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27 Dicembre 2024 / 11:12
Cosa c'è oltre la nuvola

 
Fintech

Cosa c’è oltre la NUVOLA

di Ruggero Vota - 19 Dicembre 2011
Il 2012 sarà decisivo per il cloud computing. Sarà così anche per le banche italiane?
Dopo due anni in cui il nuovo paradigma di fruizione delle risorse IT è stato proposto al mondo dei sistemi informativi, nei prossimi mesi si capirà se questo nuovo modello riuscirà a prendere piede realmente determinando quindi il disegno futuro delle architetture aziendali. Molte ricerche, fatte a livello sia europeo sia italiano, stanno evidenziando che proprio dal 2012 quasi due aziende su tre inizieranno a sperimentare concretamente il modello cloud negli specifici ambiti di adozione del software as a service, del platform as a service e dell’infrastructure as a service. Per quanto riguarda il modello architetturale, l’interesse maggiore si indirizza principalmente verso le cloud ibride, ovvero quelle dove coesistono risorse IT dell’azienda insieme a quelle dei fornitori esterni, seguono le cloud private e solo una esigua minoranza si sta orientando verso la cloud pubblica. Emerge poi un quarto modello inaspettato dai teorici del cloud computing: la community cloud che registra un’attenzione più alta rispetto alla public cloud. Secondo Gartner, ad assorbire la parte maggiore della spesa IT nel 2012, che complessivamente la società di ricerche vede in crescita del 3,9%, saranno proprio gli investimenti nei sistemi cloud: “Se nel 2010 le aziende investivano solo il 3% del loro budget IT nei sistemi cloud ha dichiarato Peter Sondergaard, senior vice president di Gartner questo impegno raggiungerà il 19% entro il 2015”. In breve questa è la fotografia che emerge sul grado di interesse verso il cloud computing in Europa e in Italia, e la prima considerazione non può non cogliere il fatto che la percezione del tema nel nostro Paese è praticamente allineata a quella del resto delle imprese che operano negli altri Paesi del Vecchio Continente.

Cosa succede nelle banche

Nel mondo delle banche italiane il tema cloud computing è oggetto di studio: da un lato le potenzialità di un modello che promette una razionalizzazione ulteriore dei costi genera sicuramente interesse, dall’altro, emergono criticità su tematiche che risultano particolarmente sensibili per gli istituti del nostro Paese, come: sicurezza, privacy, compliance e rischi legati alla difficoltà di adozione in infrastrutture IT particolarmente grandi e complesse (cfr. anche articolo di p. 21). Secondo Nextvalue, società di ricerca italiana che ha pubblicato il Cloud Computing Report 2011 evidenziando l’atteggiamento verso questo tema dei principali mercati verticali, esiste anche un altro aspetto critico da non sottovalutare: i servizi messi a disposizione dei fornitori non appaiono ancora così concorrenziali e disponibili rispetto a quelli prodotti dagli ambienti interni o dalle società di servizi IT dei gruppi bancari. Ciò non toglie comunque che il cloud computing sia nei “radar” di molte aziende di credito. Infatti, sempre secondo la ricerca, a suscitare interesse è la connotazione del cloud computing come strumento per erogare i servizi di commodity. Qualcosa si è visto per sempio sul fronte delle infrastrutture, o meglio dell’infrastructure- as-a-service secondo la terminonlogia del cloud computing, con esempi di adozione che supportano l’attivazione, in tempi rapidi e su richiesta, di macchine virtuali specifiche per rispondere a improvvise necessità di potenza di calcolo. La risorsa è il più delle volte erogata da una versione primitiva di cloud privata, che risulta molto utile per affrontare tutte quelle situazioni di carico dei sistemi non predeterminabili. Si tratta di una interpretazione del modello di cloud che potenzialmente può avere uno sviluppo più ampio e in cui le attività e le funzioni IT sono comunque fornite con la logica “a servizio” attraverso l’intranet aziendale e dentro il perimetro protetto dai firewall. I vantaggi che più attraggono di questo primo passo verso il cloud sono: la virtualizzazione estesa, la scalabilità e il provisioning automatico di risorse, l’addebito dei costi alle relative linee di business.

Una possibile evoluzione

Con il maturare del modello della cloud privata e di regole di governance ben definite troveranno sviluppo nel settore bancario anche le cloud ibride e quelle pubbliche, soprattutto in quelle realtà dove si intende incidere sui pesanti costi di ownership delle tecnologie. In quanto tempo quest’evoluzione progredirà è presto per dirlo, certamente tale aspetto è influenzato dalla disponibilità delle proposte dei fornitori che non dovranno essere solo attrezzati e risultare affidabili sotto il profilo dei managed services, ma dovranno dimostrare di essere in possesso di un’approfondita e puntuale conoscenza del mercato. Le aree applicative che verranno man mano coinvolte riguarderanno l’archiviazione dei dati, l’extended business intelligence e gli analytics, i sistemi di sviluppo e testing delle applicazioni e gli eventuali sistemi di collaborazione a supporto della rete periferica, filiali e promotori. Secondo Nextvalue, al riparo dal cloud computing rimarranno ancora per lungo tempo le applicazioni core e mission critical. Già oggi però, la maggioranza dei Cio delle banche italiane intervistati da Nextvalue per la realizzazione della ricerca nutre seri dubbi sulle capacità infrastrutturali dei data center attuali e degli strumenti analitici oggi utilizzati a supportare le crescite esponenziali dei dati da elaborare nei prossimi due/tre anni. Paradossalmente dunque, conclude la ricerca, potrebbe essere proprio le nuove necessità di rapidità nella gestione del rischio a orientare gli istituti italiani verso l’adozione dei nuovi servizi in cloud.

I quattro mondi del Cloud Computing

1. Software as a Service (SaaS)
Il software viene erogato a distanza spesso in modalità web. In questo caso il cloud viene utilizzato per esternalizzare pacchetti come, ad esempio, il CRM, l’ERP, la gestione delle risorse umane o applicazioni di collaboration.
2. Platform as a Service (PaaS)
Gli utenti possono usare e controllare un application framework erogato a distanza (esempi di piattaforma software possono essere: middleware, tool di sviluppo, ecc.).
3. Infrastructure as a Service (IaaS)
In questo caso sono le risorse hardware ad essere erogate da remoto da un cloud provider su richiesta o domanda al momento in cui un cliente ne ha bisogno (server, networking, storage, ecc.).
4. Business Process as a Service (BPaaS)
Rappresenta il livello più completo di esternalizzazione del supporto IT conseguibile attraverso l’utilizzo di risorse sul cloud, con esempi di adozione nel campo del procurement o del BPM.
Gli articoli dell'inchiesta sul CLOUD COMPUTING
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