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21 Dicembre 2024 / 11:54
ESG: la parola d’ordine del 2023 è integrazione

 
ESG

ESG: la parola d’ordine del 2023 è integrazione

di Mattia Schieppati - 22 Febbraio 2023
Per la transizione a una economia governata dai criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance, il 2023 è l’anno della sfida più complessa: far entrare le buone pratiche nei processi aziendali e nelle dinamiche delle relazioni all’interno delle industry e tra diversi settori economici. Una lettura di questo percorso attraverso le voci dei protagonisti del mercato e della consulenza, in vista dell’evento ESG in Banking del prossimo 4 e 5 maggio
 
Quali sono le parole chiave, ma soprattutto le dinamiche concrete e operative, che nel corso di quest’anno vedranno maggiormente impegnate banche, finanza e imprese nel percorso di allineamento a criteri di sostenibilità sempre più presenti e condizionanti anche a livello legislativo? E quali sono le sfide più complesse che le imprese devono mettere in agenda per trasformare questo processo, rispetto al quale spesso si trovano a rincorrere, in un’opportunità di crescita? Sono le domande che Bancaforte ha rivolto ad alcuni dei principali protagonisti del mondo dell’impresa e della consulenza, per cominciare a disegnare una sorta di “Vocabolario della transizione sostenibile” in vista della prossima edizione di ESG in Banking (4 e 5 maggio, vedi qui).
Ecco alcuni spunti di pensiero per riflettere su un percorso che chiama tutti a mettere in campo le migliori idee e risorse.
 

Anna Kunkl, Senior Partner di Be Shaping the future, società del Gruppo Engineering

«I segnali che arrivano dalle banche sono ancora di forte incertezza, se non di disorientamento rispetto a una normativa che sembra di gran lunga superare le altre non solo per gli impatti, ma anche per la pervasività a tutti i livelli. Le sfide del 2023 vanno dall’urgenza (accelerata dai disastri ambientali) di incorporare i rischi ESG nel fare credito alle imprese, all’informativa societaria e sui prodotti finanziari propri e di terzi, fino alla necessità di ripensare la governance e le politiche di remunerazione dei propri dipendenti. Tuttavia, molti requisiti sono tuttora in via definizione, i prezzi di mercato non scontano ancora i rischi climatici e i dati a disposizione delle banche sono spesso frammentari, se non discordanti: si pensi ad esempio ai cosiddetti rating ESG».

Carlo Luison, Partner BDO

«La Commissione Europea sta tenendo fede agli ambiziosi obiettivi del Green Deal, nonostante le crisi in corso e anzi con una maggiore intensità proprio di fronte all’aggravarsi di certe crisi. Non solo quella climatica ma anche le pesanti ripercussioni economiche e sociali di guerre e tensioni geo-politiche portano una profonda riflessione al sistema capitalistico che, lentamente ma inesorabilmente, si sta trasformando. Noi professionisti siamo in prima linea per aiutare le imprese del mondo finanziario e industriale in questa transizione epocale che è entrata nel pieno della sua fase normativa ed è pertanto caratterizzata da scadenze regolamentari e investimenti organizzativi. In particolare, il 2003 sarà caratterizzato, tre le tante, da 4 importanti sfide: l’applicazione dei PAI (Principal Adverse Impact) quantitativi da parte degli operatori dei mercati finanziari; la conferma dei nuovi ESRS (European Sustainability Reporting Standard) e il conseguente inizio di una nuova era dell’accounting; l’applicazione del Regolamento Tassonomia secondo i criteri di allineamento; il ruolo educativo delle Autorità di Vigilanza che possono stimolare gli organi di governo e controllo nella comprensione di questa trasformazione».

Simone Capecchi, Executive Director di CRIF

«Da nostre ricerche, più della metà delle imprese italiane si dichiarano pronte a impegnarsi nel fattore ambientale. D’altro canto, ben 1 su 3 è esposta a potenziali perdite economiche a causa di fenomeni naturali. Oggi la sfida per qualsiasi iniziativa verso un'economia circolare e rigenerativa è quella di estendersi dalla singola azienda ai processi produttivi e all’intera filiera economica. A fronte di una crescente consapevolezza, in Italia il 60% delle aziende presenta tuttora un’adeguatezza ESG medio-bassa e ha spazi di investimento in sostenibilità. I player finanziari giocano un ruolo chiave in questo percorso e stanno ampliando l’offerta di servizi/prodotti green. Per farlo, la capacità di “intelligence” è fondamentale anche perché sapere quanto un’azienda è o meno ESG compliant significa sapere quanto è rischiosa dal punto di vista creditizio. Indicatori forward looking, score e rating ESG, insieme a piattaforme digitali e advisory, costituiscono il mix di strumenti che abilitano una reale transizione ecologica».

