 95% dei progetti fallisce”

di Flavio Padovan Maddalena Libertini
28 Novembre 2025

Alla decima edizione del Salone dei Pagamenti, la tecnologia è stata al centro del dibattito come motore principale dell’evoluzione del settore. Ma per Marco Siciliano, Managing Director di Accenture, la vera rivoluzione è già in atto da tempo: «La tecnologia ha già cambiato le regole del gioco, e continua a farlo in modo progressivo», afferma. «Non è la tecnologia in sé a determinare l’impatto, ma il modo in cui cambia i modelli operativi e organizzativi delle aziende».

Nella sessione a cui ha partecipato, Siciliano ha toccato tre temi: innovazione tecnologica, nuove architetture e agenti autonomi; e soprattutto il grande assente di molte trasformazioni: il cambio culturale. «Abbiamo parlato dei nuovi protocolli di interoperabilità, degli agenti che rappresentano la nuova frontiera della generative AI», prosegue. «Ma la vera questione è come accompagnare questi cambiamenti dentro le organizzazioni».

La cultura, non la tecnologia, è il vero punto di svolta. Siciliano cita un dato significativo tratto da un report recente: «Il 95% delle iniziative tecnologiche non ha prodotto il ritorno atteso. E il 100% di quelle iniziative non era accompagnato da un programma strutturato di adozione e formazione interna».

In altre parole, la tecnologia funziona solo se l’organizzazione è pronta ad accoglierla. Da qui nasce il concetto di process hacking, o meglio, come lo definisce Siciliano, l’Art of Reinvention. «Oggi abbiamo strumenti nuovi, potenti e molto più democratici. L’adozione è semplice, l’esperienza utente è immediata. Ma questo significa che dobbiamo reinventare i processi da zero, non limitarci a ritoccarli».

Ripensare i processi alla luce delle nuove tecnologie richiede competenze diffuse, non solo nei team tech: anche le funzioni di business devono comprendere potenzialità, limiti e punti di attenzione dell’AI per integrarla in modo efficace.

Ma perché tanti progetti di innovazione si fermano alla fase sperimentale? «L’errore più comune è restare intrappolati in una sequenza infinita di piloti, proof of concept, minimum viable product», spiega Siciliano. «Sono fasi necessarie, certo: servono a prendere confidenza. Ma se non si passa alla scala industriale, non si trasforma assolutamente nulla».

Secondo Siciliano, l’unico modo per far funzionare davvero un progetto è affiancare alla sperimentazione una valutazione approfondita del valore generato: automazione, qualità dell’esperienza utente, resilienza dei processi.

Qui si innesta un altro tema critico: le metriche per misurare il valore devono cambiare. «Con strumenti nuovi e processi reinventati, non possiamo usare solo le metriche tradizionali», afferma. «Servono nuovi indicatori, e soprattutto serve monitorare il business case lungo tutto il progetto e anche dopo la conclusione. Troppo spesso viene fatto solo all’inizio e poi abbandonato».

Il messaggio che Siciliano lancia dal Salone è chiaro: le tecnologie ci sono, sono mature, e possono offrire vantaggi straordinari. Ma senza cultura, adozione organizzativa, nuove metriche e capacità di trasformare i piloti in realtà operative, il settore rischia di sprecare un’occasione storica.

La vera innovazione, dunque, non è introdurre la tecnologia, ma reinventare l’azienda per poterla utilizzare davvero. 

 

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