ESG: l’importanza di misurare la performance
di Lorenzo Macchi*
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7 Dicembre 2021
È fondamentale per le banche monitorare ed indirizzare il raggiungimento degli obiettivi strategici di sostenibilità e dei KPI di piano definendo criteri di misurazione e integrando gli strumenti di pianificazione e controllo di gestione. L'analisi di KPMG in vista dell'evento
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La gestione dei rischi Ambientali, Sociali e di Governance (ESG) è divenuta - soprattutto nel corso dell’ultimo biennio - un elemento cruciale nella gestione delle strategie di business ed un fattore chiave di trasformazione per gli operatori del settore finanziario.
Per il settore finanziario, infatti, il tema ESG non rappresenta soltanto un tema etico/reputazionale e di sostenibilità ma è un driver strategico che guiderà le scelte dei singoli player nei prossimi anni in termini di posizionamento competitivo e di ricerca dell’equilibrio rischio/rendimento.
Questa accelerazione è stata principalmente guidata da una volontà di natura politica che – in particolare nell’ambito dell’Unione Europea – ha portato ad attribuire al settore finanziario un ruolo di trasmissione della “sensibilità ESG” verso i settori produttivi, incentivando il riorientamento dei flussi finanziari (sotto forma di crediti ed investimenti concessi dalle banche) verso controparti/transazioni “sostenibili”, promuovendone la trasparenza, al fine di realizzare una crescita equilibrata ed inclusiva (cd. “Finanza Sostenibile”).
Al fine di indirizzare tale obiettivo, infatti, la Commissione Europea ha pubblicato nel mese di marzo 2018 il “Piano d'azione per finanziare la crescita sostenibile” volto a irrobustire il contributo del settore finanziario nei confronti del programma dell'Unione Europea e, contestualmente, a definire una tassonomia omogenea a livello UE delle attività sostenibili.
In tale contesto, le banche hanno avviato l’integrazione dei fattori ESG nell’ambito dei propri obiettivi strategici e dei propri piani industriali, sia per fornire una risposta concreta ai propri stakeholder (investitori, società di rating, azionisti e la comunità finanziaria nel suo complesso), sia per soddisfare le richieste della clientela, sempre più sensibile al posizionamento degli operatori finanziari rispetto all’offerta di prodotti ESG (in particolare “Green”).
In considerazione di quanto sopra, si rende necessario per le banche monitorare ed indirizzare il raggiungimento di tali obiettivi strategici e dei KPI di piano attraverso la misurazione della “performance ESG”, integrando gli strumenti di pianificazione e controllo di gestione.
Tale sfida prevede per le banche tre principali ambiti di intervento:
- Identificazione delle posizioni “Green” (o ESG): a tal fine è necessario confrontarsi con una normativa ancora in corso di completamento (atti delegati Tassonomia UE pubblicati solo con riferimento alle tematiche ambientali), articolata e basata su informazioni attualmente non sempre disponibili nel patrimonio informativo delle banche e con criteri di classificazione non sempre coerenti tra loro, utilizzati per finalità interne (ad es. catalogo prodotti “Green”) rispetto ad esigenze “esterne” (ad es. “Missioni green” del PNRR);
- Integrazione di nuovi indicatori quali, ad esempio il “GAR” (“Green Asset Ratio”, finalizzato a fornire la proporzione di esposizioni creditizie allineate alla Tassonomia UE rispetto al totale delle attività della banca), sia nell’accezione di esposizioni “eligible” che “aligned”, con l’obiettivo di rendicontarli rispetto alle dimensioni di analisi interne (coerenti con gli obiettivi assegnati alle Divisioni di business, alla Rete commerciale, etc.) e di raccordarli con altre metriche per poter identificare e monitorare i “driver” che ne influenzano l’andamento;
- Aggiornamento dei modelli gestionali di rendicontazione, quali per esempio quello dei tassi interni di trasferimento (“TIT”), per differenziare il costo del “funding” riconoscendo un diverso livello di rischio alle esposizioni “Green”, applicando uno sconto sui prezzi interni dei prodotti ESG che sono finanziati con l’emissione di passività di analoga qualifica.
Tale evoluzione, oltre a consentire il monitoraggio ed il presidio della “performance ESG”, abilita le banche nella ricerca di vantaggi competitivi e fonti di ricavo aggiuntive, anche attraverso la differenziazione delle condizioni applicate (prezzi e rendimenti), giustificando e gestendo in modo “consapevole” tale differenziazione di condizioni e rendicontando, internamente al “top management” ed esternamente agli “stakeholder”, il valore generato dal “nuovo” business legato ai temi di sostenibilità.
*Lorenzo Macchi è Partner, Financial Risk Management, di KPMG Advisory S.p.A.