Alessandra Ceriani, Central Mediterranean FSI Consulting Leader, Deloitte Consulting

«Secondo il Deloitte 2023 CxO Sustainability Report la sfida più grande che le aziende dovranno affrontare sarà la difficoltà di misurare l’effettivo impatto delle iniziative ESG. Inoltre, i costi legati allo sviluppo sostenibile e la complessità di individuare opportunità finanziarie a lungo termine e ottenere un ritorno significativo per gli investitori possono rallentare le strategie legate ai criteri ESG. Tuttavia, sono convinta che le aziende possano superare questi ostacoli integrando gli obiettivi di sostenibilità all’interno della propria strategia di crescita. Questo può portare alle aziende un vero ritorno sull’investimento considerando che, secondo stime Deloitte, l’accelerazione di iniziative sostenibili porterà 730 miliardi di euro in più all’economia europea entro il 2050».

Rossella Zunino, Financial Services Sustainability Leader di EY

«Integrare la sostenibilità nei processi di business è la sfida principale del 2023 per le aziende. Nei prossimi anni, infatti, scatteranno obblighi di comunicazione molto dettagliati e stringenti sugli aspetti ambientali, sociali e di governance, come quelli previsti dalla Direttiva europea CSRD. È la trasparenza lo strumento scelto ancora una volta dal Legislatore europeo per spingere le aziende ad agire. È quindi urgente per le imprese, in particolare le PMI, ancora molto lontane su questi temi dalle grandi aziende e dalle multinazionali, definire una strategia chiara di transizione verso modelli di business più sostenibili nel lungo termine, individuando i propri obiettivi di sostenibilità, stabilendo quali azioni intraprendere per realizzarli e organizzandosi per monitorare e misurare i risultati. Tutto questo rappresenta una sfida significativa, perché richiede di adeguare e integrare le competenze interne, investire su strumenti digitali che abilitano le diverse fasi del percorso di transizione, riorganizzare i processi. D’altro canto, la sostenibilità ha un impatto diretto sullo sviluppo del business in termini di rischi, ma anche di concrete opportunità, di cui oggi non tutte le PMI hanno piena consapevolezza, seppur stimolate dalle grandi aziende e dal mercato. Da questo punto di vista, gli operatori finanziari stanno svolgendo un ruolo importante nell’orientare le strategie e la condotta delle aziende di tutti i settori, ad esempio, adottando politiche di credito, di finanziamento e di investimento integrate con analisi ESG e strategie di impact investing».

Lorenzo Macchi è Partner KPMG, Head of Financial Services

«L’utilizzo di “dati ESG” (emissioni, classe energetica degli immobili, eventi climatici avversi, ecc.) rappresenta una delle principali sfide per il percorso di adeguamento delle banche alle richieste delle Autorità di Vigilanza nella gestione dei rischi climatici e ambientali, per le complessità intrinseche legate alla disponibilità delle informazioni, alla loro adeguatezza e qualità, oltre che alla loro effettiva correlazione con impatti negativi di natura finanziaria. In aggiunta, gli ambiti di pubblicazione di tali informazioni da parte delle banche si stanno modificando, affiancando a quelli più tradizionali (Disclosure Non Finanziaria, Piani industriali, ecc.) nuove aree di reporting con rilevanza regolamentare (requisiti ESG in ambito Pillar 3), aprendo così nuove sfide di riconciliazione delle informazioni tra le diverse aree di disclosure e di “auditabilità” e “tracking” dei dati e dei relativi processi sottostanti».

Lea Zicchino, Senior Partner Prometeia

«Oggi molte aziende – tipicamente le più grandi – hanno in corso programmi significativi sulla sostenibilità.  La sfida principale in questo caso è rappresentata da “come” si sviluppa questo impegno, e quanto questi sforzi vengano orientati verso nuove opportunità di business. Nel futuro prossimo le sfide maggiori ruotano attorno al mondo delle PMI, chiamate ad accrescere il proprio know-how in ambito ESG e a sviluppare politiche orientate ai criteri di sostenibilità in modo volontario, senza attendere l’arrivo di obblighi normativi. Sul versante bancario, occorrerà invece rafforzare il dialogo con le PMI, anche tramite associazioni di categoria, per ridurre il data gap e migliorare la capacità di raccogliere le informazioni. In un’ottica di più lungo termine, la grande sfida sarà infine allargare il perimetro dei fattori ESG integrati nei processi aziendali, oggi ancora troppo incentrati su aspetti puramente climatici. Quindi: 1) Considerare la componente “E” nella sua interezza, ampliandola agli impatti legati alla perdita di biodiversità e allo sfruttamento delle risorse naturali; 2) spingere di più sui fattori sociali, ancora troppo confinati alle iniziative delle aziende che già nascono con questa vocazione, e ancora poco sviluppati, anche per mancanza di una tassonomia europea che definisca e classifichi in modo uniforme queste attività».
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