Download illegale: senza MegaUpload è caccia grossa
di Franco Volpi
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20 Febbraio 2012
Dopo la chiusura del sito di file sharing più frequentato del mondo, il mercato ha ricominciato a operare a pieno ritmo. A quando una retata sui nuovi sei siti leader?
Niente da dire. L’operazione messa in atto un mese fa da FBI, Agenzia per la sicurezza informatica Usa e Polizia postale della Nuova Zelanda per arrestare Kim Dotcom, il mitico fondatore di MegaUpload, è stata ben orchestrata. MegaUpload ha rappresentato per anni un successo spettacolare nel campo del web semi-illegale: fino alla chiusura è stato il sito di file sharing più frequentato del mondo, da cui passava e veniva scaricato il 40% del materiale coperto da copyright circolante in rete. E così altrettanto spettacolare è stata l'attività delle forze dell'ordine statunitensi: intercettazioni, casa-quartier generale di MegaUpload circondata dagli agenti, arresto in mondovisione e hacker che per una settimana hanno tenuto sotto scacco il sito dell’FBI per ritorsione (Dotcom in verità si è fatto poi solo un mese di carcere, uscito su cauzione il 21 febbraio).
Risultato? Diversi, e non tutti incoraggianti. Il primo fa pensare: nei tre giorni successivi alla chiusura del sito di file sharing, il traffico internet a livello mondiale ha avuto una flessione del 3%. Un'enormità.
Secondo risultato, uscito ora da uno studio analitico approfondito effettuato dalla società di venture capital DeepField Networks, come spesso succede sul web in questi casi, dopo poche ore di lutto per la scomparsa del sistema pirata la rete se ne è fatta una ragione. E, nel giro di un solo mese, il 75% del traffico precedentemente macinato da MegaUpload si è redistribuito su altri sei siti-leader nella condivisione di file, 4shared, Putlocker, MediaFire, RapidShare, NovaMov e Divxden (si possono vedere le percentuali di redistribuzione del mercato nei chiarissimi grafici pubblicati su
http://blog.deepfield.net/2012/02/07/file-sharing-in-the-post-megaupload-era/).
È cambiato l'ordine degli addendi, insomma, e soprattutto i beneficiari delle revenue legate al traffico di chi frequenta e scarica materiale, ma non è migliorato il profilo di legalità nel campo del file sharing. Quasi a dire - anzi, a confermare - che l'attività investigativa e di contrasto in questi meandri della rete serve più che altro per mettere un tappo temporaneo a una falla, o a dare un avvertimento, ma non riesce a portare a una soluzione definitiva.
Non solo: un'inchiesta del New York Times sottolinea come la chiusura di MegaUpload abbia causato problemi seri a tantissime aziende, americane e non, che utilizzavano il sito di file sharing in modo del tutto regolare per il trasferimento dati, come se fosse una sorta di cloud. Insomma, non per scaricare film o file musicali coperti da copyright, passione suprema di milioni di hacker, ma semplicemente per trasferire tra colleghi o a clienti file troppo pesanti per "passare" attraverso il normale canale della mail aziendale. Una funzione secondaria, ma a quanto pare non marginale di MegaUpload come di tanti altri siti di file sharing (molto usato in Italia è l'essenziale YouSendit, per esempio), che le aziende e chi lavora da remoto utilizzano abitualmente per trasferire file da diversi mega o per stoccarli temporaneamente. "MegaUpload, work or entertainment?" ("Lavoro o passatempo"), si chiede infatti il quotidiano statunitense. In entrambi i casi, morto MegaUpload, le alternative non mancano. Fino alla prossima retata...