La Unione Europea denuncia: l'ONU vuole mettere sotto controllo il web
di Mattia Schieppati
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26 Novembre 2012
Una risoluzione europea e una petizione online di Google lanciano l'allarme in vista della conferenza mondiale di Dubai sul web del 3 dicembre
"I governi da soli non possono determinare il futuro del web. I miliardi di persone nel mondo che usano Internet, e gli esperti che lo costruiscono e lo fanno funzionare, devono prendere parte alle decisioni. All'Internet Governance Forum tutti devono poter partecipare e tutti devono poter avere diritto di parola. Un governo ha gli stessi diritti di un individuo".
Non si tratta del proclama di uno dei profeti del movimento Occupy!, né del solito pronunciamento libertario di qualche piccola associazione di nerd, ma di una vera e propria dichiarazione di guerra di Google nientemeno che alle Nazioni Unite. Attraverso una petizione lanciata online dal colosso di Mountain View (la petizione si chiama Take Action, e la si può sottoscrivere all'indirizzo
www.google.com/intl/en/takeaction/whats-at-stake/) che fa esplodere il bubbone della ormai
prossima conferenza mondiale indetta dall'agenzia Onu ITU(Unione Internazionale delle Telecomunicazioni) il 3 dicembre a Dubai. Nel corso della quale tutti i Paesi aderenti alle Nazioni Unite sono chiamati a dare il loro contributo per ridefinire il campo di azione del web e a quale autorità dovrà d'ora in poi fare capo tutto l'ormai complessissimo sistema della rete.
Che oggi è gestito in buona parte dall'ICANN, società indipendente che cura tutti i domini esistenti. Un sistema che dovrebbe essere regolamentato anche dalle differenti legislazioni nazionali, che però sono ovviamente impossibilitate a intervenire su una realtà globale per definizione come il www (World Wide Web). Una carenza di regolamentazione unitaria che ha dato di fatto campo libero alle grandi corporation della rete, che ora - come dimostra la petizione di Google - sono naturalmente restie a cedere questa libertà acquisita (che significa, per fare solo un esempio, libera interpretazione delle norme fiscali, per giganti che operano in tutti i mercati del mondo ma possono dichiarare la propria sede fiscale dove meglio credono; o per quanto riguarda la sempre più spinosa questione dei diritti di copyright...). Il tutto, pubblicamente, in nome della salvaguardia dell'"Internet libero e aperto".
La soluzione che l'Onu sta portando avanti, e che andrà a proporre il 3 dicembre, è netta: portare il web sotto il controllo appunto della ITU, ovvero delle Nazioni Unite stesse. Apriti cielo.
A non gradire questa scelta non sono solo Google e soci, ma la centralizzazione delle regole sul web in capo al Palazzo di Vetro non piace neanche all'Unione Europea, che su questo fronte sta combattendo da mesi, nel silenzio della diplomazia, una dura battaglia. Il motivo, in questo caso, è politico. Dare mandato all'Onu di decidere sulle sorti del web vuol dire far crescere in maniera determinante il peso decisionale di paesi come Cina e Russia che alle Nazioni Unite hanno diritto di veto, ma che sul fronte della libertà online sono da sempre sul libro nero. Come possono dettar legge su uno strumento massimamente democratico di comunicazione e partecipazione come Internet Paesi dove vige ancora una stretta censura?
Riflessioni e rivendicazioni che il Parlamento Europeo ha ritenuto necessario cristallizzare in una
risoluzione molto netta, che rappresenterà al consesso di Dubai un macigno difficilmente ignorabile. Dice la risoluzione:
"Il Parlamento europeo ritiene che, come conseguenza di alcune delle proposte presentate, la stessa ITU potrebbe assumere un potere dominante sugli aspetti di Internet, ponendo fine all’attuale modello bottom-up multistakeholder; esprime la preoccupazione che, se adottate, tali proposte possono compromettere seriamente lo sviluppo e l’accesso, i servizi online per gli utenti finali, così come l’economia digitale nel suo complesso e ritiene che la governance di Internet e delle relative questioni di regolamentazione dovrebbero continuare ad essere definite a livello multistakeholder".
Una presa di posizione che sembra quasi sposare, pur partendo da presupposti e mirando a fini completamente diversi, la petizione di Google, con cui peraltro la stessa Ue è in contenzioso da anni per la questione mai risolta del copyright. Ma, come dice il saggio, "il nemico del mio nemico è il mio miglior amico". E per far fronte comune contro l'Onu, vale la pena di mettere da parte per un attimo ruggini e rivalità.
Diplomaticissima, e tesa a stemperare l'agitazione della vigilia, l'unica dichiarazione in merito rilasciata dal segretario generale dell’ITU, Hamadoun Touré: «Non prenderemo nessuna decisione a maggioranza, perché significherebbe avere vincitori e vinti e non ce lo possiamo permettere. Qualsiasi cosa che anche un solo Paese non accetterà non passerà». Vedremo come andrà a finire...